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Usa-Turchia, Pompeo ad Atene e il nodo da sciogliere di Incirlik

Nell’aprile 2018 all’aeroporto Venizelos di Atene si materializzò un’immagine: un cargo americano C-5M Super Galaxy che caricava sistemi d’arma da 40 tonnellate (il terzo in una settimana dello stesso volume). Un’icona che disse molto più di comunicati e dichiarazioni quanto alla mutazione in atto dell’approccio al quadrante del Mediterraneo orientale, dove Washington punta a ridurre la presenza militare in Turchia per preferire altri siti (come Cipro e Creta), dove non c’è il rischio di impasse per il doppio ruolo di Ankara, membro della Nato e principale aggressore di Paesi Nato (Grecia e Cipro).

QUI TURCHIA

La Turchia non ha più il peso speciale che aveva una volta per la politica Usa. Dopo il veto di Ankara alle operazioni militari, al transito e al supporto logistico degli Stati Uniti prima dell’Operazione Iraqi Freedom, il Pentagono ha iniziato a esplorare alternative: lo dimostra l’accordo con la Grecia per l’utilizzo delle 4 basi elleniche. Gli Usa temono che, fintanto che le relazioni bilaterali restano problematiche, il personale statunitense nella base di Incirlik potrebbe essere considerato un futuro o potenziale ostaggio.

DUE FAZIONI

Due le fazioni a confronto in questo momento. Da un lato c’è la piccola “squadra” di funzionari e senatori filo-turchi del Dipartimento di Stato e del Congresso che punterà a non lasciare definitivamente la base. Da tempo lavora per difendere la Turchia dalle conseguenze delle mosse scomposte di Erdogan, nella consapevolezza che il Paese resta un grande punto di riferimento a cavallo tra due quadranti strategici come quello euromediterraneo e quello mediorientale. Per questa ragione procedono a fari spenti per il dopo-Erdogan, mossi dalla tesi che nel caso si dovessero rompere le relazioni Usa-Turchia, il successore di Erdogan sarebbe a quel punto completamente rivolto verso Mosca (sia dal punto di vista commerciale che diplomatico). Un ‘eventualità che in molti a Washington vogliono evitare.

EGEO

Tuttavia, proprio perché la geopolitica Usa è mutata nell’ultimo decennio (si veda alla voce Iraq, Qatar, Libia) l’altra fazione che non vede di buon occhio un eccessiva pazienza nei confronti di Erdogan ritiene che sarebbe meglio chiudere Incirlik e pianificare una strategia che poggi essenzialmente sulla Grecia come nuovo military-hub a stelle e strisce nel Mediterraneo orientale. In questo senso sono già stati fatti passi significativi: proprio l’accordo di cooperazione militare siglato tra il segretario di Stato e il premier greco Mitsotakis ha previsto quattro basi, tra cui quella cretese di Souda Bay dove, oltre ai sommergibili, sono transitate nelle ultime settimane imbarcazioni significative come la portaelicotteri Williams, con i V-22 Osprey a decollo verticale. Souda Bay inoltre sta per essere interessata da una serie di lavori di ampliamento, sia per potenziare la capienza per i sommergibili, sia per trasformarla in grande centro nevralgico per l’intelligence americana nel mare nostrum

POMPEO

In questo scacchiere, arricchito dalle costanti e reiterate provocazioni di Erdogan che rivendica le isole greche, si inserisce la diplomazia internazionale con la visita di Mike Pompeo ad Atene, dopo un passaggio a Berlino. Da un lato la Turchia continua a inviare messaggi minacciosi, con riferimenti a Kastellorizo; dall’altro il presidente francese Macron, con una mossa dal denso simbolismo, ha twittato in lingua turca rilevando, tra l’altro, che “la Turchia sembra aver ricevuto il messaggio” inviato dal Vertice dei Paesi del Sud e da Bruxelles, per ravviare la finestra di dialogo.

Ma un portavoce di Ankara ha sottolineato che “la Turchia non è intimidita da minacce e sanzioni”, aggiungendo che Emmanuel Macron “non legge correttamente la politica internazionale”.

Per questa ragione Stati Uniti e Germania stanno provando ad intensificare i loro sforzi di mediazione. L’iniziativa di Donald Trump, con comunicazioni continue con Kyriakos Mitsotakis e Tayyip Erdogan poche settimane fa, non è stato un evento isolato. Lo dimostra la visita di Mike Pompeo in Grecia, in un contesto reso più armonico dal lavorìo dell’ambasciatore americano ad Atene, Jeoffrey Pyatt, prorogato già due volte proprio alla luce del suo ruolo molto attivo.

SCENARI

Il capo del Dipartimento di Stato sarà fisicamente a Souda Bay per certificarne la strategicità operativa e incontrerà il primo ministro Kyriakos Mitsotakis. Washington sembra aver assunto un ruolo molto più attivo nell’allentamento delle tensioni visto che la mediazione di Berlino ha il chiaro obiettivo di preparare il terreno per i colloqui tra Atene e Ankara.

Cosa potrà cambiare nello specifico? Non va dimenticato che nel dicembre 2019 Erdogan aveva minacciato Washington che in caso di sanzioni avrebbe chiuso due basi strategiche statunitensi sul suolo turco. Al momento a Incirlik di stanza c’è uno squadrone di A-10 Warthog assieme a 60 bombe nucleari B-61. Inoltre il 33% dei voli di rifornimento aereo e il 30% delle operazioni di supporto aereo a corto raggio vengono lanciati dalla base.

twitter@FDepalo

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