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Grecia-Turchia, il doppio ruolo di Berlino nella crisi del gas (dove spunta Il Cairo)

La diplomazia tedesca deve gioco forza convivere con i rapporti commerciali tra Germania e Turchia. E mentre il Ppe preme per sanzioni contro Erdogan, ecco che l’Egitto si ritaglia progressivamente un ruolo sempre più attivo nella macro area

Che cosa potrà accadere nel Mediterraneo orientale, dopo che la flotta turca è uscita dai Dardanelli, se le richieste europee di de-escalation rivolte a Erdogan non avranno un riscontro? È procrastinabile la strategia di Bruxelles che per il momento ha accantonato l’ipotesi di sanzioni alla Turchia su cui però preme il Ppe con Weber? E con quali rischi nel brevissimo periodo sulla stabilità (già precaria per via dei casi di Libia, Siria, Nagorno) dell’intera area?

Da un lato la Germania chiede a Atene e Ankara di mettersi d’accordo sui limiti della ricerca di gas nell’Egeo, dall’altro non può ignorare le proprie relazioni commerciali con la Turchia, dove vivono tra l’altro 8 milioni di cittadini turchi. Nel mezzo il derby con Parigi per i futuri equilibri nell’euromediterraneo e il nuovo ruolo molto attivo dell’Egitto.

QUI BERLINO

La Germania si è intestata, sin da subito, la battaglia diplomatica tra le rivendicazioni turche sulle acque greche e cipriote (che però nessun trattato internazionale prevede) e le legittime ragioni di Atene e Nicosia. Un impegno corroborato dalle frequenti visite nei tre Paesi del ministro degli esteri Maas. Ora però, allo stimolo tedesco di aprire un tavolo negoziale tra le parti, si contrappone l’ennesima mossa scomposta di Erdogan, che ha nuovamente inviato la nave da ricerca Oruc Reis nelle 12 miglia di Kastellorizo, l’isola greca (dunque membro Ue) dove Gabriele Salvatores girò il suo capolavoro “Mediterraneo”.

Berlino ha più volte negli ultimi giorni sollecitato Ankara a riaprire il dialogo, sottolineando che contrariamente dovrà affrontare una dura risposta da parte dell’Ue. Ma alla richiesta greca di non vendere armi alla Turchia la Germania replica che si è notevolmente ridotta l’approvazione delle esportazioni di armi in quel Paese, anche se continua la fornitura di sommergibili Tyssen.

Il comportamento turco “è più che fastidioso, anche per noi nel nostro ruolo di intermediari”, ha detto Maas, aggiungendo che la controversia può essere risolta solo con discussioni dirette e che la risposta dell’Ue dovrà essere basata sul progresso dei colloqui. Se non ci saranno progressi, “l’Ue dovrà affrontare la questione e valutare quali conseguenze avrà”, ha aggiunto.

QUI PARIGI

Sullo sfondo però c’è uno scenario di equilibri (presenti e futuri) che si distendono tra Francia e Germania per la supremazia: Parigi si è schierata con Grecia e Cipro contro Erdogan nel dossier energetico del Mediterraneo orientale; mentre in Libia l’Eliseo appoggia Haftar contro il tandem Serraj-Erdogan. Secondo il ministro degli esteri francese, Jean-Yves Le Drian, spetta ad Ankara prendere l’iniziativa e l’Ue sarà pronta a cambiare gli equilibri di potere se la Turchia non tornerà al dialogo. “Per noi è chiaro che la Turchia sta compiendo costantemente atti provocatori che sono inaccettabili”, ha sottolineato, come quello di oggi a Kastellorizo. Una tesi su cui il governo di Atene ha fatto una precisazione: è impossibile tenere colloqui sulle rivendicazioni marittime proprio mentre una delle parti svolge una missione di indagine, come appunto quella della Oruc Reis.

PPE

Da tempo il Ppe si è speso direttamente per richiamare Ankara al rispetto di leggi e trattati, come la Convenzione di Montego Bay sulle acque. Ieri il numero uno del partito, Manfred Weber, ha annunciato di voler sostenere l’iniziativa della Grecia di sospendere l’accordo doganale tra la Turchia e il blocco. Secondo Weber “il periodo della diplomazia è finito, le continue provocazioni della Turchia nel nord di Cipro, le sue attività di esplorazione del gas e le sue violazioni del diritto internazionale, sono evidenti a tutti”.

E ha aggiunto: “Qualunque siano le motivazioni, questa è la realtà. Appoggio tutte le opzioni che serviranno da reazione appropriata, compresa la sospensione dell’unione doganale”. Ha inoltre definito “non abbastanza forti” le dichiarazioni dell’Ue sul comportamento della Turchia.

IL RUOLO DELL’ EGITTO

In questa cornice si inseriscono due elementi che riguardano il ruolo del Cairo. Il primo, più istituzionale, verte la nuova alleanza che si è corroborata sul gas nell’ultimo triennio tra Grecia, Cipro, Egitto. La firma e la ratifica dello storico accordo sulla demarcazione della Zee tra Grecia-Egitto è uno dei frutti di quel passaggio, come hanno ribadito oggi a margine dell’ottavo Vertice trilaterale Cipro-Grecia-Egitto, il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis e il presidente dell’Egitto, Abdel Fattah al-Sisi.

Il secondo è più pratico e politico. Russia ed Egitto stanno inviando un messaggio chiaro ad Ankara affinché non giochi da sola la partita nella macro regione in questione. Lo scorso 10 ottobre il ministero della Difesa russo ha annunciato che le sue forze navali avrebbero condotto per la prima volta esercitazioni congiunte con le forze egiziane nel Mar Nero. In molti pensano che l’esercitazione rappresenti una sorta di resa dei conti tra Il Cairo e Ankara.

Inoltre in quello stesso giorno a Novorossiysk le delegazioni militari di Egitto e Russia si sono incontrate al fine di prepararsi all’esercitazione congiunta denominata “Ponte dell’amicizia 2020”.

Le acque chiuse nel Mar Nero, lontano dallo spazio aereo mediterraneo, inducono a pensare che in primis si voglia dare una dimostrazione “internazionale” della forza dell’esercito e della marina egiziana dopo i recenti nuovi equipaggiamenti e in secondo luogo punti ad affrontare le ambizioni imperialiste turche, come l’accordo turco-libico del novembre 2019 che è stato contestato proprio dall’Egitto.

twitter@FDepalo

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