“L’articolo di Mike Pompeo su First Things? Un’intimidazione che va capita bene”. Il professor Massimo Faggioli, docente di Teologia e storia del cristianesimo all’Università di Philadelphia, è molto accurato e chiaro nelle sue risposte alle domande su cosa significhi e possa comportare l’articolo pubblicato dal Segretario di Stato degli Stati Uniti, e da lui rilanciato con una serie di tweet dal suo sito ufficiale, sui rapporti tra Santa Sede e Cina. In gioco, val la pena di ricordarlo, c’è un accordo provvisorio relativo esclusivamente ai criteri di nomina dei vescovi cattolici cinesi nella Cina Popolare. Accordo che la Santa Sede ha firmato due anni fa, dopo averlo cercato proprio nei termini oggi vigenti sin dai tempi di Benedetto XVI (come ha documentato il decano del collegio cardinalizio, cardinal Re) e che oggi tra mille difficoltà tenta di dare al cattolicesimo cinese una fedeltà nazionale, come accade in ogni Paese, e una fedeltà religiosa al papa. Cammino stretto per la Chiesa, che non ha relazioni diplomatiche con Pechino, e cammino stretto per Pechino, dove da tempi antichi l’imperatore, oggi segretario di partito, è considerato o definito “figlio del cielo”.
Sinizzazione vuol dire questo, che tutto è cinese se fedele al figlio del cielo. La strada stretta imboccata con l’accordo provvisorio è dunque la sola che può aprire le porte al pluralismo. Impresa epocale e che in questi tempi di pandemia è diventata ancor più in salita per il contesto globale. Ma cosa significherebbe rinunciare? Per molti significherebbe riconoscere che il cristianesimo può essere solo occidentale e quindi anti-cinese, con tutto quel che ne consegue per i cattolici cinesi.
È un po’ quel che il professor Massimo Faggioli scorge alla fine, più che del detto, del luogo dove l’intimidazione di Pompeo è stata scritta. Il capo delle feluche americane ha infatti auspicato che la Santa Sede ponga termine all’accordo provvisorio con Pechino sostenendo la “libertà”, pena il rischio di perdere la propria autorità morale. Ovvio il riferimento ad Hong Kong e a quanto di terribile vi accade. “C’è il problema antico della pregiudiziale patriottica all’interno del cattolicesimo Usa: un leader clericale o anche laico della Chiesa cattolica americana è da sempre riluttante a criticare la politica estera del proprio Paese. Ma c’è anche una questione recente. First Things è una rivista con un passato autorevole, ma anche molto cambiata. È stata ai tempi di George W. Bush uno dei luoghi culturali del neo conservatorismo, con la sua visione globale di pace e libertà un po’ illuminista e un po’ militarista, a seconda dei casi o dei contesti. Ma la visione dei neo conservatori era quella e coinvolgeva tutto il mondo, con accenni all’approccio dell’esportazione della democrazia.
Oggi però First Things è cambiata. Ha rinunciato molto al suo tratto interculturale, ha qualche volta anche qualche pericolosa increspatura antiebraici, ma soprattutto è diventata ‘cristianista’. Il suo orizzonte non è più quello di allora, ma è un orizzonte neo-tradizionalista e illiberale, quindi diverso da quello originario. In questa visione la coincidenza tra Occidente e cristianesimo è piena, direi totale. Quindi è un qualcosa che noi possiamo capire pensando a Mosca e al rapporto che al Cremlino vedono tra loro e il patriarcato di Mosca, dove siede il patriarca di tutte le Russie. Tenere a mente questo aiuta bene a capire perché la ritenga un’intimidazione”.
Ma esattamente cosa è intimidatorio? “Il dire che se la Santa Sede non pone termine a un accordo provvisorio con un altro Stato allora non le verrà più riconosciuta autorità morale. Questo per me è intimidatorio, visto che scrive il capo del Dipartimento di Stato, il diplomatico numero 1 del Paese. Tra poco Pompeo sarà a Roma, con ogni probabilità anche in Vaticano. Non penso immagini che il Vaticano faccia quel che lui gli chiede di fare, sappiamo tutti che siamo in una campagna elettorale tesissima, ma i toni sono importanti. Non capisco come si possa definire altrimenti un intervento del genere apparso su First Things. Chi scrive è Segretario di Stato degli Stati Uniti, se avesse voluto Mike Pompeo lo avrebbe potuto inviare ad altre pubblicazioni molto più autorevoli, da Foreign Affaires a Foreign Policy. Dunque la questione dei cattolici cinesi, della loro libertà, non c’entra, perché è la stessa o simile a quella dei cattolici indiani o mediorientali o di tanti altri. Qui la questione è il rapporto con la Santa Sede”.
Perché così poche reazioni? “Da Roma arriveranno reazioni col tempo. Da qui direi che l’America oggi ha la testa altrove. Comprensibilmente si guarda al fronte interno, alla pandemia, alle questioni etniche, sociali, agli immigrati, alla sicurezza, all’economia, a molto altro. Lo sguardo globale è questione che oggi riguarda pochi, anche nella chiesa cattolica Usa”.