L’indignazione – amava ripetere il mai troppo compianto Luciano Pellicani – non può essere permanente ma è tale unicamente se per eventi specifici, rari ed inconsueti. È difficile che mi “indigni”. Ma lo sono. E con me milioni di italiani all’apprendere che le famiglie dei quattro accusati per l’eccidio di Colleferro sono percettori di “reddito di cittadinanza”, nonostante i loro pargoli, ora agli arresti, sfoggiassero una costosissima suv e mostrassero nei loro “social” di vivere nel lusso, forse procurato, secondo le indagini in corso, con traffico di stupefacenti ed altri reati che i magistrati stanno appurando.
Non si tratta di sollevare un polverone sul “reddito di cittadinanza”, e su chi ne ha fatto un vessillo, alla vigilia delle elezioni. Si devono, invece, sollevare seri dubbi su come viene amministrato sia il “reddito”, sia il programma di inserimento nel mercato del lavoro per coloro che lo percepiscono.
Da un canto, può l’Inps continuare la prassi “prima erogo, poi controllo” che ha caratterizzato “il reddito di cittadinanza”? All’inchiesta penale nei confronti di chi ha usufruito del “reddito” (si parla di 30.000 euro) senza averne titolo, si deve accompagnare un’indagine contabile della Corte dei Conti, per danni erariali, nei confronti di chi ha erogato. È possibile che gli uffici Inps sul territorio non fossero al corrente dello stile di vita dei figli conviventi ed a carico dei percettori del “reddito”? E cosa facevano i “navigatori” dell’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (Anpal) che pare siano ancora in attesa della “app” proveniente dal Mississippi per iniziare il loro lavoro?
Le indagini non devono riguardare solo quelli che un tempo venivano chiamati i “pesci piccoli”, ossia i contabili che hanno erogato il reddito, ed i “navigatori” che non hanno “arruolato” nei programmi di politiche attive del lavoro i familiari che hanno “a carico” i quattro amanti del lusso ed ora agli arresti per omicidio volontario.
Devono riguardare i piani di alti di Inps e Anpal da dove è partito il metodo “prima erogo e poi controllo” ed è stato paralizzato il meccanismo di politiche attive del lavoro,
I presidenti dei due enti farebbero bene a dare le dimissioni (tanto più che sono tutti e due professori universitari di ruolo). Prima di venir sfrattati, anche a ragione delle proteste dell’”Italia indignata” di fronte agli uffici che li ospitano.