“La natura pubblica di quei commenti era inusuale”. Knox Thames, ex diplomatico del Dipartimento di Stato, per ben cinque anni, dal 2015 al 2019, consigliere speciale per le minoranze religiose nel Vicino Oriente e nell’Asia centro-meridionale, misura con cautela le parole. Ha lasciato solo lo scorso luglio il suo ruolo a Foggy Bottom, dove con due amministrazioni, prima con Barack Obama, poi con Donald Trump, si è occupato di libertà religiosa. Non sono in tanti ad aver attraversato indenni due governi americani. Tantomeno questi due.
A Formiche.net Thames confida il suo stupore per l’aperta condanna del segretario di Stato americano Mike Pompeo del rinnovo dell’accordo fra Santa Sede e Cina. Quell’articolo su First Things, noto sito cattolico conservatore a stelle e strisce, pesa non poco sul bilaterale in corso questo mercoledì a Roma, in Vaticano, con il segretario di Stato Pietro Parolin e il segretario per i Rapporti con gli Stati Paul Gallagher. “Inusuale” è la scelta di criticare così apertamente, nero su bianco, una decisione che è confinata all’ambito pastorale, la nomina dei vescovi cinesi, e dunque nulla ha a che vedere con la diplomazia ordinaria.
Non è inusuale invece il contenuto dell’appello di Pompeo, che Thames sottoscrive in pieno. “Il costo del riavvicinamento fra il Vaticano e i milioni di fedeli cattolici in Cina ha preoccupato gli avvocati dei diritti umani sin dal momento in cui l’accordo è stato siglato”, dice. Poi aggiunge: “Gli Stati Uniti hanno avuto sempre una conversazione onesta con i loro amici”. Per questo, modalità a parte, il messaggio del Segretario di Stato non è isolato. Anzi, ha alle spalle un fronte di consenso trasversale.
A dirlo è un ex diplomatico che ha seguito il tema della persecuzione delle minoranze religiose tanto per i democratici quanto per i repubblicani. In questi anni, Thames è stato un tassello non secondario del percorso che ha portato la libertà religiosa a campeggiare in cima all’agenda diplomatica statunitense. Dagli uiguri perseguitati in Xinjiang alle minoranze in India e in Asia centrale, per Washington DC è un’urgenza bipartisan, avvisa.
“Mentre i dibattiti sulla libertà religiosa domestica sono spesso di parte, la difesa della libertà religiosa internazionale è sempre stata bipartisan e non politicizzata – spiega – difendere il diritto delle persone di credere o non credere secondo coscienza è una parte unica della diplomazia americana stabilita dalla legge, che riflette la nostra storia e i nostri valori”. A scanso di equivoci per chi pensa che con Joe Biden alla Casa Bianca il pressing sui diritti umani in Cina venga meno, Thames chiarisce: “Se c’è un cambio di amministrazione, il lavoro continua”.
Quanto al rinnovo dell’accordo fra Cina e Santa Sede, è “difficile fare un bilancio” dei primi due anni. “La Cina è un Paese chiuso che diventa sempre più autoritario. Ma ormai sappiamo tutti che c’è una persecuzione incredibile dei musulmani uiguri, dei buddisti tibetani, e dei cristiani indipendenti”.
Nessuna rottura dei rapporti fra Casa Bianca e Palazzo apostolico, assicura Thames mentre Pompeo è a Roma. “Quando ero al Dipartimento di Stato, ho lavorato a stretto contatto con la Santa Sede su un ventaglio di problemi di libertà religiosa, incluso come preservare la cristianità in Medio Oriente o come proteggere le minoranze religiose nel mondo. La voce del Vaticano è potente e arriva lontano”.
Una collaborazione che può trovare nell’Italia un prezioso alleato per “difendere la libertà religiosa e preservare il patrimonio culturale delle minoranze”. Certo, quando di mezzo c’è l’Italia non sempre fila tutto liscio. “I cambi di governo hanno limitato quel che poteva essere fatto”, sospira l’ex diplomatico. “Ma ci saranno altre opportunità”.