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E adesso Giorgia Meloni si candidi (a sindaco di Roma)

Quando nella primavera del prossimo anno si voterà per eleggere il sindaco di Roma saranno dieci anni esatti dall’ultima occasione in cui la destra italiana ha avuto tra le mani le redini del governo nazionale, lasso di tempo che dovrebbe far riflettere un po’ tutti i dirigenti di quella parte politica. Dieci anni nei quali la funzione governo è stata sostanzialmente appannaggio di una singola forza politica, cioè il Pd.

Dieci anni nei quali a Roma si sono succeduti tre sindaci (Alemanno, Marino e Raggi) che sono accumunati da un destino simile, cioè quello di aver deluso le aspettative degli elettori che li hanno scelti per il Campidoglio.

Dieci anni nei quali si è consumato a destra un profondo cambiamento nelle figure di vertice e negli equilibri di forza, poiché Salvini ha preso il posto di Umberto Bossi quadruplicando i consensi della Lega, Giorgia Meloni ha fondato Fratelli d’Italia mettendosi a capo dell’area politica che Gianfranco Fini ha guidato a lungo e Silvio Berlusconi ha visto ridursi notevolmente i voti per il suo partito, per lungo tempo il più votato della coalizione e oggi stabilmente al terzo posto.

Nel frattempo la città è notevolmente peggiorata ed oggi versa in condizioni non degne della capitale di una grande nazione moderna e forte quale vorremmo (e dovremmo) essere.

In questo contesto si va alla ricerca di candidature per la sfida del prossimo anno, con a sinistra l’emergere di una figura (Carlo Calenda, romano e già ministro nei governi Renzi e Gentiloni) di sicuro peso, come anche evidenziato da recenti rilevazione (Euromedia Research per fare un esempio). A destra invece si vive una situazione abbastanza paradossale, per il semplice fatto che un candidato vincente c’è (o meglio ci sarebbe), ma l’interessata sembra non volerne sapere.

Parliamo proprio di Giorgia Meloni (anch’essa romana, anzi romanissima), brillante e combattiva leader del partito più in crescita del panorama politico nazionale, figura che tutti i sondaggi indicano come favorita. Siccome però Meloni nega di essere interessata alla partita, vogliamo qui proporre un semplice ragionamento, anzi, più che semplice: elementare.

Il ragionamento suona così: Meloni farebbe bene a candidarsi e se non lo fa sbaglia di grosso. Sbaglia per sé (e fin lì potrebbe anche essere poco interessante per gli altri) ma, soprattutto, sbaglia per la città, per la sua parte politica e anche per l’intero sistema istituzionale della Repubblica.

Le ragioni sono presto dette e provo ad elencarle qui di seguito (sono cinque).

1. Candidandosi (con elevatissima probabilità di vincere) Meloni darebbe alla destra italiana una sostanza di governo che oggi non ha, a meno di fare riferimento ad alcuni governatori come Luca Zaia. Troppi anni fuori dal governo hanno infatti reso la destra del tutto marginale nei giochi che contano a livello italiano ed internazionale, con evidenti conseguenze negative (in particolare a livello europeo);

2. Un leader politico nazionale e sovranazionale (Meloni guida il coordinamento dei partiti conservatori Ue) darebbe alla città di Roma un sindaco del livello che merita, tornando (per peso politico) ai tempi di Rutelli e Veltroni, cioè quelli degli ultimi sindaci che hanno lasciato il segno;

3. La sua stessa carriera politica riceverebbe un forte impulso di credibilità, perché andrebbe a ricoprire (in caso di vittoria) uno dei ruoli chiave nella divisione dei poteri a livello nazionale, poiché è chiaro a tutti che il sindaco di Roma e molto ma molto di più che il primo cittadino della città;

4. L’operazione avrebbe anche un effetto moltiplicatore sulla capacità della destra italiana di avviare finalmente un percorso di costruzione di una classe dirigente nazionale, progetto essenziale in vista delle elezioni politiche che subirebbe una forte accelerazione nel caso di impegno diretto del sindaco della capitale;

5. Infine anche le legittime ambizioni della Meloni e del suo partito in vista delle elezioni politiche troverebbero un motivo di rafforzamento, perché potrebbe agire in campagna elettorale forte dei primi risultati positivi (non così difficili da ottenere) in città.

Certo, molti indicano Giorgia Meloni come possibile premier nel 2023 in caso di vittoria della destra. Però questo schema non è affatto consolidato in presenza di una perdurante maggior forza elettorale della Lega e, comunque, qualora si giungesse a quella ipotesi non sarebbe eresia lasciare l’incarico, perché (alla fine) il primo capo del governo donna della storia nazionale è motivo sufficiente per dimettersi da sindaco.

La conclusione è semplice: Meloni si candidi a sindaco di Roma, è la cosa giusta.

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