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Tutti gli errori (da non rifare) sul Covid-19. Parla l’epidemiologo Ciccozzi

Covid

L’ondata di Covid non si ferma e il timore che il sistema sanitario possa collassare torna a farla da padrone. “Non abbiamo rafforzato a sufficienza la medicina territoriale”, sottolinea Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di Epidemiologia del Campus Bio-medico di Roma. Ma, rassicura, “la guerra contro il Covid la vinceremo noi. Basta adottare le misure giuste”. Un nuovo lockdown? Lo sapremo “entro una settimana”

La tenuta dei sistemi sanitari è nuovamente a rischio. È questo, in sintesi, il messaggio del recentissimo report dell’Istituto superiore di sanità. Eppure, dalla prima ondata avremmo potuto e dovuto imparare qualcosa, rafforzando in primis la medicina territoriale. Ne abbiamo parlato con Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di Epidemiologia del Campus Bio-medico di Roma, secondo cui arrivare impreparati è “una cosa inaccettabile”.

L’Italia sta andando davvero verso un nuovo lockdown?

Se continuiamo con questa curva di contagi, e se le misure adottate dall’ultimo Dpcm non dovessero rivelarsi efficaci, sicuramente sì.

Parliamo di tasso di letalità e tasso di riproduzione netto. Come stiamo messi?

Il tasso di letalità non fa paura, perché siamo tra lo 0,5 e lo 0,6. Preoccupa invece il tasso RT, che è oltre l’1,5%.

Alto?

Abbastanza. Quello della Sars, nel 2002, era più basso.

Però la letalità era più alta…

Certo, ma nella diffusione del virus, a lungo termine, è il coefficiente di diffusione a fare la differenza. Più è alto il coefficiente di diffusione, meno possiamo stare tranquilli.

Disponiamo dei mezzi e delle misure per combattere il Covid?

Le rispondo facendo riferimento agli ancora presenti focolai epidemici nelle Rsa. Una cosa inaccettabile dopo la lezione che avremmo dovuto imparare a marzo, rinforzando notevolmente la medicina territoriale.

Rischiamo un nuovo tracollo?

Sì, ma non nelle terapie intensive, come si teme. Sono proprio i pronto soccorsi a rischiare di più. E le Rsa, appunto. Che andavamo protette così come andava protetta la popolazione più debole, e cioè quella dei malati e degli anziani.

Poco più di due mesi fa ci riversavamo in spiaggia. Ci è sfuggito qualcosa?

Sicuramente c’è stato troppo rilassamento estivo. Un problema che comunque si sarebbe potuto contenere con le dovute precauzioni, rafforzando appunto il sistema sanitario territoriale.

E adesso, invece, cosa ci è sfuggito?

Sicuramente abbiamo perso il tracciamento del virus. Vediamo focolai ovunque e quando perdi il tracciamento gli asintomatici diventano superdiffusori. Non li conosci, non li vedi, non puoi tenertene lontano. E il virus si diffonde.

Quanto tempo per capire se ci sarà un nuovo lockdown?

Una settimana al massimo.

È auspicabile?

Se la situazione non cambia, sì.

Sfatiamo qualche mito. Il virus muta?

Biologicamente è rimasto quello che era, altamente contagioso ma poco letale. Ma geneticamente muta, perché tenta di adattarsi a noi. Del resto anche al virus, biologicamente, la guerra non conviene.

L’inverno e il freddo aiutano il virus?

No, se non nella misura in cui quando fa freddo si vive più al chiuso, dove il virus circola e contagia maggiormente.

Perché le misure non bastano?

Perché non le adottiamo veramente. Quando c’era la peste l’unica arma che avevamo era la distanza. Oggi invece abbiamo conoscenza scientifica e supporti, mascherine in primis, ma continuiamo a non accogliere i suggerimenti. E questo è il risultato.

Il numero di persone che guarisce dal Covid è in aumento. Qual è la cura?

Prevalentemente Remdesivir, eparina e cortisonici. C’è chi dice che funzionino, chi no. Ma la medicina non è una scienza esatta.

Un suggerimento per il governo, da medico a decisore politico?

Non posso suggerire nulla, altrimenti deciderei al posto loro. Posso solo dire che è una battaglia che vinceremo.

Chiedono tutti quando arriverà il vaccino, eppure – al di là delle parole – sembra sempre più lontano. Siamo stati troppo ottimisti?

Il vaccino arriverà quando i dati sui trial vaccinali saranno validati.

E quando?

Lo chieda a Harry Potter. Per rispondere dovremmo essere indovini. E invece siamo medici.


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