Tre fonti fanno sapere a Politico in forma anonima – ma in sostanza assolutamente interessata – che l’amministrazione Trump ha chiesto allo Strategic Command di verificare i tempi con cui bombardieri, sottomarini e rampe di lancio terrestri possono essere armati con gli assetti nucleari. Lo StratComm della Offutt Air Force Base, in Nebraska, è responsabile delle armi atomiche degli Stati Uniti, e questa istanza ha una contingenza temporale chiara: la verifica è richiesta in vista della possibilità che a febbraio 2021 il trattato New Start non venga rinnovato. Un’organizzazione per non restare impreparati su un quadro ampio che potrebbe verificarsi, vediamo.
New Start è un trattato per la riduzione dell’arsenale nucleare firmato nell’aprile del 2010 tra Usa e Russia – Start sta per Strategic Arms Reduction Treaty. Attualmente è l’unica intesa ancora vigente in materia di disarmo nucleare e sta traballando per una serie di questioni. Primo, gli americani vorrebbero includere non solo i missili balistici a gittata intercontinentale, ma anche quelli a medio raggio (c’era un trattato specifico, Inf, ma da agosto 2019 non esiste più). Secondo, coprire con il nuovo accordo tutte le testate nucleari e sottoporle a una serie severa di verifiche (implicita un’accusa contro la Russia che avrebbe, nonostante il trattato, continuato a sviluppare gli armamenti nucleari). Terzo, e soprattutto: gli americani vorrebbero includere nell’intesa la Cina.
La Cina è una delle principali ragioni per cui l’Inf è finito, e per cui New Start rischia altrettanto di naufragare. Pechino è una potenza navale in crescita, e contenerla è la più grossa volontà strategica americana dietro ai movimenti che riguardano il settore delle armi atomiche. Per questo Washington è molto frustrata con Mosca, perché vorrebbe usarla per instaurare una forzatura sui cinesi ma trova opposizione – la volontà americana è di valore strategico anche perché non riguarda solo il contenimento cinese, ma pure la possibilità di costruire una spaccatura, un’apertura tra la bromance geopolitica eurasiatica tra Cina e Russia.
Secondo l’intelligence americana (assessment di maggio 2019) nel giro di pochi anni il Partito/Stato cinese avrà in mano un arsenale atomico raddoppiato in termini di dimensioni: ma questa valutazione sottintende anche una maggiore qualità tecnologica, dato che i nuovi assetti cinesi saranno basati su sistemi più moderni. La forza nucleare è un elemento centrale per una potenza, parte della proiezione globale cinese – ed è chiaro che Washington ne sia preoccupata (anche perché un fanta-scontro tra potenze potrebbe interessare molto più Pechino che Mosca).
Per ora la Russia non ha ottenuto dagli Usa qualcosa di concreto in cambio dell’eventuale impegno con la Cina, anche perché il Cremlino sa di aver investito già negli anni precedenti sul nucleare, e dunque di avere un vantaggio contro un Pentagono che si è più concentrato sulla modernizzazione della guerra convenzionale. Nell’ottica, la Russia sarebbe seconda sulle armi atomiche, dopo la Cina. Il tema è dunque sempre Pechino, croce americana del momento. Una priorità in cima all’agenda statunitense messa perfettamente in chiaro anche durante la visita del Segretario di Stato americano in Italia di questi giorni. E dunque, in Nebraska ci si prepara a quello che potrebbe succedere tra pochi mesi.