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Conte impari ad ascoltare e l’Italia batterà il Covid. Parla Teresa Bellanova

Intervista al ministro per l’Agricoltura di Italia Viva: bisogna uscire dalla logica dell’emergenza, serve un piano di lungo respiro per permettere al Paese di uscire dal tunnel e attrezzarsi per il futuro. Un errore chiudere bar e ristoranti alle 18, ma il premier non ci ha ascoltato. Le priorità? Sanità e trasporto pubblico

Il virus fa ancora paura e i contagi risalgono costringendo il governo di Giuseppe Conte a continui giri di vite. Eppure, nell’esecutivo, i dubbi sulla strategia del premier, non mancano. Ci sono, per esempio, quelli di Teresa Bellanova, ministro per l’Agricoltura e le Politiche forestali in quota Italia Viva, che a Formiche.net spiega dove, come e perché Conte ha sbagliato. Al punto da spingere il partito di Matteo Renzi a chiedere modifiche espresse all’ultimo Dpcm, quello che abbassa le saracinesche di bar e ristoranti alle 18.

Ministro, lei ha criticato le chiusure imposte dal governo, soprattutto in relazione ai ristoranti. Ma davvero era possibile un’alternativa?

Voglio ripeterlo con nettezza: su quelle misure noi non eravamo d’accordo e sabato l’ho ribadito più volte. Offrendo un ventaglio di ipotesi alternative ma soprattutto ponendo un tema che ritengo ineludibile e che gioco forza si riproporrà: trasporti e sanità. I veri punti su cui a nostro parere sono necessari interventi strutturali e investimenti rilevanti, non per mettere sotto accusa o sotto scacco questo o quel collega di governo – cosa che in questo momento non avrebbe senso e che d’altra parte non è gioco che mi appassiona – ma con l’unico obiettivo di provare a risolvere i problemi.

Facciamo qualche esempio, che dice?

Eccolo. L’affollamento che si determina nelle metropolitane o sugli autobus, per cui abbiamo sollecitato più volte una strategia ampia anche con il coinvolgimento dei privati, tassisti compresi. Non credo del resto di essere l’unica a vedere sui social le immagini quotidiane dalle nostre città. Ecco perché ho continuato fino alla fine a sostenere l’opportunità di tenere fermo alle 23 l’orario di chiusura dei ristoranti, come indicavano anche le Regioni, per salvare il turno di servizio serale di una parte importante dell’economia del Paese. Che non è fatta solo da ristoranti, trattorie ed agriturismi ma comprende automaticamente tutta la filiera agroalimentare, che nella ristorazione trova oltretutto uno sbocco pari al 35%. Parliamo di centinaia di migliaia di posti di lavoro.

Però, alla fine, le cose sono andate diversamente. Bar e ristoranti chiusi dalle 18…

Se chiedi ripetutamente di poter disporre, tu e tutti i tuoi colleghi nel Cdm, delle evidenze scientifiche che giustificano o motivano la chiusura di teatri, cinema, palestre, ristoranti, sapendo che proprio a questi settori sono stati sollecitati per l’adeguamento alle norme investimenti, puntualmente avvenuti, lo fai solo per provare a capire meglio la ratio di un provvedimento che evidentemente ti sfugge. E se, infine, proprio il ministro della Salute – nel corso del confronto – legge una valutazione del Cts che stigmatizza la chiusura alle 18 perché teme che a quel punto si possano moltiplicare in modo incontrollato le convivialità nelle case, non è legittimo pensare che magari una riflessione più approfondita sarebbe quanto meno necessaria? Come vede l’alternativa l’abbiamo posta, eccome!

Bellanova, le attività produttive italiane vivono la loro notte più buia. Il governo ha garantito ristori. Cosa manca?

Manca una strategia di fondo che guardi anche al post-pandemia. È quello che diciamo da mesi, ed è tema che diviene di giorno in giorno più stringente. Ed è il motivo per cui abbiamo chiesto un tavolo di verifica politico-programmatica: il tempo che abbiamo davanti sarà complicatissimo e noi abbiamo bisogno di affrontarlo nel modo migliore con un’alleanza fortissima con tutti i corpi sociali. Quello che sta accadendo nelle piazze non può lasciarci estranei, e soprattutto vanno impedite saldature pericolose. Nel decreto Ristoro vengono impegnati oltre 6 miliardi ma chi ci assicura che a dicembre non saranno necessari nuovi interventi e nuove risorse? Ecco perché non ci si può limitare a gestire l’emergenza ma bisogna assolutamente avere uno sguardo lungo e politiche adeguate. Vogliamo chiamarlo programma strategico? Chiamiamolo come vogliamo, il nodo è quello. Significa anche intervenire dove serve, e serve adesso.

Ha qualche suggerimento da dare a Conte e al ministro Speranza?

Il tema è cruciale, tanto più che da nessuna parte è scritto che i prossimi mesi saranno più semplici di quelli attuali. Le risorse che l’Europa ci metterà a disposizione devono necessariamente avere questo sguardo lungo. Con il virus dovremo in qualche modo, e nel modo migliore, ancora convivere. Investiamo, allora, sui tamponi, sul personale per il contact tracing, sull’inserimento lavorativo dei medici neolaureati, su un trasporto pubblico che dia maggiori garanzie di sicurezza, sulla scuola. La vicenda di Immuni a me pare esemplificativa: su questa App abbiamo ricevuto complimenti da mezza Europa che l’ha giudicata una delle migliori realizzate, ma le regioni non hanno personale per inserire chi risulta positivo, in modo da farla funzionare. Lavorare con uno sguardo un po’ più lungo della gestione dell’emergenza significa anche questo.

Nel Paese sembra montare la rabbia verso una situazione che è un mix micidiale di frustrazione e stanchezza, oltre che di mancanza di prospettiva. Come disinnescare la bomba?

Intanto moderando, tutti, i toni della discussione politica. Con una dose di sana parità: i punti di vista differenti non equivalgono a lesa maestà. Se una forza politica di maggioranza avanza perplessità su un provvedimento in via di emanazione, non si tratta solo di ascoltarla ma soprattutto di comprenderne le ragioni e farle, anche solo parzialmente, proprie. Non vedo nessun problema se dopo un confronto serrato si cambia idea e i provvedimenti si modificano in corso d’opera. E’ questa la nostra responsabilità, se vogliamo che quanto facciamo agisca nel modo migliore nel solo interesse del Paese. La logica del prendere o lasciare non è il viatico migliore per un buon clima e stigmatizzare la forza politica che esprime pubblicamente le sue perplessità è davvero piangere quando i buoi sono scappati.

Non ci stiamo dimenticando delle opposizioni? Mattarella ha più volte richiamato all’unità politica, ancor prima che nazionale…

Non secondariamente occorre creare un clima di interlocuzione effettiva anche con le opposizioni, almeno con quelle che hanno a cuore l’interesse reale del Paese.

Torniamo alla piazza. C’è chi parla di strumentalizzazioni politiche. L’estrema destra, per esempio…

Ritengo necessario portare innanzitutto rispetto a chi manifesta pacificamente. Ascoltando quelle ragioni. Sicuramente in alcune delle manifestazioni, come giustamente ha rilevato la ministra Luciana Lamorgese (Interno, ndr), ci sono state infiltrazioni della destra eversiva ed in alcuni casi della criminalità. Ed la ragione per cui Luciana chiede di tenere alta la guardia e l’attenzione: condivido completamente.

Ma…

Ma bisogna anche evitare di bollare tutto, come qualcuno sta facendo, come una piazza fascista: mi sembra superficiale, sbrigativo e autoconsolatorio. E sprezzante per quei settori lavorativi che si sentono penalizzati dalle decisioni assunte e hanno paura per il futuro, loro e delle loro famiglie.

Ora, a sentire il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, entro il 15 novembre arriveranno i ristori. Un buon calmante…

Sui ristori decisi nel Consiglio dei Ministri non ci possiamo permettere ritardi. Ora più che mai è d’obbligo uno scatto di efficienza di tutti: governo centrale, regioni, amministrazioni locali. Le prossime settimane ed i prossimi mesi saranno decisivi.

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