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Come rilanciare l’export della Difesa. I suggerimenti di Falsaperna e Crosetto

Un export della Difesa a supporto della postura internazionale del Paese, che consolidi i rapporti con i partner e dia occasioni di crescita alle eccellenze dell’industria nazionale. È l’approccio italiano al G2G (meccanismo degli accordi governo-governo per agevolare le vendite in campo militare) emerso dalle parole del generale Nicolò Falsaperna, segretario generale della Difesa e direttore nazionale armamenti, intervenuto oggi all’evento organizzato dall’Istituto affari internazionali (Iai) per presentare lo studio La regolamentazione italiana degli accordi G2G nel settore della difesa. Insieme a lui Guido Crosetto, presidente dell’Aiad, la federazione delle aziende italiane impegnate nell’aerospazio, difesa e sicurezza.

L’EXPORT MILITARE

Arrivata alla fine dell’anno (nell’ambito del decreto fiscale), la riforma del G2G è stata realizzata mediante una piccola modifica al Codice dell’ordinamento militare che, introducendo la capacità contrattuale per la Difesa, ha permesso al Paese di recuperare terreno su partner e competitor, almeno sulla carta. Difatti, c’è ancora da lavorare per rendere effettiva ed efficace la riforma, sia sul piano normativo, sia su quello operativo.

D’altra parte, ha notato Falsaperna, “il G2G non può essere considerato come una norma isolata, ma come un sistema di norme correlate che devono regolare i diversi ambienti in cui operiamo, a livello nazionale e internazionale”, a partire dal contesto dell’Unione europea, che presenta vincoli da dover attenzionare. L’approccio è quello della strategia-Paese per sostenere l’export di un settore strategico. “Il G2G – ha aggiunto il generale – è un insieme di comportamenti che tutte le componenti del sistema-Paese devono tenere per far sì che si vada nella stessa direzione”.

IL CASO FRANCESE

Direzione che dovrebbe garantire “maggiore rapidità” per le vendite che si sviluppano in ambito G2G rispetto ai contratti standard, ha notato Crosetto. L’idea è poter disporre di uno strumento che permetta vie privilegiate e certe all’export in un mondo a crescente competizione. Il benchmark di riferimento, ha spiegato il presidente dell’Aiad, può essere quello della Francia, che può contare su due tipi di interventi: uno affidato alla Direzione generale armamenti del dicastero della Difesa (G2G) classico) e uno consistente nel partenariato governativo, una sorta di trattato internazionale che passa anche dal Parlamento. Si tratta, ha detto il presidente dell’Aiad, di “strumenti che rendono più accattivante per i partner stranieri un legame nel campo della Difesa, dando il senso dell’importanza che lo Stato dà ad accordi G2G come strumento di cooperazione internazionale e di politica estera.

LA POLITICA ESTERA

Che ci sia una correlazione tra export della Difesa e peso nel contesto internazionale lo dimostra la graduatoria citata dallo Iai sui Paesi che esportano di più. “Cinque dei primi dieci sono membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu – ha detto Falsaperna – due sono eccellenze del settore, Germania e Israele, elemento che fa emerge il peso dell’efficienza e della competitività dell’industria”. Al settimo posto c’è la Spagna, “un caso che merita approfondimento”, nota il generale. Al nono posto l’Italia, per cui Falsaperna sottolinea “la capacità del campione nazionale”, per cui l’85% dei ricavi arriva proprio dall’export, a dimostrazione della “capacità di essere competitivi ed efficienti”.

COSA MANCA AL G2G ITALIANO

Per dare slancio a tali numeri occorre dare piena attuazione alla riforma G2G. In sostanza, si è riformulato l’articolo 537- ter del Codice dell’ordinamento militare introducendo la possibilità di svolgere “attività contrattuale”, esclusa dalle precedenti formulazioni dell’articolo, volta a “soddisfare le esigenze di approvvigionamento di altri Stati”, ma senza assunzione di garanzie finanziarie da parte del governo italiano. Ora, spiega lo studio dello Iai, “nonostante la recente introduzione dell’articolo 537-ter, l’attuale quadro legislativo presenta diverse criticità”. Prima di tutto, “non si prevede, al momento, un’adeguata procedura di approvazione governativa atta a stabilire quali siano i Paesi con i quali l’Italia può stipulare accordi G2G, nonostante i possibili risvolti politici”.

LACUNE NORMATIVE?

In secondo luogo, “non viene prevista alcuna misura esplicita per facilitare la movimentazione degli equipaggiamenti oggetto di accordo intergovernativo, con il rischio di avere tempistiche di autorizzazione all’export troppo lunghe”. Poi, c’è la necessità di “modificare il regolamento n. 104 del 6 maggio 2015, che si basa sulla precedente formulazione dell’articolo 537”, in particolare sulle attività che il ministero della Difesa dovrà compiere e tramite quali articolari. Agli aspetti normativi si aggiungono quelli operativi: “dal punto di vista operativo, ulteriori possibili criticità attengono alla mancanza di una significativa esperienza nella gestione di accordi G2G, di fatto impedendo al momento la verifica dell’efficacia della soluzione prevista dal regolamento”.

IN ATTESA DEL REGOLAMENTO

Su tutto questo si sta già lavorando. Mentre si procede con la modifica del regolamento, ha spiegato Falsaperna, è già stato avviato un tavolo interministeriale con gli altri dicasteri interessati (Maeci e Mef) per cercare di potere avanti tutte le attività. Anche perché, ha rimarcato il segretario generale della Difesa un accordo G2G nasce dall’esigenza di approvvigionamento prospettata da uno Stato estero. Ciò presuppone “accordi di cooperazione, elementi fondamentali per questo settore”. Si tratta di intese, memorandum e dichiarazioni “da tenere vivi”, considerando che il successivo accordo G2G potrebbe coinvolgere “una serie di attività come l’addestramento e il supporto logistico, che dunque riguardando per forza tutto il sistema della Difesa”. E così, come in passato SegreDifesa ha sostenuto l’export industriale pur senza capacità contrattuale, anche ora, in attesa del regolamento, si lavora su accordi che aprano poi al G2G.

I PUNTI DA CHIARIRE

Restano comunque alcuni punti da chiarire. Prima di tutto, i programmi di cooperazione internazionale, in trend crescente su tanti grandi progetti ambiziosi. “È fondamentale – ha detto Falsaperna – capire e scegliere dall’inizio il ruolo che il Paese vuole giocare nel contesto dei programmi internazionali”. Nel momento in cui si sceglie di cooperare con uno Stato, ad esempio, si deve tenere in considerazione quali sotto-sistemi sono forniti all’Italia da un altro Paese che potrebbe avere difficoltà ad accettare quell’accordo G2G. C’è poi il discorso europeo, con i programmi della Difesa comune già partiti (Edidp e Padr) in vista del più cospicuo Edf. “Dobbiamo stare attenti e vigili su ruoli e organi deputati alla somministrazione dei fondi”, a partire dalla nuova direzione generazione Difesa, industria e spazio della Commissione europea, rientrante nelle competenze del commissario francese Thierry Breton. “Non possiamo escludere – ha detto Falsaperna – un ruolo maggiore degli organi della comunità europea nel vigilare sul G2G”.

SOVRANITÀ TECNOLOGICA

A questi nodi da risolvere, che toccano anche il tema della proprietà intellettuale, si risponde con due elementi, ha spiegato il generale. Prima di tutto, con “l’acquisizione da parte del Paese della sovranità tecnologica in certi settore”. In altre parole, “non possiamo fare a meno di essere gli unici detentori di certe tecnologie”. Secondo (legato al primo), “dobbiamo creare un sistema di mutua dipendenza con i partner con cui sviluppiamo sistemi di difesa”, cioè “interdipendenza strategica con i nostri partner”. Così, ha concluso Falsaperna, “possiamo mettere al sicuro il G2G italiano”.

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