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Così (con Di Maio) il Movimento può tornare al 20%. Parla il prof. Calise

Due bombe a distanza ravvicinata sono cadute nelle ultime 24 ore sul Movimento 5 Stelle e su Luigi Di Maio. La prima sono le parole di Alessandro Di Battista a Piazza Pulita: “Finiremo come l’Udeur, l’alleanza strutturale con il Pd per noi è la morte nera”; la seconda un post sul Blog delle Stelle in cui si dice che Rousseau taglia i servizi, o li sospende per tre mesi, almeno per il momento, a causa dei mancati versamenti da parte degli eletti.

E sono due anche i nodi, secondo Mauro Calise, docente di Scienza Politica all’Università Federico II di Napoli, che in una conversazione con Formiche.net percorre le ultime tappe delle vicende interne al Movimento, “e sono nodi non semplici da sciogliere”. Uno di questi è certamente la piattaforma Rousseau e la relativa Associazione: “Non è chiaro chi è proprietario di cosa e credo che il nodo sia piuttosto intricato. Il problema – prosegue Calise – è che nel momento in cui i 5 Stelle non hanno un’organizzazione alternativa la piattaforma svolge un ruolo essenziale di collegamento. È come se a un certo punto Zingaretti se ne andasse in villeggiatura con le chiavi del Nazareno. Il peso di Casaleggio – aggiunge – e il suo ruolo è una questione sospesa che si conosce da tempo ed è da tempo che è stata sottolineata l’anomalia”.

“Fintanto che Casaleggio è rimasto allineato con la leadership – specifica il professore – questa anomalia riguardava profili relativi al funzionamento della democrazia, ma non sembravano interessare direttamente i 5 Stelle. Nel momento in cui Casaleggio pare essere entrato in rotta di collisione con la leadership storica (quindi tutta l’area che fa capo a Di Maio e quella di Fico, per quello che si capisce) allora diventa un problema”.

“Dal punto di vista politico – prosegue Calise – è molto difficile da valutare, perché non sappiamo bene quale sia il livello di controllo di Casaleggio sulle chiavi del server di Rousseau”. E poi amplia il ragionamento: “Il problema nei partiti digitali è sempre chi controlla le piattaforme. In questo caso si sapeva che ad averne le chiavi era ed è Casaleggio, ma diventa un problema solo ora che che non va più d’accordo con Grillo e con Di Maio”.

Insomma, che ci fossero dei dubbi sulla democrazia interna al Movimento era noto, specifica il professore, ma solo da quando si è avviato un vero e proprio scostamento di posizioni tra una parte del Movimento e Casaleggio Jr. questi dubbi sono diventati una realtà che scuote le fondamenta di M5S. “Naturalmente – prosegue il professore – Di Battista di questo si sta approfittando”.

E proprio  Di Battista ha dato una spallata al Movimento 5 Stelle con una intervista rilasciata a Piazza Pulita. “L’alleanza con il Pd è la morte nera”, “così facendo, il M5S va verso una direzione di indebolimento. Magari diventerà un partito come l’Udeur, buono forse più per la gestione di poltrone e di carriere e non è quello per il quale io ho combattuto”, ha detto ai microfono di Corrado Formigli.

Secondo Calise “quella del Movimento rivoluzionario era una ideologia cavalcabile quando si stava all’opposizione. Nel momento in cui i 5 Stelle si sono trovati a misurarsi con i problemi del governo tutto questo naturalmente si è rivelato un mucchio di chiacchiere. Se avessero preso il 51% avremmo visto qualcosa di diverso, forse, anche se ne dubito. Con un 10% all’opposizione si può invece andare avanti su questa linea”.

Questo, dice il professore, è il piano di “Dibba”: “Prendersi il partito antagonista, antisistema con un 10% (che col proporzionale raccoglie comunque tanti posti) e magari mettersi un po’ alla finestra, vedere che succede”. “In queste condizioni, poi, non si può neanche andare a fare un altro viaggio per via del coronavirus – ironizza – si metta nei suoi panni: è piuttosto deprimente come situazione”.

M5S, spiega il professore che a lungo si è occupato della creatura di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, “sta attraversando un periodo di trasformazione organizzativa che arriva dopo il brusco calo dei consensi che è avvenuto mentre stavano al governo con Salvini”. E fa un ulteriore passo indietro: “I 5 Stelle nel corso del tempo sono cresciuti per un terzo da sinistra, per un terzo da destra e l’altro terzo era composto da una parte di assenteisti, disillusi della politica o che iniziavano a votare in quel momento. Queste erano le 3 componenti di quel 30%”. Nell’anno di governo con Salvini, prosegue il professore, “la Lega si è ripresa buona parte di quel 30%, tant’è che gli ultimi sondaggi dicono che la componente che si riconosce a destra nei 5 Stelle adesso è minoritaria. Sono rimasti quindi prevalentemente elettori vicini al centrosinistra a cui va tendenzialmente bene l’alleanza col Pd e poi c’è la componente più radicale, più fondamentalista, populista, antisistema che naturalmente è un po’ insofferente”.

In questa componente va ricercata la ragione dei subbugli, ma non c’è da stupirsi. “Dopo tutto è un po’ complicato prendere atto della realtà, ossia che il sogno che sembrava avverarsi è svanito e che governare un Paese complesso come il nostro non è cosa semplice”, sottolinea Calise. “Non ci si può d’altra parte, aspettare che tutto il Movimento, in blocco, possa accettare un cambiamento del genere senza fiatare. Al tempo stesso è normale che all’interno di un partito di governo che ha oggi la maggioranza relativa in Parlamento, ha responsabilità molto importanti di governo, al cui interno si vanno formando delle carriere politiche, si creino delle correnti. È del tutto fisiologico”, chiosa il professore.

Il processo di trasformazione in corso, secondo Calise, è nelle mani di Luigi Di Maio. “È lui che rappresenta, con tutte le cautele del caso, questo complicato processo di trasformazione. Fin qui è stato molto bravo, perché ha fatto lo stop and go, ha giocato un po’ di sponda e adesso si trova invece ad affrontare il siluro di Di Battista”. Un siluro che però non farà scoppiare nessuna guerra, sostiene il professore. “Non credo che scoppierà la guerra, perché non è che sia proprio complicatissimo mettere in piedi, se fossero costretti a farlo, una piattaforma alternativa”, aggiunge.

E in effetti una piattaforma alternativa basata su un software libero è stata presentata proprio oggi da un gruppo di informatici: “Con il lancio di Open Rousseau – si legge nella mail di presentazione del progetto – oggi intendo proporvi un modo di fare diverso (rispetto alla piattaforma Rousseau di Casaleggio, ndr), che rispecchi il carattere di iniziativa dal basso proprio del Movimento 5 Stelle: il modo di fare del software libero ed open source coniugato alla sovranità digitale”. “Vede, ecco, non lo sapevo e come sempre la realtà mi anticipa”, commenta sorridendo Calise, che chiude sottolineando un aspetto non secondario delle dinamiche interne alle forze politiche.

“Quello dei 5 Stelle è un processo di trasformazione organizzativa duro e complesso che richiede tempo, olio di gomito e radici territoriali. Una parte del Movimento sta provando a farlo e se dovesse andare bene potrebbe portare a un partito del 20%”. Ma non sarà semplice, conclude, perché in gioco non c’è solo il Movimento, c’è anche e soprattutto il governo: “È così importante la partita di governo che si sta giocando che non vorrei davvero essere al posto di Di Maio. È complicato gestire tutto, però fino ad ora mi pare che se la stia cavando piuttosto bene”.


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