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Il Pd riparta dal riformismo per incalzare M5S (con un occhio all’Emilia-Romagna). Parla Panarari

Gli esiti dei ballottaggi alle elezioni comunali ridisegnano un quadro, a tratti nuovo, a tratti confermativo degli equilibri politici nei territori. Balzano all’occhio due dati: la vittoria del Movimento 5 Stelle a Matera e la conferma per un soffio del centrosinistra a Lecco, oltre che la conquista di Chieti. Questi e altri scenari sparsi in giro per l’Italia (a partire dal trionfo delle civiche a Crotone) sono al centro di un’analisi che il sociologo della comunicazione, saggista e docente universitario Massimiliano Panarari declina in chiave di “opportunità di rilancio per il Pd”.

Panarari prende le mosse dal tipo di riflessi che il risultato elettorale sui territori potrebbe avere sulla tenuta dell’esecutivo. “Penso che il Pd possa fare a meno dei 5 Stelle, contrariamente a quanto si pensi – dice Panarari – e questi risultati lo confermano. Il governo risulta rafforzato dopo i ballottaggi e in particolare dopo la performance positiva post elezioni regionali e post consultazione referendaria. Però, è un dato di fatto che il beneficio per il Movimento 5 Stelle a seguito della vittoria del sì al taglio dei parlamentari si sia già consumato”.

Ora quindi per il presidente Giuseppe Conte si pone un grande tema. “Il governo può continuare ad essere un esecutivo del ‘rinvio’ oppure può sfruttare questa congiuntura per dare seguito a un primo tentativo di risistemazione del Paese”. Operazione quest’ultima che, a detta di Panarari, si rivelerà ancora più urgente alla luce della “grande crisi a cui il Paese andrà incontro di qui ai prossimi mesi”. Ed è in questo frangente che il Pd potrebbe avere la sua grande occasione di riscatto.

“I dem – analizza il sociologo – hanno l’opportunità di riconfermarsi come una forza davvero riformista, europeista e soprattutto in grado di riequilibrare l’azione governativa”. Insomma, uno schieramento con la storia che ha il Partito democratico “non si può accontentare di atti simbolici, deve riuscire a plasmare e a dettare l’agenda politica di Conte. Anche perché è chiaro ed evidente che fino ad oggi la leadership è stata dettata dal Movimento”. Fermo restando che proprio Conte è emanazione diretta delle “Cinque stelle”. La ricetta per dare un nuovo sprint progressista all’esecutivo, secondo Panarari, affonda le radici nell’europeismo. “Il Pd deve orientarsi ad un’azione netta verso l’accettazione del ‘Mes’ – sentenzia il docente – anche perché le risorse del Recovery Fund sono ancora lontane e incardinate in gangli europei non semplici. Nel frattempo però il debito pubblico è esploso e nel Paese c’è un assoluto bisogno di liquidità”.

Nella logica territoriale, Panarari sostiene che i dem debbano ripartire dal modello Emilia-Romagna guidata da Stefano Bonaccini, anche per allargare lo spettro di un possibile elettorato. “Il Pd deve valorizzare i territori e quella proposta che viene dall’Emilia-Romagna, per dimostrare di rappresentare anche il nord produttivo, non in logica assistenziale – riprende -. Il Pd deve tornare ad essere partito di riferimento del ceto medio, fornendo risposte che si articolino anche sul rilancio dell’apparato produttivo e dei talenti imprenditoriali che rappresentano per il Pd, da sempre, un grande vulnus”. Il compito del segretario Zingaretti deve essere dunque quello di candidare il Partito democratico ad essere “il perno della politica italiana. Il nodo politico è rappresentato dal ripensare il partito all’insegna di una vocazione maggioritaria, tornando all’origine e soprattutto uscendo dall’abbraccio coi grillini”.

Dalla teoria alla pratica però, ci stanno di mezzo i voti. E Panarari lo sa bene. Così come è palese che il Pd, con le sue forze, non può portare avanti in solitaria la svolta riformista che il docente auspicherebbe. L’operazione da portare avanti invece è “aprire ad alleati di centro per concretizzare la svolta riformista”.

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