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Prigozhin, perché gli Usa affondano lo “chef” di Putin

Gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni a una rete che fa riferimento a Yevgeniy Prigozhin, l’uomo a capo del Wagner Group, considerato una forza proxy a cui il ministero della Difesa russa affida spesso il lavoro sporco e a capo della Internet Research Agency (IRA), la cosiddetta fabbrica dei troll di San Pietroburgo al centro di ampie operazioni di influenza sugli elettori americani. Non è la prima volta che il cosiddetto “chef di Vladimir Putin” (ufficialmente gestisce il catering del Cremlino) finisce nel mirino degli Stati Uniti: il 15 luglio Washington aveva imposto sanzioni sulla rete globale che aiuta alcuni finanziatori russi a evadere le sanzioni.

Un mese fa aveva detto la sua anche sul caso dell’oppositore russo Alexei Navalny, vittima di avvelenamento da Novichok: “Se il compagno Navalny tira le cuoia”, aveva dichiarato, “allora personalmente non intendo seguirlo in questo mondo. Rimanderò per un periodo indefinito, e allora mi ricompenserò a mio piacere. Se invece Navalny sopravvive, dovrà rispondere con la massima severità alla legge russa. Per quanto riguarda il Fondo anti-corruzione e Liubov Sobol, i miei legali cominceranno sin da oggi a lavorare perché paghino il debito ai sensi della legge russa. Spero ricordiate che, secondo i nuovi emendamenti della Costituzione, la legge russa ha priorità su quella internazionale. Voglio strappare a questo gruppo di persone senza scrupoli vestiti e scarpe”.

Nel mirino dell’amministrazione Trump, come si legge nella nota del Tesoro, sono finiti sette entità e otto individui che lavorano per conto di Prigozhin con l’obiettivo di promuovere l’influenza della Russia nella Repubblica Centrafricana. “Gli Stati Uniti stanno anche prendendo di mira gli attori coinvolti nel supportare le attività del Servizio di sicurezza federale, noto anche come FSB, per sostenere i tentativi di persone precedentemente designate di eludere le sanzioni statunitensi”, si legge nel comunicato del dipartimento di Stato.

LE RIVELAZIONI DI BELLINGCAT

Poco più di un mese fa il team di giornalisti investigativi di Bellingcat aveva rivelato, tramite interviste con uomini che lavorano per Prigozhin e un leak di email, che la disinformazione, l’interferenza politica e le operazioni militari dell’uomo soprannominato lo “chef di Vladimir Putin” sono “estremamente integrate con il ministero della Difesa russo e il suo braccio di intelligence, il Gru”.

Ma non solo. Come raccontato da Formiche.net, Bellingcat aveva identificato una figura di collegamento tra le operazioni di influenza di Prigozhin in Africa e il ministero della Difesa russo. L’uomo, noto soltanto come “Il colonnello”, “Konstantin” o ancora “Mazay”, potrebbe essere Konstantin Aleksandrovich Pikalov, ex agente dei servizi segreti russi. “Ha avuto il comando generale delle operazioni paramilitari russe in Africa, anche nel momento in cui tre giornalisti russi che indagavano sulle operazioni di Prigozhin nella Repubblica Centrafricana furono assassinati”, si legge nelle rivelazioni di Bellingcat. Pedinati, invece, alcuni giornalisti occidentali. “Questa persona chiave sembra non essere nel radar dei servizi segreti occidentali o delle forze dell’ordine”, nota il team, anche grazie ai visti Schengen.

Konstantin Pikalov, continuava Bellingcat, è sulla lista nera per riciclaggio di denaro in Russia, potrebbe avere un ruolo chiave nelle operazioni russe di interferenza in Africa e nei Balcani ed essere coinvolto nell’omicidio di giornalisti indipendenti russi, oltre che in torture su civili in Africa. Ma nonostante questo, denunciavano i giornalisti, “ha potuto attraversare l’Europa senza impedimenti” grazie a visti turistici ottenuti dal consolato finlandese a San Pietroburgo. L’ultimo è valido fino al 16 marzo 2021.

PERCHÉ IN AFRICA?

Dopo le sanzioni statunitensi di luglio, Formiche.net aveva intervistato Nona Mikhelidze, esperta di Eurasia dell’Istituto affari internazionali di Roma. Che aveva così spiegato gli interessi del Cremlino in Africa.

Il presidente Vladimir Putin ha annunciato che l’Africa è una delle priorità della politica estera della Russia. Pertanto Mosca sarebbe pronta a fornire assistenza politica, di sicurezza e difesa, economica e umanitaria ai paesi del continente. Già dal 2015 la Russia ha firmato accordi di cooperazione militare con oltre 20 paesi africani. Nel 2017 la Russia aveva già accordi sulle armi con Sudan, Mali, Angola Nigeria, Burkina Faso e Guinea Equatoriale. Oltre a questi legami ufficiali, il gruppo Wagner ha lavorato anche in alcuni di questi paesi (ad esempio il Sudan, oltre che la Libia). Oltre alla cooperazione militare, la Russia si è spesa per sviluppare la cooperazione in campo economico (estrazione di risorse naturali come manganese, bauxite e cromo in Guinea, o i diamanti in Angola) e in campo energetico (produzione di gas offshore in Mozambico e la Lukoil che ha affari in Camerun, Ghana e Nigeria).

(Foto: screenshot, Prigozhin durante la visita di Khalifa Haftar al ministero della Difesa russo, novembre 2019)



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