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Un punto per Salvini. Così le udienze di Catania possono cambiare la politica dell’immigrazione

Le udienze preliminari sul caso della nave Gregoretti e sull’accusa di sequestro di persona a carico di Matteo Salvini ricostruiranno il quadro delle politiche migratorie degli ultimi anni. Il giudice di Catania Nunzio Sarpietro ha infatti deciso di ampliare l’istruttoria stabilendo di ascoltare il 20 novembre il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e gli ex ministri del Movimento 5 Stelle Elisabetta Trenta (Difesa) e Danilo Toninelli (Infrastrutture e Trasporti), mentre il 4 dicembre ascolterà il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e quello dell’Interno, Luciana Lamorgese. Con loro sarà anche l’ambasciatore Maurizio Massari, rappresentante permanente presso l’Unione europea. Inoltre, il gup ha deciso di acquisire gli atti degli sbarchi avvenuti nello stesso periodo.

UN PUNTO A FAVORE DI SALVINI

La difesa del senatore aveva chiesto che venisse ascoltato solo l’attuale titolare del Viminale, mentre il giudice ha deciso di aggiungere altri politici. L’avvocato Giulia Bongiorno (ferita a una gamba da una lastra di marmo caduta dalla parete del tribunale) ha precisato che aveva proposto al suo “cliente” di aggiungere anche Conte e gli altri ministri ed è stato Salvini a non volere nessuna chiamata di correità assumendosi in proprio l’eventuale responsabilità. Nell’ordinanza il giudice parla di contraddizioni nel fascicolo processuale, ha spiegato Bongiorno, e dunque il ministro Lamorgese dovrà chiarire “se la procedura contestata fosse trasparente” e se anche nel governo Conte II si agisca così. “Abbiamo sottolineato che la procedura seguita per il caso Gregoretti non era iniziativa estemporanea di Salvini che voleva sequestrare le persone – ha aggiunto l’avvocato -, ma la scelta di attendere, prima di far sbarcare i migranti, nell’ambito di una procedura così come prevista nel contratto di governo e dal Consiglio europeo del 18 giugno 2018, procedura che prevede un tempo di due settimane, ben più lungo dunque di quello utilizzato da Salvini”, dunque “una flessibilità che è parte degli accordi tra gli Stati membri”.

SODDISFAZIONE EVIDENTE

Dopo dichiarazioni contrastanti alla vigilia su eventuali dichiarazioni, l’avvocato Bongiorno ha detto che “Salvini è a disposizione per eventuali dichiarazioni al giudice” e che sono “moderatamente soddisfatti”. Il leader leghista lo è molto di più: lo si capisce dai sorrisi e dal tono moderato usato nella conferenza stampa e infatti si è definito “molto contento” ribadendo di non aver agito da solo. È soddisfatto della decisione del gup e della rinnovata richiesta di archiviazione da parte della Procura così come non ha perso l’occasione per rinfacciare ai 5 Stelle e a Conte (senza nominarli) di non cambiare “se sono al governo o all’opposizione, a differenza di altri. Sono strafelice di non essere in vendita”. In aggiunta, una lastra di marmo che solo per caso non ha causato una tragedia lo ha spinto ad attaccare il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e forse anche su questo ci saranno strascichi giudiziari.

FU AZIONE DI GOVERNO?

Breve riassunto dei fatti. Era il luglio 2019 quando 131 migranti restarono quattro giorni a bordo della nave della Guardia costiera prima di essere sbarcati ad Augusta (Siracusa): seguirono la richiesta di archiviazione della procura distrettuale di Catania e la richiesta di autorizzazione del Tribunale dei ministri, concessa dal Parlamento perché nel frattempo era nato il Conte II e il Movimento 5 stelle, che aveva votato a favore di Salvini nel caso della nave Diciotti, sulla Gregoretti gli votò contro. Il leader leghista ha sempre sostenuto che i migranti non furono fatti scendere perché si attendeva un accordo europeo per la redistribuzione e che, in generale, agì per difendere i confini nazionali. Secondo il Tribunale dei ministri, invece, si trattò di una “mera volontà politica” e che quelle decisioni costituirono una “esplicita violazione delle convenzioni internazionali”. Il suo veto all’indicazione di un porto sicuro (Pos, place of safety) da parte del Dipartimento per l’immigrazione del Viminale ha comportato una “illegittima privazione” della libertà personale dei migranti. L’avvocato Bongiorno ha invece precisato che il Pos fu concesso in tempi rapidissimi.

IN ATTESA DELL’OPEN ARMS

Decidere se fu o meno un atto politico, anche attraverso le numerose testimonianze, potrebbe cambiare le sorti del processo: una scelta collettiva rientra nell’autonomia di un governo, ancor di più se applicando accordi europei, e non dovrebbe essere sindacata dalla magistratura. Da questo punto di vista la decisione del giudice Sarpietro, presidente della sezione Gip del Tribunale di Catania, sarà importante anche in prospettiva perché tra non molto sarà fissata la prima udienza per il caso Open Arms nel quale Salvini dovrà difendersi da un’altra accusa di sequestro. La vicenda della nave ong risale all’agosto 2019, cominciata all’inizio del mese e conclusa dopo Ferragosto: in mezzo ci fu la crisi di governo voluta da Salvini e gli amici divennero i nemici. In questo caso sarà molto difficile sostenere un’azione collettiva di governo visti gli scontri con il presidente Conte e con i ministri Trenta e Toninelli.

È stato rilevato spesso che, con Lamorgese al Viminale, in più occasioni migranti sono rimasti a bordo in attesa della redistribuzione, in particolare dopo l’accordo di Malta. La differenza con l’Open arms potrebbe nascondersi dietro la collegialità o meno della decisione: Gregoretti e i casi dell’attuale governo paiono diversi da quello della nave dell’ong al centro dello scontro di agosto. Le testimonianze potrebbero fare chiarezza anche su questo.

FRIZIONI SUI DECRETI SICUREZZA

Protagonista suo malgrado a Catania, Salvini sarà il convitato di pietra nel Consiglio dei ministri del 5 ottobre che dovrebbe discutere delle modifiche ai decreti sicurezza, meno sicure che nei giorni scorsi. Nonostante un accordo di maggioranza su una riscrittura radicale, che andrebbe oltre le osservazioni del presidente Sergio Mattarella, il Movimento 5 Stelle sta cercando di frenare il Partito democratico che invece non vuole saperne. Cambiare radicalmente norme che il Movimento ha condiviso con Salvini potrebbe lacerare ancora di più i parlamentari e i militanti. Una scelta che arriverebbe all’indomani di elezioni amministrative molto negative e a pochi giorni dalle parole di Alessandro Di Battista che ha definito l’alleanza con il Pd “la morte nera” e la scelta di un vertice collegiale motivata solo dal non volere che lui stesso diventi capo politico. Parole che aumentano i malumori nei gruppi parlamentari. Se non ci fosse un ulteriore rinvio sui decreti sicurezza, non si potrebbe escludere l’ennesima approvazione “salvo intese” allungando i tempi della resa dei conti.



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