Ieri sera il presidente Donald Trump è stato portato in forma precauzionale al Walter Reed National Military Medical Center, un ospedale militare del Maryland. Vi rimarrà alcuni giorni sotto osservazione, mentre sarà sottoposto a una cura sperimentale a base del cocktail di anticorpi monoclonali Regn-Cov2, un “trattamento sperimentale” sviluppato dalla Regeneron Pharmaceuticals (società americana che aveva già trovato una via simile per curare Ebola). Secondo la dichiarazione del physician della Casa Bianca (il medico che segue costantemente il presidente) gli verrà somministrato anche il Remdesivir, un farmaco antivirale molto usato e piuttosto efficace contro il coronavirus responsabile della pandemia. Nessuna di queste due cure era tra quelle pubblicamente consigliate da Trump, che nei mesi scorsi aveva parlato di usare l’idrossiclorochina o una formula basata sugli anticorpi estratti dal plasma del sangue delle persone guarite.
Contagiato dal Covid, come altri membri dell’amministrazione e sua moglie Melania, il commander-in-Chief soffre sintomi per ora non severi, ma è evidente che si trovi davanti alla necessità di sospendere parte della campagna presidenziale. Tutto a un mese esatto dal voto. Formiche.net ha chiesto a Germano Dottori, docente di Studi Strategici della Luiss e autore di un saggio sul presidente — “La visione di Trump. Obiettivi e strategie della nuova America”, Salerno Editore, giugno 2019 — un quadro ampio sulla situazione.
Adesso cosa succederà?
Succede che da adesso si naviga in acque non cartografate. Mancano precedenti paragonabili. Comunque, in linea di principio, sono prefigurabili delle conseguenze immediate ed altre suscettibili di materializzarsi successivamente, in dipendenza della piega che prenderà la degenza del Presidente. Veniamo alle prime: Trump doveva recuperare terreno (insegue secondo tutte le case demoscopiche, Rasmussen compresa) ed era nella necessità di intensificare la propria presenza sul territorio, moltiplicando i propri comizi. Nella comunicazione trumpiana i raduni di massa sono momenti essenziali, dei veri e propri show nei quali Trump tende a dare il meglio di sé, sfruttando la propria innata teatralità. Teatralità che le dimensioni piatte dello schermo televisivo o, peggio, dello streaming mortificano al massimo. Questi eventi sono stati cancellati. Salteranno certamente anche i duelli “in presenza” con Biden, uno dei quali avrebbe dovuto svolgersi con modalità molto congeniali a Trump, ovvero in una specie di arena, con ampia libertà di movimento, un po’ come accadde quattro anni fa in occasione del secondo confronto con Hillary Clinton. Già questo è un danno notevole.
E poi?
Si aggiungano due ulteriori fattori: il ricovero al Walter Reed attira ulteriormente l’attenzione degli americani sul tema controverso della gestione del Covid-19, che è già una spina nel fianco del Presidente, come ha dimostrato la rissa di Cleveland. Infine, ora la Trump Campaign non può più neppure attaccare Biden sul piano della presunta inadeguatezza fisica, visto che il Presidente è addirittura in ospedale. Non poco.
Secondo il docente, si intravedono altri due effetti al momento non valutabili. Ecco quali.
In caso di peggioramento delle sue condizioni di salute, Trump potrebbe anche essere escluso dal ticket in lizza per i repubblicani il 3 novembre, probabilmente a vantaggio del vicepresidente Mike Pence. È un’ipotesi estrema, resa più difficile anche dalla circostanza che oltre tre milioni di americani abbiano già votato per posta, ma che esiste, dal momento che la legge prescrive che sia eleggibile solo chi stia bene. Qualora invece le cure sperimentali cui è sottoposto avessero successo e Trump si riprendesse rapidamente, non è escluso che il Presidente possa anche recuperare consensi: proietterebbe nuovamente un’immagine di forza e potrebbe anche vantare i progressi della medicina americana contro il Covid-19. L’incertezza è elevata.
E i Democratici? Come possono muoversi senza sembrare avvoltoi che sfruttano la situazione – il rischio dietro al “ve l’avevamo detto” è evidente, seppure questo sia un momento in cui il presidente soffra per un’epidemia che ha cercato di minimizzare — e accaparrarsi i consensi degli indecisi?
Joe Biden (il contender democratico, ndr) ha grande esperienza e capacità politica. Ha sospeso ogni attacco a Trump, accrescendo così la propria presidenzialità, ma continuando a sfruttare con grande maestria la vulnerabilità che per il tycoon rappresenta la gestione del Covid-19 nel suo complesso. Questo atteggiamento ne accentua l’appeal sull’elettore mediano e comunque contribuisce a depolarizzare il clima, danneggiando indirettamente Trump, al quale invece l’accentuazione dei contrasti è utile per mobilitare la propria base elettorale. Almeno per adesso, Biden può giocare sul velluto.
Dunque gli Stati Uniti arrivano al momento più sensibile della loro democrazia, la scelta presidenziale, con una october surprise inedita: il presidente colpito da una pandemia. Un aspetto che getta incertezza in un tessuto sociale polarizzato e un’economia che soffre gli effetti del virus che ha colpito il mondo. Oltre Trump, qual è la sfida? C’è il rischio che i nemici degli Usa sfruttino questo momento così delicato e particolare?
Il 2020 è un anno davvero particolare, possono verificarsi altre novità impreviste nelle settimane che mancano all’Election day. Non vedo invece in che modo la situazione che si è creata possa essere sfruttata dai competitori e rivali degli Stati Uniti, che casomai volgono attualmente a loro vantaggio altri fattori, come la volontà di Trump di non farsi trascinare in un conflitto proprio mentre chiede di essere confermato alla Casa Bianca anche per non intraprendere nuove guerre. Ne sta approfittando soprattutto la Turchia, che si sta rafforzando geopoliticamente giocando su più tavoli: inducendo gli Stati Uniti alla passività in Egeo e limitando anche le opzioni dei russi in Armenia, come stiamo vedendo in questi giorni.
E allora, qual è il rischio più grosso?
Viviamo in un mondo complesso e fluido, dominato dalla logica non lineare, che sarebbe sbagliato leggere attraverso le lenti del passato. In ogni caso, in via generale, la Costituzione americana e diversi accorgimenti che l’hanno integrata nella prassi garantiscono la continuità dell’azione di governo in qualsiasi circostanza, come si è constatato subito dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001. Il vero rischio, in prospettiva, è piuttosto un esito del voto incerto (magari gravato dal sospetto di brogli) dal momento che potrebbe scatenare una battaglia legale e nelle piazze per l’attribuzione della Casa Bianca, indebolendo l’America almeno per un certo periodo di tempo. Se ridurrà le tensioni, però, la malattia di Trump potrebbe paradossalmente mitigare questo pericolo.