“Se non facesse così, non sarebbe Trump”. Chi pensa di leggere le peripezie elettorali del presidente americano Donald Trump con la lente della “coerenza” rischia di prendere una cantonata. Parola di Maria Giovanna Maglie, giornalista, a lungo corrispondente per la Rai negli Stati Uniti. Altro che calare il sipario. Il contagio del coronavirus può tirare la volata al Tycoon a meno di un mese dalle elezioni, dice a Formiche.net.
Maglie, Trump esce dall’ospedale più debole o più forte di prima?
Non credo che la malattia danneggi la sua immagine, anzi. Lo fa essere un primus inter pares. Da sempre la “monarchia” americana vuole che il “re” sia in perfetta salute, non a caso i report sulle condizioni fisiche del presidente sono periodici e pubblici. In passato ci sono stati presidenti che hanno perso le elezioni per la loro salute. Come Bush padre, che si giocò la rielezione perché prendeva antidepressivi e ha rimesso addosso al presidente giapponese. Ma il Covid ha cambiato questa percezione.
Il presidente ha più volte sottovalutato la gravità del virus. Non ne esce benissimo…
Perché ha scelto di non trincerarsi dentro la Casa Bianca? Perché, come Boris Johnson, ha sfidato la malattia, al contrario di Biden, che è stato tutto il tempo dentro a un bunker? Ma questo è ciò che fa un leader.
Un leader dà l’esempio. E questa scelta lancia il messaggio del “libera tutti”, in un Paese che ne ha seppelliti più di 200mila.
Trump non aveva alternative. Sotto elezioni un leader deve farsi vedere. Non è vero che ha negato il Covid. Ha delegato la gestione della pandemia ai governatori, senza trascinarsi in quei ridicoli tiri alla fune italiani fra governo e presidenti di regione finiti al Tar. L’economia, poi, resta un punto a suo favore.
La disoccupazione è risalita.
Rispetto ai tempi pre-Covid. Ma sta di nuovo scendendo. A luglio era intorno al 12%, ora all’8%. Trump ha capito che una nazione come gli Stati Uniti, se spegne i motori dell’economia, è clinicamente morta. La TrumpEconomics gli sta dando ragione. Tasse abbassate, investimenti in infrastrutture, burocrazia snellita fino all’osso ora creano un cordone sanitario.
La malattia aiuterà Trump al voto?
Non lo escludo. È vero che Trump è un leader fisico. Soprattutto in questa campagna elettorale, ha puntato tutto sulla presenza, dal volantinaggio porta a porta alla convention con il pubblico. Però la degenza può dare il via a un effetto simpatia intorno al leader ferito.
Perché il presidente si ostina a non condannare i suprematisti bianchi?
Lo ha fatto già durante il dibattito. Magari obtorto collo, ma per ben due volte. A differenza di Biden, per cui “AntiFa” non è un movimento terroristico, è “un’idea”. L’intero Partito democratico si è venduto all’estremismo pur di togliere di mezzo Trump. Raramente nella storia americana ho visto trionfare presidenti democratici estremisti. Da Carter in poi, i democratici o si sono presentati come moderati, o hanno finto di esserlo. Con Obama è iniziata la deriva.
Trump ha dalla sua tutto il Partito repubblicano?
Ufficialmente sì. Tanti di loro voterebbero Biden sotto banco. Perché, dopo quattro anni nella stanza dei bottoni, Trump non parla ancora la loro lingua. Ha sradicato l’ala moderata del partito, è allergico ai metodi felpati del Deep State.
Il Deep State?
Sì, lo Stato profondo che oggi più di quattro anni fa spera in una sconfitta del Tycoon. Lo stesso che fece prendere a Washington DC alla Clinton percentuali bulgare. Funzionari, dirigenti delle agenzie e dei ministeri sono di nuovo col fiato sospeso.
Maglie, un errore Trump lo ha commesso oppure no?
Il vero errore di Trump è il suo carattere. È un bullo, non ama la mediazione, vuole fare di testa sua. Ma è davvero un errore? Se non facesse così, semplicemente non sarebbe Trump.