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Come massimizzare l’impatto del Recovery Fund. L’analisi di Scandizzo

In grandi numeri, e tenendo conto di vari fattori di incertezza, secondo le stime contenute nella Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef), il Recovery Fund (RF) dovrebbe fornire finanziamenti al governo italiano nel periodo 2021-2026 per circa 11 miliardi di euro all’anno di grant netti (tenendo conto del contributo italiano a questa parte del fondo) e circa 21 miliardi di Euro medi di prestiti per anno. Si tratta di medie aritmetiche probabilmente erronee per eccesso, poiché i fondi arriveranno in maniera graduale e inoltre si possono prevedere inevitabili ritardi amministrativi, legislativi ed esecutivi nella spesa e nella realizzazione dei progetti. Immaginando il caso più favorevole, l’uso di entrambi i finanziamenti potrebbe risultare in un incremento di investimenti pubblici aggiuntivi pari a circa 30 miliardi di euro per anno, che aggiunti al valore medio realizzato negli ultimi tre anni (stimabile in circa 25 miliardi), ne aumenterebbero più di due volte il volume complessivo.

Un plausibile effetto di breve periodo dal lato della domanda (con un moltiplicatore tra 1.1 e 1.5) sarebbe di 33- 45 mld di euro per anno, ovvero un contributo a un aumento del Pil per i 6 anni considerati tra 1.5 e 2.5 punti percentuali in media all’anno. Un ulteriore beneficio sarebbe fornito dalla riduzione dello spread e quindi da un risparmio del costo medio del debito. Il debito stesso peraltro aumenterebbe dell’intero ammontare dei fondi più la quota di finanziamento necessario a contribuire all’insieme dei grant. L’incremento del debito, anche se significativo, avverrebbe a costi molto contenuti o addirittura a tassi di interesse negativi. Infine, i progetti finanziati, se selezionati in modo appropriato, una volta realizzati, contribuirebbero alla crescita economica, espandendo la capacità produttiva del paese, sia attraverso la estensione della sua base produttiva, sia attraverso l’aumento della produttività dei fattori. Mentre il contributo alla domanda aggregata è limitato al periodo in cui i fondi vengono spesi, il contributo all’offerta fornito dalla realizzazione degli investimenti potrebbe essere strutturale e duraturo, consentendo finalmente all’Italia di sfuggire alla trappola della crescita zero in cui le circostanze precedenti alla pandemia sembravano condannarla.

Il calcolo precedente, tuttavia, presuppone che l’incremento di risorse finanziarie si traduca interamente e in tempi ragionevolmente brevi in investimenti reali aggiuntivi. Ciò sembra poco probabile per almeno due ragioni. Anzitutto, soprattutto per gli investimenti pubblici la capacità di implementazione di progetti di investimenti del sistema Italia non sembra dipendere da carenze di risorse finanziarie, ma da mancanza di capacità tecnico-economiche di pianificazione e realizzazione. La spesa in conto capitale destinata a finanziare investimenti pubblici nel periodo 2010- 2019 in Italia ha infatti subito un declino strutturale, passando dal 3.2% al 2.3% circa del Pil in termini lordi, a dispetto degli incrementi dei fondi messi a disposizione dalle autorità nazionali e comunitarie. Questa spesa, inoltre, è ampiamente maggiore del valore effettivo dei progetti realizzati che, soprattutto nelle infrastrutture, hanno fatto segnare record di ritardi e di mancate realizzazioni rispetto agli obiettivi programmati. In secondo luogo, anche in assenza del RF, la ripresa avrebbe richiesto l’impegno di risorse aggiuntive, da finanziarie in deficit, per tentare di espandere gli investimenti pubblici e far ripartire l’economia.

Da un lato ciò significa che i fondi RF, per quanto il governo possa impegnarsi nello spenderli “bene”, non potranno che aumentare in maniera limitata gli investimenti reali, a causa di fattori strutturali non finanziari (quali le capacità tecniche della PA) che ne impediscono la realizzazione oltre la soglia di un potenziale di assorbimento limitato. Dall’altro lato, la stima del valore addizionale del RF è ulteriormente limitata dalla considerazione degli stanziamenti che il Governo sarebbe stato indotto a fare, per aiutare la ripresa, in assenza del RF stesso. Per esempio, un’ipotesi plausibile è che in assenza del RF il Governo avrebbe comunque tentato di finanziare, seppur facendo ricorso a un indebitamento a più caro prezzo, un incremento degli investimenti pubblici almeno di 10 Miliardi di Euro per anno rispetto al loro valore precedente. Se ciò fosse vero, gli effetti aggiuntivi del RF sarebbero limitati a una spesa intorno ai 20 Mld di Euro per anno, con un impatto molto più contenuto sul PIL e sulla crescita. L’impatto sarebbe poi ancora minore se l’incremento di investimenti finanziato aumentasse le difficoltà strutturali di realizzazione dei progetti da parte degli stakeholder coinvolti e, in primo luogo, della PA, riducendone ulteriormente le capacità di assorbimento.

In conclusione, l’impatto del RF e di qualunque azione di finanziamento degli investimenti pubblici in Italia non dipende dal loro costo ridotto e dall’indebitamento limitato che essi causano, né soltanto dalla loro capacità di alimentare stanziamenti per spese in conto capitale di problematica realizzazione. Gli effetti reali sono invece legati alla capacità del governo di utilizzare questi fondi per realizzare investimenti con rendimenti economici elevati. Ciò richiede anzitutto una accelerazione senza precedenti non solo della spesa programmata in sede di bilancio, ma anche e soprattutto dei piani e progetti che ad essa dovrebbero dar seguito, con la rimozione degli attuali ostacoli strutturali alla loro programmazione e implementazione. Allo stesso tempo, questa accelerazione richiede prioritariamente che il governo si impegni in una ampia azione complementare di investimenti in capitale umano e sociale, in grado di far lievitare in tempi brevi le capacità tecniche della Pubblica Amministrazione, anche introducendo radicali innovazioni di processo al suo interno.

Solo se questa azione verrà intrapresa ed avrà successo, il RF potrà mobilizzare le risorse necessarie alla ripresa produttiva nei tempi richiesti, senza compromettere la qualità degli investimenti selezionati e la loro efficacia per la crescita economica del Paese.



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