“La disinformazione è un chiaro rischio per la salute pubblica”, ha detto Pascal Soriot, amministratore delegato di Astrazeneca. “Esorto tutti a utilizzare fonti di informazione affidabili, a fidarsi delle agenzie di regolamentazione e a ricordare gli enormi benefici che i vaccini e le medicine continuano a portare all’umanità”.
Il tema è solo in parte quello classico cavalcato dagli anti-vaccinisti e spinto da chi vuole usarlo come vettore di disturbo, perché in questo caso c’è un moltiplicatore. Astrazeneca è la società – multinazionale biofarmaceutica svedese-britannica– che sta portando avanti uno dei più avanzati studi sul vaccino contro SarsCoV-2, sta lavorando per far sì che la pandemia possa essere via via superata.
Molti Paesi (tra cui l’Italia) hanno accordi con Astrazeneca, che sta collaborando con i laboratori universitari di Oxford (e con l’Irbm di Pomezia), e presto arriveranno le prime dosi (qualche milione). Condizione che porta Soriot a difendersi da una serie di attacchi prodotti dalla infowar russa. Roba del tipo: il vaccino di Astrazeneca potrebbe trasformare le persone a cui viene somministrato in scimmie, visto che è stato creato da un vettore virale estratto da uno scimpanzé.
Chi diffonde certe panzane su certi media sa perfettamente che nel mondo attuale queste idiozie valgono (una persona su sei ha detto che non vuole vaccinarsi per paura di effetti collaterali mostruosi in un rilevazione condotta ad agosto da King’s College e Ipsos Mori, per esempio). E valgono più certe informazioni sparate e assurde di studi seri e scientificamente provati – come quelli che hanno contestato la prassi che ha portato al vaccino russo “Sputnik 5”, iniettato prima di terminare le fasi classiche di una sperimentazione.
E il vaccino è il tema per Mosca, che nega ogni coinvolgimento sebbene operazioni hacking siano state denunciate già tempo fa. Un siero efficace costituisce elemento strategico: chi vince la corsa ottiene un vantaggio.
Di questo coinvolgimento russo nelle info-ops contro il vaccino di Astrazeneca/Oxford ne ha scritto per primo il Times, che è venuto a conoscenza di informazioni a proposito e spiega che non è chiaro se il tentativo di propaganda sia stato autorizzato direttamente dal Cremlino, ma ci sono prove che alcuni funzionari russi siano stati coinvolti nella sua organizzazione e diffusione. Tom Tugendhat, presidente della commissione per gli Affari esteri, ha aggiunto – parlando a Times Radio – di non avere dubbi sul fatto che lo stato russo fosse dietro la diffusione di questa disinformatia: “Lo è sempre. La Russia è uno stato molto centralizzato e l’idea che ciò sarebbe stato fatto senza l’approvazione di qualcuno nella cerchia ristretta è ridicola”.
Il commento di Tugendhalt inquadra la questione con maggiore larghezza: dal caso Skripal (il tentato avvelenamento a Salisbury di una spia, disertore, due anni fa: vicenda che ha aperto a un confronto molto accesso tra Mosca e Londra) a quello più recente che ha coinvolto uno dei più famosi oppositori del potere putiniano, fino alle operazioni informativi sulla Brexit, gli inglesi hanno sempre considerato i vertici dello stato responsabili. Su questo hanno basato azioni, reazioni e sanzioni contro Mosca.
“Il premio globale di avere il primo vaccino utilizzabile è grande”, ha spiegato in settimana il direttore dell’Mi5, l’intelligence interna che ha dichiarato di essere in prima linea nella difesa del vaccino di Astrazeneca da tentativi malevoli di vario genere.
Nel caso specifico, secondo quanto raccontato al Times, la Russia starebbe cercando di diffondere informazioni falsate sul vaccino inglese in paesi come India e Brasile, dove il Cremlino vorrebbe vendere Sputnik 5, prodotto dall’istituto statale Gambaleya. Commesse pensate anche nel tentativo di creare maggiore influenza in paesi importanti – come con gli Emirati Arabi. Nel caso due nazioni con cui la Russia condivide il formato Brics.
I tentativi di minare la fiducia del pubblico sono finalizzati a creare disequilibri e condizioni caotiche, oltre che agevolare inserimenti commerciali russi. Lo scopo è spaccare realtà rivali, come l’Ue: il riflesso diretto colpisce anche l’Italia che già a novembre dovrebbe ricevere i primi dai due ai tre milioni di dosi, frutto di un investimento da 400 milioni di unità siglato a giugno.