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Ricerca e innovazione, come invertire la rotta. L’idea di Bandini (Competere)

Di Giacomo Bandini

Il Recovery Fund e l’Unione Europea sono visti, nel bene e nel male, come le ancore di salvezza per un’Italia che stenta a tornare competitiva. Eppure i problemi non sono stati generati solamente negli ultimi 20 anni, dove le politiche Ue hanno condizionato anche quelle interne. Hanno radici ben più profonde e radicate nella struttura economica italiana. Tra questi una scarsa propensione ad investire nelle attività di ricerca e sviluppo (R&S) e un approccio alla scienza spesso ideologico e politicizzato. Ciò ha portato ad un’allocazione delle risorse infruttuosa, tralasciando alcuni settori fondamentali di spesa.

PERCHÉ È IMPORTANTE

L’importanza dell’innovazione e della ricerca per lo sviluppo economico e il benessere della società è ampiamente riconosciuta. È storicamente dimostrato che i Paesi che hanno puntato in questa direzione hanno consolidato la crescita e sono oggi i più avanzati. Perciò è necessario creare le condizioni affinché pubblico e privato dirottino una parte rilevante delle risorse nella ricerca.

L’Italia è divisa dalla maggior parte dei Paesi Occidentali sotto il profilo tecnologico e della R&S. La spesa complessiva non ha mai superato l’1,4% del Pil, mentre nella Germania e negli Stati Uniti nel 2018 questa percentuale è vicina al 3%.

Figura 1 – Spese in R&D in percentuale del PilCompetere 1
Fonte: rielaborazione su dati Oecd

UN PROBLEMA BIPARTISAN

Se, in generale, gli investimenti nelle attività di ricerca e sviluppo sono inferiori alle principali economie mondiali non è solamente una questione che attiene al pubblico. Anche il privato ha mostrato debolezze strutturali sul piano dell’innovazione. Sicuramente le dimensioni delle imprese e la scarsa internazionalizzazione degli ultimi decenni ha inciso profondamente anche sulla direzione degli investimenti. Non è un caso che si parli di sistemi d’innovazione. Pubblico e privato sono entrambi essenziali. E la trasmissione di informazioni e conoscenza tra le due sfere è fondamentale.

AI E INDUSTRIA 4.0 A RISCHIO?

Un sistema debole può compromettere anche l’applicazione nei singoli stati delle tecnologie emergenti a livello globale. L’Europa, in generale, e l’Italia rischiano di perdere le opportunità di sviluppo offerte dai nuovi orizzonti tecnologici come Industria 4.0 e Intelligenza Artificiale. Come una ricerca del think tank Bruegel sottolinea, la carenza di formazione e istituzioni in cui vengano sviluppate le competenze da applicare ai settori “di frontiera” può ampliare il gap con Stati Uniti e Cina.

QUALI POLICY?

Un atteggiamento poco attivo sul fronte degli investimenti nella ricerca e una cultura diffidente verso la Scienza hanno avuto ricadute negative sull’economia italiana. Il Recovery Fund e le risorse sbloccate possono essere sicuramente di grande aiuto, se incanalate correttamente e monitorate, come esposto anche nel valido #PianoAmaldi. Tuttavia non è sufficiente avere una capacità di spesa straordinaria. Il cambiamento deve avvenire in modo strutturale.

Per questo motivo è necessario:

– aumentare la percentuale sul Pil degli investimenti in R&S di circa 0,2 punti percentuali ogni anno fino al 2027. In questo modo è possibile sfruttare la finestra temporale offerta dall’ampliamento del budget europeo e dal Recovery Fund;

– favorire il più possibile l’interscambio di conoscenze e innovazione tra settore pubblico e privato attraverso partnership ad hoc. Partendo dagli investimenti nella ricerca di base (che vanno ampliati sul totale) è possibile favorire l’applicazione tecnica nella produzione di beni e servizi;

– creare una rete di competenze tecnologiche sia a livello pubblico – con investimenti nei programmi rivolti all’implementazione dell’Industria 4.0, dell’AI, del 5G ecc. – sia a livello industriale – incentivare la formazione continua sul lavoro con politiche attive, sgravi fiscali e vincoli alla ricezione dei fondi pubblici;

– portare avanti programmi di sensibilizzazione e informazione delle attività scientifiche e di ricerca, se necessario con la costituzione di un’agenzia ad hoc o attraverso istituzioni già presenti. Inoltre, è auspicabile una cooperazione con i privati per il dialogo con i territori affinché si evitino posizioni anti-scientifiche a detrimento della libertà allo sviluppo e al benessere.

Il Recovery Fund e le risorse dell’Ue non devono essere un pretesto per incrementare la spesa senza criterio. Si apre uno spiraglio fondamentale per invertire il ciclo economico. Sfruttarlo al meglio è dovere della politica e controllarla è compito dei cittadini. Fondamentale è impostare una strategia che non si concluda con la fine dei fondi comunitari, ma rimanga impressa nel sistema italiano.

(Articolo pubblicato su Competere)


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