Per gli studiosi di comunicazione elettorale, le campagne per le presidenziali americane costituiscono un archetipo, una ispirazione e anche uno sguardo verso il futuro. Tutto quello che viene sperimentato per l’elezione più importante della più glorificata democrazia del mondo costituisce un punto di riferimento a cui guardare con attenzione per comprendere le tendenze e gli sviluppi della comunicazione politica nel corso dei prossimi anni. In questo imprevedibile anno elettorale 2020, il processo elettorale statunitense sta sperimentando delle difficoltà così inimmaginabili da non essere coperte dalle diverse, pur lungimiranti previsioni per un corretto funzionamento della democrazia a stelle e strisce lasciate dei padri fondatori nella Costituzione. Le elezioni che si svolgono nello scenario della pandemia da Covid-19, l’estrema animosità tra i due contendenti alla Casa Bianca, il presidente in carica che si ammala e si trova a sospendere la campagna elettorale sono tutte circostanze che, oltre ad avere un impatto specifico sul contesto del funzionamento del sistema politico, vengono riverberate sulla scelta di temi e argomenti per la campagna elettorale.
Nella prospettiva del candidato democratico Joe Biden, questo comporta non poter più attaccare il rivale repubblicano su temi politici o su questioni personali, stante la condizione di Trump di ammalato che lotta per la propria salute. Un atteggiamento aggressivo di Biden sarebbe da considerare perdente, oltre che privo di quel fair play, pur assente nel primo confronto televisivo tra i due candidati alla presidenza degli Usa. La scelta operata dagli spin di Biden è quella di presentare brevi messaggi animalisti, in cui si fa presente come Trump sia l’unico presidente Usa a non amare i cani, visto che durante il suo mandato non si è mai fatto immortalare in compagnia del migliore amico dell’uomo, al contrario di tutti i suoi predecessori. Un altro messaggio elettorale di Biden presenta una carrellata di cagnolini vestiti di tutto punto con pettorine a favore di Biden e Harris, con la chiusura finale che chiede di riportare un cane alla Casa Bianca.
La selezione di un argomento non politico, ma profondamente emotivo e acchiappa-like, è una strategia di ripiego ma efficace per spostare su un piano differente gli argomenti a favore di Biden. Quanto sia pre-politico o post-politico il messaggio di voto basato sulle preferenze condivise tra eletti ed elettori (gusti, stili di vita) è una questione rilevante anche in un contesto come quello della pop-politics. Ci troviamo nel contesto in cui la politica abbraccia la dimensione personale e familiare dei leader, spettacolarizzandone alcuni tratti e umanizzandone altri, per rendere l’esponente politico vicino ed empatico rispetto ai suoi seguaci. Non ci sono più cittadini elettori persuasi dall’efficacia del ragionamento sulla visione della società che si intende guidare e dalla coerenza del programma politico esposto, ma meri spettatori o follower, incantati dall’immagine emozionale che il leader politico offre di sé. Se nella post-politica si vota azionando il sistema limbico del cervello, quello preposto alle emozioni di base, ai ricordi e all’umore, anziché azionare l’emisfero sinistro, preordinato alla organizzazione logica delle attività, della razionalità, della valutazione in termini di costi e benefici, non resta alla comunicazione persuasiva che rimandare ai cittadini elettori dei messaggi semplificati ed emozionanti.
Convincere dei follower empatici ed emotivamente avvinti è molto più semplice, dal punto di vista della selezione di immagini e parole, che dover persuadere dei razionalizzatori alla ricerca del vantaggio comparativo di ogni programma elettorale presentato da un candidato. Ed eccoci ai cagnolini di Biden, che, pur emersi in questa fase impossibile della campagna elettorale, non fanno altro che sublimare questa tendenza della comunicazione politica contemporanea. Quando le cose si fanno politicamente difficili, non resta che parlare d’altro: di famiglia, di amore per gli animali, di preferenze nel tempo libero per scatenare l’incantesimo di una persuasione che ci fa votare chi ostenta le nostre stesse preferenze. Con buona pace di ragionamenti e argomentazioni, cani e gattini sono i nuovi puntelli elettorali della comunicazione post-politica.