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Buchi neri e relatività generale. Il Nobel per la fisica spiegato dal prof. Battiston

“Un bel Nobel per la fisica”, un riconoscimento a coloro che hanno studiato alcuni degli oggetti più misteriosi dell’Universo, i buchi neri, aprendo nuovi orizzonti alla conoscenza umana. È così che il professor Roberto Battiston commenta l’assegnazione del premio Nobel per la fisica 2020 per metà a Roger Penrose, e per l’altra metà a Reinhard Genzel e Andrea Ghez. L’Accademia reale svedese delle scienze ha premiato il britannico “per la scoperta che la formazione dei buchi neri è una robusta previsione della teoria generale della relatività”. Il tedesco e la statunitense invece “per la scoperta di un oggetto compatto super-massiccio al centro della nostra galassia”.

Professor Battiston, che Nobel è quello della Fisica 2020?

Un bel Nobel, il riconoscimento per coloro che hanno lavorato per la verifica e la dimostrazione che la predizione dei buchi neri nella relatività generale di Einstein corrispondesse a un fatto reale, e non solo a una curiosità matematica. Oggi sembra un dato acquisito, ma ci sono volute decine e decine di anni per dimostrare un qualcosa che appariva paradossale, e cioè una zona di spazio e tempo in cui accadono cose stranissime, come il fatto che la luce non esca fuori, o che la massa e l’energia si trasformino in una curvatura dello spazio-tempo. Lo stesso Einstein scrisse equazioni che forse non prevedeva potessero essere dimostrate.

Un premio tra l’altro diviso a metà…

Sì. Penrose fa parte dei grandi teorici che hanno provato la definizione formale di questo tipo di calcoli, rafforzando la convinzione sulla teoria della relatività; ha lavorato anche con Stephen Hawking sui temi collegati ai buchi neri. Genzel e Ghez sono invece due astronomi che hanno osservato attentamente il moto dei corpi celesti nella vicinanza del centro-galassia, dimostrando con sofisticate tecniche di analisi matematica la presenza di un corpo super-massiccio, invisibile e non luminoso che fa girare stelle e sistemi intorno a sé. Oggi siamo portati a pensare che tutte le galassie girino attorno alla forza attrattiva di buchi neri, ma dimostrarlo non era banale. Solo recentemente si è riusciti a fotografare un buco nero molto lontano dalla Terra. Riusciamo a vederli, ma fino a pochi decenni fa era tutto molto più speculativo, e la dimostrazione di Genzel e Ghez fu sorprendente anche da un punto di vista concettuale. Mi piace poi sottolineare un altro aspetto di questa premiazione.

Prego.

Andrea Ghez, bravissima astrofisica americana, porta a quattro il numero delle donne premiate con il Nobel della Fisica, solo quattro in oltre un secolo (su oltre 200 premiati, ndr). Marie Curie lo vinse due volte, nel 1903 e nel 1911. Maria Goeppert-Mayer lo vinse nel 1963. Poi bisogna fare un altro salto, fino al 2018, per il conferimento a Donna Strickland. Ora, il premio ad Andrea Ghez testimonia ancora una volta il notevole contributo delle donne alla fisica mondiale, non sempre debitamente riconosciuto.

La teoria della relatività di Einstein non smette di affascinare. Perché?

Perché è una teoria bellissima e profonda, che non è attualmente messa in discussione da qualsiasi tipo di osservazione. Oggi resiste benissimo, comprendendo uno sterminato orizzonte di future ricerche. Solo negli ultimi anni abbiamo verificato l’esistenza delle onde gravitazionali e dei buchi neri. Ciò testimonia l’enorme importanza dell’osservazione di tipo astronomico.

Il compianto professor Nichi D’Amico inseriva proprio nel campo dell’osservazione astronomica il futuro della conoscenza umana. L’anno scorso il premio fu assegnato alla scoperta di esopianeti; quest’anno sui buchi neri…

Sì. Ciò che appare onnicomprensivo nell’attrazione del pensiero umano è l’immaginazione del fascino dell’esplorazione dell’universo connessa alla vita su altri pianeti. Non ne sappiamo quasi nulla, ma sotto sotto restiamo convinti che potrebbe essere vita al di fuori della Terra. In questo campo siamo davvero all’abc, e l’immaginazione si riaccende ogni volta che scopriamo qualcosa, come i laghi sotterranei su Marte, i gayser su satelliti di Giove che emettono vapore acqueo o la più recente fosfina nell’atmosfera di Venere. I sono convinto che quando scopriremo la vita su altri corpi celesti, rimarremo sorpresi da come è fatta e di quanto fosse vicina a noi.

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