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Unioni civili, così Francesco sugli omosessuali contrasta i pregiudizi. Il commento di Cristiano

Ora che il mondo ha bisogno di pensarsi fraterno, il messaggio di Francesco acquista un significato che va al di là del suo messaggio esplicito, e ci invita ad applicare criteri e non pregiudizi nei nostri rapporti, tra persone certamente diverse, ma “della stessa carne”

“Le persone omosessuali hanno il diritto di essere in una famiglia. Sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge sulle unioni civili. In questo modo sono coperti legalmente. Mi sono battuto per questo”.

Le parole di papa Francesco, che non sono riferite all’Italia e che sono state anticipate di poche ore rispetto alla diffusione del documentario che le contiene, prendono atto di una realtà e sensibilità ormai diffusa da anni. Una realtà alla quale ha certamente contribuito lui stesso, da quando disse la celebre frase in merito all’ipotizzata esistenza di una lobby omosessuale in Vaticano: “Si deve distinguere il fatto che una persona è gay dal fatto di fare una lobby. Se è lobby, non tutte sono buone. Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?”. Poi sullo specifico, cioè a favore delle unioni civili, si sono pronunciati importanti esponenti della Chiesa, come il cardinale-presidente della Cei, Gualtiero Bassetti. Tutto questo è vero e noto, ma è anche vero e noto che un pregiudizio contro gli omosessuali permane, in molti ambienti, anche cattolici.

È questo pregiudizio che bisogna comprendere per capire che cristianesimo ha in mente Francesco davanti ai problemi del mondo d’oggi. Da un punto di vista cristiano, infatti, quale ragione può esserci per non trovare logica ed evangelica la posizione espressa dal papa visto e considerato che salva, ovviamente, l’unicità del matrimonio quale unione ineguagliabile da altre tra un uomo e una donna?

Il criterio da archiviare origina nell’erronea lettura del famoso racconto biblico relativo a Sodoma e Gomorra. Il grave peccato che il racconto biblico indica infatti a carico di quelle popolazioni non è quello di  pratiche omosessuali, ma quella della dichiarata negazione dell’ospitalità verso lo straniero. Nel tempo questo pregiudizio però è rimasto, sebbene questa lettura sia acquisita ormai da tempo nelle parrocchie di tanti Paesi. Ma nonostante ciò, quando proprio questo è stato recentemente affermato anche in un volume pubblicato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, molti hanno a dir poco eccepito.

In definitiva l’affermazione del papa rafforza la percezione di un cristianesimo che si fa vicino, prossimo alle persone che vivono con esso in questo tempo. È quello che si afferma nell’enciclica “Fratelli tutti”, è quello che il papa ha detto ieri, all’incontro promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, “pace e fraternità.” E cosa ha detto? Ha detto che quando venne crocifisso Gesù alcuni passanti dissero passando lì accanto “salva te stesso”. Ecco le sue parole: “Lo dicono per primi ‘quelli che passavano di là’. Era gente comune, che aveva sentito Gesù parlare e operare prodigi. Ora gli dicono: ‘Salva te stesso, scendendo dalla croce’. Non avevano compassione, ma voglia di miracoli, di vederlo scendere dalla croce. Forse anche noi a volte preferiremmo un dio spettacolare anziché compassionevole, un dio potente agli occhi del mondo, che s’impone con la forza e sbaraglia chi ci vuole male. Ma questo non è Dio, è il nostro io. Quante volte vogliamo un dio a nostra misura, anziché diventare noi a misura di Dio; un dio come noi, anziché diventare noi come Lui! Ma così all’adorazione di Dio preferiamo il culto dell’io. È un culto che cresce e si alimenta con l’indifferenza verso l’altro. A quei passanti, infatti, Gesù interessava solo per soddisfare le loro voglie. Ma, ridotto a uno scarto sulla croce, non interessava più. Era davanti ai loro occhi, ma lontano dal loro cuore. L’indifferenza li teneva distanti dal vero volto di Dio. Salva te stesso. In seconda battuta si fanno avanti i capi dei sacerdoti e gli scribi. Erano quelli che avevano condannato Gesù perché rappresentava per loro un pericolo. Ma tutti siamo specialisti nel mettere in croce gli altri pur di salvare noi stessi. Gesù, invece, si lascia inchiodare per insegnarci a non scaricare il male sugli altri. Quei capi religiosi lo accusano proprio a motivo degli altri: ‘Ha salvato altri e non può salvare se stesso!’. Conoscevano Gesù, ricordavano le guarigioni e le liberazioni che aveva compiuto e fanno un collegamento malizioso: insinuano che salvare, soccorrere gli altri non porta alcun bene; Lui, che si era tanto prodigato per gli altri, sta perdendo sé stesso! L’accusa è beffarda e si riveste di termini religiosi, usando due volte il verbo salvare. Ma il “vangelo” del salva te stesso non è il Vangelo della salvezza. È il vangelo apocrifo più falso, che mette le croci addosso agli altri. Il Vangelo vero, invece, si carica delle croci degli altri”.

Ora, letto un brano come questo, si può pensare di negare il diritto a un’unione civile a due omosessuali perché tali, indifferenti al fatto che si vogliono bene e vogliono vivere insieme? Questa logica “rivoluzionaria” del cristianesimo rispetto a sistemi valoriali che non si fondano sul rispetto della dignità di ogni persona umana si è incontrata nel corso della storia con tante esigenze, difficoltà, urgenze, ma anche comprensioni problematiche che nel corso del tempo si sono chiarite. Ora che il mondo ha bisogno di liberarsi da troppi pregiudizi per tornare a pensarsi fraterno, questo messaggio di Francesco acquista un significato che va al di là del suo messaggio esplicito, e ci invita ad applicare criteri e non pregiudizi nei nostri rapporti, come dice lui tra persone certamente diverse, ma “della stessa carne”.

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