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Ad avvelenare Navalny è stato l’Fsb. Su ordine di Putin?

Dietro alla decisione dell’Unione europea e del Regno Unito di sanzionare Alexander Bortnikov, il capo dell’Fsb, ci sarebbero ricostruzioni portate avanti dall’intelligence inglese, francese e tedesca: l’Fsb, i servizi segreti interni russi, sarebbero responsabili dell’avvelenamento di Alexei Navalny.

È impossibile, dice un report sull’avvelenamento, che l’Fsb non sia coinvolto: questo anche soltanto perché la sostanza usata – un agente nervino della famiglia del Novichok – è piuttosto particolare e accessibile soltanto dalle più alte sfere del governo, dunque dell’intelligence e della Difesa.

È stato lo stesso Navalny a spiegare questo meccanismo nella prima intervista (concessa allo Spiegel) dopo aver subito per lungo tempo le conseguenze cliniche severe del veleno. Inizialmente in coma farmacologico, era stato trasferito dal nosocomio siberiano dove era stato soccorso al Charité di Berlino.

Secondo lui non solo quel nervino è accessibile soltanto ad alti ufficiali di strutture come l’intelligence interna o estera (Svr), o dai servizi segreti della Difesa (Gru), ma dietro all’ordine di azione ci sarebbe lo stesso Vladimir Putin. Quanto al cui prodest, basterebbe guardare i risultati delle amministrative.

Putin ha dimostrato che l’avvelenamento di Navalny aveva un senso: vincere le elezioni amministrative e confermare la presa sul potere, ossia la capacità di mobilitare masse di fedelissimi e spostare i propri voti nelle urne. Nei collegi dove l’attivista aveva fatto campagna elettorale, i putiniani infatti sono andati male.

Non bastasse: Navalny, uno dei più noti oppositori del presidente e leader della lotta iper-mediatico contro la corruzione, era sotto stretta osservazione dell’Fsb. Quando è stato avvelenato era di rientro a Mosca da un viaggio elettorale in Siberia, dove i servizi segreti lo hanno tenuto sotto monitoraggio.

“In queste circostanze e tenendo conto che Navalny era sotto sorveglianza al momento del suo avvelenamento, è ragionevole concludere che l’avvelenamento era possibile solo con il coinvolgimento del Servizio di sicurezza federale”, dice il rapporto con cui l’Ue spiega le sanzioni contro sei individui e un’entità statale.

Secondo fonti sentite dal Dossier Center, un media investigativo russo basato a Londra, l’intelligence – o meglio dire il Cremlino – non voleva uccidere Navalny, ma solo mandare un messaggio a tutti gli oppositori. Per questo sarebbe stato attivato il Secondo Servizio, unità dell’Fsb che segue i dissidenti.

Modellata sul modello della Quinta Direzione del Kgb, si tratta di una squadra speciale che si occupa di raccogliere informazioni (possibilmente scabrose) sulle opposizioni e se serve passa all’azione. Quanto alla scelta del Novichok: il veleno doveva essere riconoscibile per un avvertimento chiaro.

Del coinvolgimento diretto dell’Fsb è convinto anche il Foreign Office britannico: “Il Regno Unito e i suoi partner hanno convenuto che non esiste una spiegazione plausibile per l’avvelenamento di Navalny, a parte il coinvolgimento e la responsabilità della Russia”. Londra è molto dura con Mosca.

Lo scontro russo-inglese si lega a un altro avvelenamento, avvenuto a Salisbury (sud dell’Inghilterra) due anni fa. Oggetto dell’attacco portato avanti dal Gru un’ex spia russa, disertore. Anche in quel caso fu usato il Novichok, veleno che rappresenta una firma ormai inequivocabile del Cremlino.


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