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Cina-Santa Sede, perché non ci sarà lo scisma Usa. Parla Giovagnoli

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Il rinnovo dell’accordo sulle nomine dei vescovi fra Cina e Santa Sede non darà vita a uno scisma né a una rottura con l’amministrazione Usa. Parla lo storico Agostino Giovagnoli: l’enfasi data dal Vaticano non è casuale, come quel riferimento a Benedetto XVI…

Il rinnovo dell’accordo fra Cina e Santa Sede per le nomine dei vescovi non è davvero una notizia. Se ne parla da mesi, e nelle ultime settimane, con buona pace delle proteste dell’amministrazione Trump, aveva ricevuto un crisma di ufficialità dal segretario di Stato Pietro Parolin. Fa notizia, nota Agostino Giovagnoli, storico, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore, l’enfasi con cui il Vaticano ha dato annuncio della proroga. Quella sì, “è una rivendicazione”.

Professore, di cosa?

Di un’autonomia, di un cammino che è proseguito al riparo dalle critiche esterne. Non è un rinnovo di routine, ma un messaggio forte, alla Chiesa in Cina, alla società cinese, al resto del mondo.

Agli Stati Uniti.

Certo. Sappiamo che si sono opposti duramente all’accordo, con una dura denuncia del segretario di Stato Mike Pompeo. Però parlare di gelo e rottura è sbagliato. Dall’incontro con Parolin e Gallagher a Roma è emersa piuttosto una presa di coscienza. Le distanze rimangono, così come la cooperazione in tanti altri campi.

Quindi la diplomazia Usa non si farà più sentire?

Può farlo, ma sarebbe inutile. Ci fosse stato un vero scontro frontale, forse ora ci sarebbe qualcosa di cui discutere. Invece fra Washington DC e Vaticano c’è grande chiarezza. E infatti la diplomazia americana si asterrà da altri gesti eclatanti.

Con Joe Biden alla Casa Bianca cambierebbe qualcosa?

Credo di sì. A partire dai toni, in diplomazia la forma è sostanza. Biden ha un approccio più collaborativo. Forse parlare di ripresa del multilateralismo è prematuro. Il metodo, comunque, è completamente diverso da Trump.

Però non c’è solo Trump. Una parte significativa del cattolicesimo statunitense condanna quell’accordo. Si rischia uno scisma?

Ne dubito. La Chiesa cattolica ha come sua peculiarità la forte unità e la centralità della figura del papa. Sarebbe singolare vedere i cattolici separarsi dal papa in nome del cattolicesimo. Si può immaginare forse un allontanamento, non una frattura aperta.

L’Osservatore Romano ricorda che la bozza dell’accordo fu già approvata da Benedetto XVI. Un caso?

Tutt’altro. Lo sapevamo, lo aveva spiegato a febbraio il cardinal Re e l’ha ribadito Parolin in un evento del Pime a Milano, attirandosi le critiche del cardinale Joseph Zen. Ma questa sottolineatura non è casuale.

In due anni di intesa, due vescovi nominati. Non è un po’ poco?

Sì, è poco. La fatica è comprensibile. Bisogna capire che in Cina c’è un rapporto complesso e conflittuale fra centro e periferia che si riflette sulle nomine. Il meccanismo dell’accordo ha bisogno di un rodaggio, nei prossimi due anni ci sarà un’intensificazione.

Possibile che i diritti umani ne restino fuori?

Non restano fuori. Un’intesa sulle nomine dei vescovi, sulla Chiesa clandestina, sull’unità dei cattolici cinesi, tocca eccome il tema dei diritti. Forse non affronta di petto tutte le violazioni dei diritti umani. Ma è un accordo pastorale. Un piccolo passo per garantire più diritti ai cattolici e, indirettamente, a tutti gli altri.

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