Il mondo del lavoro è chiamato a confrontarsi con il passaggio dal lavoro da remoto, il cosiddetto “smartworking semplificato” sperimentato durante l’emergenza Covid, a una nuova normalità, in cui il lavoro agile diventa un percorso strutturato di flessibilità, una modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. Si tratta quindi di implementare nuovi modelli organizzativi, capaci di accrescere la produttività e, al tempo stesso, promuovere un work-life balance più funzionale.
Gli scenari evolutivi del lavoro post-Covid sono stati oggetto della tavola rotonda dello scorso 29 settembre “Il futuro del lavoro”, l’annuale appuntamento organizzato da HRC Group, il network che riunisce 400 direttori delle risorse umane e amministratori delegati delle principali aziende italiane e multinazionali.
“Non si tratta di individuare il futuro del lavoro, ma di disegnare il lavoro del futuro – come sostiene Giordano Fatali, presidente e fondatore di HRC Group – L’incontro ha voluto rappresentare una piattaforma di confronto tra i principali attori in campo, istituzioni, imprese, società civile e parti sociali, per capire come, partendo dall’esperienza di ciascuno, si possano delineare nuove modalità di organizzazione e relazione tra le parti nel sistema lavorativo che consentano di passare dall’emergenza a una nuova normalità grazie a due prerequisiti fondamentali: il coraggio, indispensabile per intraprendere la strada del cambiamento, e la saggezza, necessaria per governare le scelte sul tema del lavoro, determinante per il futuro non soltanto dei giovani ma anche dei lavoratori con più anzianità che necessitano anch’essi di formazione e qualificazione continua”.
La formazione è la principale leva attivata dalle aziende per valorizzare il capitale umano, vero patrimonio dell’impresa e strumento essenziale per essere al passo con un mercato in costante evoluzione. “La vera rivoluzione operata da Enel negli ultimi anni è stata porre innovazione e sostenibilità al centro del proprio paradigma non solo strategico, ma anche organizzativo. Per primi abbiamo creato una Direzione di Innovazione e Sostenibilità totalmente integrata nelle attività e nelle operatività di Enel. – sottolinea Carlo Tamburi, direttore Enel Italia – Grazie alla nostra strategia Open Power, siamo passati da una struttura aziendale di tipo tradizionale e verticale ad una più trasversale, che prevede l’ascolto di tutti gli stakeholder, non solo quelli finanziari e gli azionisti, ma anche le associazioni, i sindacati, i clienti, le comunità locali e ovviamente i dipendenti. Abbiamo lavorato alla formazione sulle modalità di interazione, sul guardare ai rapporti con gli altri colleghi in modo più orizzontale, e questo approccio ‘agile’, meno gerarchico, ha stimolato le nostre persone a proporre nuove soluzioni e idee e ha permesso di lavorare con maggiore responsabilità e produttività”.
Innovazione e sostenibilità sono talmente parte delle strategie delle imprese da diventare delle vere e proprie modalità di produzione e di lavoro che permeano la struttura stessa dell’azienda. “Negli ultimi anni la forte attenzione alle tematiche ambientali ha portato ad una loro crescente integrazione all’interno delle linee di azione delle imprese. Ciò implica un profondo ripensamento dei modelli di mobilità, che tra l’altro dovranno promuovere una sempre maggiore sinergia pubblico-privato attraverso forme di mobilità condivisa che garantiscano efficienza, sostenibilità, sicurezza e accessibilità. – afferma Mauro Caruccio, amministratore delegato di Toyota Motor Italia – La vera sfida per la nostra azienda sarà essere “ambidestri”, gestire il business più consolidato coltivando allo stesso tempo lo sviluppo della mobilità del futuro e la trasformazione digitale. Le forze del cambiamento che stanno rivoluzionando il nostro settore sono il progresso tecnologico e il comportamento dei consumatori. Connettività, Automazione, Sharing Mobility, ed Elettrificazione dei sistemi di trazione sono le grandi sfide che dobbiamo affrontare. Sfide che il Gruppo Toyota intende affrontare mettendo al centro il fattore umano, perché la tecnologia sarà sempre un fattore abilitante che amplifica le potenzialità umane”.
L’evoluzione delle strategie aziendali, accelerata anche dall’emergenza Covid, porta necessariamente ad un cambiamento anche nelle modalità di organizzazione del lavoro. È importante individuare nuovi modelli che tengano conto delle sfide del futuro valorizzando il contributo del singolo e le sue competenze nel raggiungimento degli obiettivi aziendali, in un’ottica di maggiore autonomia e responsabilizzazione dell’individuo.
Un percorso virtuoso che può essere favorito dall’adozione di un “modello misto” di lavoro, da remoto e in presenza, come suggerisce nel dibattito Marina Irace, direttore risorse umane di Almaviva: “Siamo di fronte ad un nuovo modello di lavoro, basato su flessibilità, fiducia e responsabilità, che pone ancora di più attenzione all’individuo e all’apporto che il singolo con le sue competenze può dare al risultato collettivo. Valorizzare il capitale umano significa riconoscere il patrimonio di esperienza che il singolo mette a disposizione dell’azienda, anche in sede di contrattazione. Contrattazione che deve spostarsi a livello aziendale, per tenere conto delle specificità di ogni azienda, e muoversi nel quadro di una normativa chiamata a disciplinare il tema della sicurezza sul lavoro e della responsabilità datoriale una volta che parte della prestazione lavorativa si sposta fuori dall’impresa”.
Un approccio in linea con quanto sostenuto da Marco Bentivogli, per anni sindacalista e ora esperto di politiche del lavoro e di innovazione industriale, che immagina un “Progetto Lavoro” che tenga conto del benessere e del diritto alla formazione di ciascuna persona, con l’obiettivo di costruire un welfare avanzato: “L’accelerazione del processo di digitalizzazione impressa dalla pandemia ha scongelato alcuni riferimenti rigidi del lavoro, legati a spazi, tempi, luoghi e orari. Si tratta di costruire una contrattualistica nuova del lavoro, in cui il rapporto di reciprocità non è più basato sullo scambio tra salario e prestazione lavorativa, ma tra maggiore libertà e maggiore responsabilità delle persone. Un progetto di lavoro che tenga in considerazione il benessere della persona implica una visione del welfare avanzata, capace di soddisfare bisogni sociali e diritto soggettivo alla formazione, che deve essere garantito durante tutto l’arco della vita lavorativa”.
Mettere l’individuo al centro delle politiche di sviluppo aziendali significa anche prestare sempre maggiore attenzione al tema della diversity e dell’inclusione, ovvero favorire la contaminazione tra persone di genere, età ed etnie differenti, ma anche portatrici di esperienze derivanti da un background lavorativo diverso, così da promuovere la diffusione di idee nuove e innovative.
Per Rossella Gangi, direttrice human resources di Windtre, “in un futuro dominato dalla tecnologia, è fondamentale assicurare alle nuove generazioni e, in particolare, alle giovani donne la possibilità di acquisire le competenze chiave in grado di abilitare un’effettiva parità di accesso al mondo del lavoro e alle professioni emergenti. Per questo, occorre creare un ecosistema virtuoso di collaborazione pubblico-privato, che veda aziende, istituzioni, scuole e università fare rete per attivare un profondo cambiamento culturale, volto a raggiungere a uno sviluppo più inclusivo della nostra società”.