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Pensioni, il governo agisca per evitare lo scalone da Quota 100. Scrive Mantovani (Cida)

Il cantiere sulle pensioni voluto dalla ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, sembra partito con il piede giusto. Sia per aver adottato il metodo del confronto preventivo con le parti sociali, sia per aver deciso di dividere una materia così complessa in due step: un primo tavolo sul breve termine, con la disamina dei provvedimenti urgenti da inserire nella prossima legge di bilancio; un secondo tavolo di medio-lungo periodo per una revisione più strutturale e articolata della previdenza.

Per quanto riguarda il metodo, va comunque ribadito che quando si affrontano i temi della previdenza, il confronto con il governo deve garantire il massimo coinvolgimento delle parti sociali, senza tavoli separati sulla base di un presunto criterio di rappresentatività, né soluzioni calate dall’alto, visto che è in gioco il futuro stesso dei lavoratori.

Entrando nel merito dei problemi esaminati nel corso del confronto con la ministra, concentrato sugli interventi più immediati, molti sono stati gli spunti positivi: dall’estensione di Opzione Donna e Ape Sociale, alla possibilità di valutare il recupero di Ape Volontaria e Aziendale; dalla volontà di ricercare modelli praticabili ed efficienti di staffetta generazionale, all’allargamento del contratto di espansione. Come sindacato dei manager e delle alte professionalità, abbiamo insistito sul tema della previdenza complementare, anche in funzione di ammortizzatore sociale. E abbiamo chiesto di sterilizzare le conseguenze del calo del Pil indotto dal Covid 19, sui futuri assegni pensionistici.

Riteniamo anche urgente – pur se il problema concreto si manifesterà a fine 2021 – definire meccanismi che risolvano la questione dello scalone determinato dalla fine di quota 100, foriero di ulteriori squilibri e diseguaglianze in un sistema previdenziale già martoriato da trattamenti differenziati, esodati e incertezza sull’età del pensionamento.

Occorre poi lavorare ad una revisione del sistema previdenziale sostenibile nel lungo periodo, dando maggior spazio alla previdenza complementare e separando, finalmente, assistenza e previdenza. La previdenza complementare, infatti, può essere vista come uno strumento di flessibilità in uscita, diventando una risorsa per quelle figure professionali (come i dirigenti) sempre più caratterizzate da carriere discontinue e consentendo di colmare eventuali periodi di vuoti contributivi o di contribuzione figurativa. Ecco perché sarebbe utile alzare il limite della deducibilità fiscale degli investimenti in previdenza complementare, da anni fermo ad un ‘tetto’ di poco superiore ai 5mila euro.

Altra questione non più rinviabile, è quella della separazione fra assistenza e previdenza. Abbiamo più volte sostenuto, con l’avallo di studi economici terzi e recentemente confortati dall’opinione del presidente dell’Inps, la sostenibilità della spesa pensionistica una volta depurata della componente assistenziale, che non può non ricadere nella fiscalità generale. Ben venga quindi l’istituzione di una commissione ministeriale che affronti il problema: la creazione di una ‘Anagrafe delle prestazioni assistenziali’ che abbiamo proposto alla Ministra Catalfo potrebbe accelerare i tempi.

Una maggior flessibilità in uscita, comunque, rimane una misura necessaria senza dimenticare che alcuni strumenti già esistono, ma vanno migliorati e resi più efficienti con l’obiettivo di consentire una flessibilità stabile, razionale e sostenibile. Se, come sembra, si stanno studiando meccanismi di flessibilità in uscita con penalizzazione dell’importo pensionistico, occorre reintrodurre, di contro, la possibilità di cumulare redditi da pensione e da lavoro. Il mantenimento del divieto di cumulo per le pensioni contributive costituirebbe in un simile contesto una penalizzazione iniqua e ingiusta.

Da parte nostra stiamo elaborando una proposta concreta per superare quota 100, che ha prodotto non pochi effetti distorsivi sul mercato del lavoro, determinando carenze di personale nella pubblica amministrazione, scuola e sanità, senza garantire i livelli di nuove assunzioni che erano state immaginate. Una proposta per contemperare età anagrafica e anzianità contributiva che introduca maggiori livelli di flessibilità in uscita, senza penalizzare eccessivamente il reddito da pensione e senza determinare squilibri nel mercato del lavoro.



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