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Autocertificando il falso. I suggerimenti di Giacalone per salvare l’Amazzonia (e la faccia)

Il ritorno dell’autocertificazione non è una bella roba. Ma c’è il virus, si deve dissuadere, non è venuto nulla di meglio in mente. Qui di seguito qualche suggerimento per raggiungere lo stesso scopo

Niente da fare: è più forte di loro. L’associazione burocrati riuniti non riesce a stendere il testo di un’autocertificazione senza mettere chi la firma nella certa condizione di stare attestando il falso. Naturalmente sotto la propria responsabilità, perché gli altri possano scaricarla.

Già il ritorno dell’autocertificazione non è una bella roba. Ma c’è il virus, si deve dissuadere, non è venuto nulla di meglio in mente. Qui di seguito qualche suggerimento.

1. Lo scopo si raggiunge anche senza aprire con “autocertificazione ai sensi degli artt. 46 e 47 d.p.r. n. 445/2000”, giacché: a. nella copia che ho scaricato e stampato l’intestazione salta, in ogni caso è assai più comprensibile la dicitura “autocertificazioni ai fini covid”; b. quegli articoli non li ha letti nessuno e far sapere in giro che ce ne vogliono due per stabilire una cosa semplice e tutti quelli per stabilire un’infinità d’altre cose, indispone; c. ma credete veramente che qualcuno vada a scaricare e studiare il citato d.p.r.?.

2. Per ricordare che chi attesta il falso va incontro a sanzioni la si dice in questo modo, perché anche il 495 del codice penale lo conoscono solo quelli che hanno intenzione di violarlo.

3. Già devo dichiarare di conoscere le disposizioni emanate (vedi quanto sopra), ma devo anche assicurare d’essere aggiornato alla “data odierna”, il che, vista l’abbondante diuresi regolamentatrice, è complicato anche per i sorci che vivono fra le pandette.

4. Ma non basta, perché devo anche giurare “di essere a conoscenza delle altre misure e limitazioni previste da ordinanze o altri provvedimenti amministrativi adottati dal presidente della Regione o dal sindaco ai sensi delle vigenti normative”, al che vien voglia di dire che, letto quel che si dicono gli uni con gli altri, è già da considerarsi un miracolo se sono loro al corrente di quel che hanno emanato, mentre è escluso che possa saperlo io al momento della firma, tanto più che l’arguto burocrate non è manco riuscito a trovare una dicitura univoca, sicché alle “ordinanze” accoppia “altri provvedimenti amministrativi”, della serie: manco lui sa che diavolo possano farsi venire in mente d’edittare.

5. In più devo assicurare d’essere “a conoscenza delle sanzioni previste dall’art. 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, e dall’art. 2 del decreto-legge 16 maggio 2020, n.33”, laddove la sola cosa che so è che siamo ad ottobre, che i decreti sono vigenti per tre mesi, che sono passati, e che, nel frattempo, o sono diventati leggi o… lasciamo perdere.

Avrei una proposta.

6. Posto che, a questo punto, ho già autocertificato una raffica di falsi, sicché si spera abbia voglia di dire il vero sui miei movimenti in atto, e posto che mi avete già fatto scaricare Immuni, salvo lasciarla immune anche da strutture sanitarie pubbliche che se ne infischiano della sua esistenza, sarebbe il caso di consentire l’autocertificazione mediante applicazione sul telefono, possibilmente scaricabile su ogni modello e non solo su quelli che son simpatici agli schifiltosi elaboratori. Così, giusto per salvare l’Amazzonia, la stampante e, già che ci si trova, anche la faccia.

 

 


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