La nuova Enciclica di papa Francesco “Fratelli tutti”, pubblicata ieri e firmata nella giornata precedente nella Basilica di San Francesco ad Assisi, ha generato in poche ore un profluvio di commenti, osservazioni, interpretazioni. Si tratta della terza siglata dal Pontefice che ha preso il nome del Poverello di Assisi, dopo Lumen fidei (redatta a quattro mani con Benedetto XVI) e Laudato si’. Come quest’ultima, Fratelli tutti è un’enciclica sociale, in questo caso dedicata alla fraternità e all’amicizia, come spiega in questa conversazione con Formiche.net il professore Andrea Monda, direttore del quotidiano della Santa Sede L’Osservatore Romano, la cui edizione speciale con il testo di “Fratelli tutti” è stata distribuita ai fedeli in Piazza San Pietro, al termine dell’Angelus. Da oggi invece “il giornale del Papa” torna alla stampa, con un nuovo formato, dopo un periodo di stop che ha portato una svolta digitale (il quotidiano è scaricabile gratuitamente anche attraverso l’App per smartphone).
Il Papa ha firmato la nuova enciclica “Fratelli tutti”. Quali sono i punti più importanti, su cui vale la pena focalizzare l’attenzione?
Dignità, responsabilità, dialogo e incontro. Il Papa riflette ancora una volta sul tema della inalienabile dignità di ogni essere vivente e di ogni essere umano in particolare. Per il cristiano essa nasce dalla paternità di Dio creatore, se riconosciamo di essere figli dello stesso Padre la fratellanza diventa un fatto naturale. Questo porta alla responsabilità, personale, sociale, politica. Se l’altro non è più un estraneo allora mi apro a lui e lo accolgo, facendomi carico di lui, del suo bene. Aprirsi all’altro porta al dialogo, quello autentico che si basa sull’incontro, su questo punto le religioni possono e devono svolgere un ruolo prezioso.
Qual è il messaggio che vuole dare Francesco al mondo, e quale invece alle altre religioni?
Il mondo deve considerarsi “mondo”, qualcosa in cui tutto è connesso e collegato e non un agglomerato di cellule dominato dal caos. La connessione avviene attraverso l’apertura che contrasta l’istinto di conservazione condizionato dalla paura che porta alla chiusura. Le religioni sono chiamate al servizio della fraternità nel mondo, aiutandoci a riconoscere la condizione universale di fratelli.
Cosa viene chiesto in particolare invece ai fedeli cristiani?
Ai cristiani, alla loro testa, cuore e mani, è offerta l’immagine del Buon Samaritano, la parabola di Gesù che interroga, scuote, le coscienze. L’altro, che incontriamo lungo il cammino della nostra vita, è un estraneo, un nemico oppure un fratello? Non si tratta solo di una forte responsabilità per il cristiano da affrontare privatamente ma anche come comunità, familiare, sociale, politica. Una politica che parte dalla paura e si esaurisce nel diffondere questo sentimento in modo strumentale non è una buona politica. La “migliore politica” (titolo del V capitolo) è quella che tiene insieme persona e popolo, evitando la riduzione a individuo e massa, e che situa la sua azione in uno orizzonte trasformato dalla carità (p.187) perché è proprio la carità il nucleo dell’autentico spirito politico.
Cosa significa dirsi tutti fratelli in quanto figli dello stesso Padre? Qual è la portata rivoluzionaria di queste parole, rispetto alle logiche del mondo, e quanto invece è tutto già scritto nella Tradizione della Chiesa, del cristianesimo, e anche delle altre religioni monoteistiche?
Quando la religione si mantiene pura e non diventa ideologia è sempre una voce che contesta al mondo le sue contraddizioni e la tendenza a intraprendere strade che finiscono per disumanizzare gli uomini che diventano mezzi e non fini. Un grido che la voce delle religioni ha sempre alzato è questo della fratellanza. In particolare il cristianesimo che ha come sua preghiera fondamentale quel “Padre nostro” che sinteticamente esprime tutta la portata rivoluzionaria di questa religione.
Si è parlato molto nelle ultime settimane della “spinta propulsiva” del Pontificato di Francesco, che ha rischiato di essere soffocata dalla crisi del Coronavirus. Questo passaggio segna un nuovo cambio di passo?
Per certi versi l’emergenza sanitaria ha aumentato la forza di questo pontificato. Costretto all’isolamento e alla distanza, papa Francesco, che nell’incontro fisico con le persone vive il suo momento più forte e intenso, si è inventato di continuo nuove strade e nuovi gesti, per raggiungere il più alto numero di persone con risultati sorprendenti, pensiamo al periodo delle messe da Santa Marta trasmesse in televisione, un fenomeno comunicativo impressionante. Adesso arriva questa nuova enciclica firmata ad Assisi, scritta in parte prima in parte dopo lo scoppio della pandemia, che pone al centro un altro grande tema tra quelli cari a papa Francesco, la fratellanza, strettamente collegato con il tema della misericordia e della cura del creato.
Che cos’è per Francesco l’amicizia sociale, e cosa significa in particolare “rimanere sani in un mondo malato”? E quanto la pandemia ha invece “influenzato” i temi di questa nuova enciclica?
La proposta del papa è di rinsaldare i nostri vincoli di amicizia, in un periodo storico in cui le relazioni tra le persone sono messe a dura prova, come viene descritto nel primo capitolo dedicato a “Le ombre di un mondo chiuso”. L’amicizia non è solo un fatto personale ma è appunto sociale perché “Nessuno può affrontare la vita in modo isolato” dice il papa al punto n.8 che cita il discorso pronunciato a Skopje nel viaggio in Macedonia nel maggio del 2019: “C’è bisogno di una comunità che ci sostenga, che ci aiuti e nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti. Com’è importante sognare insieme! Da soli si rischia di avere solo miraggi, per cui vedi quello che non c’è; i sogni sogni si costruiscono insieme”. Ideata prima della pandemia l’enciclica è stata influenzata da questa drammatica esperienza che ha confermato proprio questo tema, che cioè “nessuno si salva da solo”, facendo emergere che eravamo malati anche prima del Covid, con l’illusione di essere sani. La crisi attuale può quindi rivelarsi generativa di occasioni positive, di apertura.
Si è parlato di un’Enciclica che porta ad attuazione i temi solamente posti dal Concilio Vaticano II, su questo che ne pensa? Lo scorso febbraio, in aereo, Francesco spiegò ai giornalisti che sessant’anni dopo siamo solo a metà strada…
I tempi di maturazione di un evento ecclesiale della portata del Concilio sono inevitabilmente lunghi. Senza dubbio questo processo di maturazione all’interno della Chiesa con Francesco ha conosciuto un’accelerazione e questa enciclica contribuisce muovendosi nella stessa direzione.