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Perché il Parlamento deve attivarsi con il voto a distanza. Parla Ceccanti (Pd)

CECCANTI

Il deputato dem Stefano Ceccanti, promotore di un’iniziativa volta ad adeguare i regolamenti delle Camere alla pandemia, attraverso l’introduzione del voto a distanza, racconta a Formiche.net a che punto è la proposta Ora – confessa Ceccanti – la raccolta firme è a quota 114, ma confido di crescere ancora. Per la verità è una battagli

Si potrebbe sintetizzare con la sigla Pad. Da non confondersi con il device Apple ipad, proposto da un deputato del Pd. Al netto dell’apparente scioglilingua con preponderante allitterazione della p, si tratta di una proposta al centro di una petizione promossa dal ‘dem’ Stefano Ceccanti. Di cosa parliamo? Dell’iniziativa del deputato pisano volta all’adeguamento dei regolamenti delle Camere alla pandemia, attraverso l’introduzione del voto a distanza.

Onorevole, a che punto è la raccolta delle firme?

Ora – confessa Ceccanti – la raccolta firme è a quota 114, ma confido di crescere ancora. Per la verità è una battaglia che sto portando avanti da marzo e, devo dire, che ho riscontrato molto successo in termini di consensi nell’ambito della maggioranza: oltre che nel Pd, anche tra gli esponenti del Movimento Cinque Stelle. C’è anche qualche sparuto voto dal Misto.

A fare ostruzionismo, ça va sans dire, è l’opposizione, oltre che una parte della maggioranza rappresentata da una corrente di Italia Viva.

Le motivazioni che la compagine di centrodestra adduce non mi convincono. È chiaro che si tratta di ostruzionismo di carattere politico e non certo di natura costituzionale né tantomeno di natura tecnica. Il tutto fa pensare ad un viatico, da parte della minoranza, che possa servire in termini di contrattazione.

Questa ferma opposizione non si spiega in altro modo fermo restando che in molti paesi europei, il voto a distanza è stato adottato come metodo per far fronte a questa contingenza sanitaria . Tanto più che da Bruxelles, hanno caldamente sconsigliato di riunire le sedute parlamentari in presenza, riunendosi e votando a distanza.

La questione fatta rilevare da parte dell’opposizione riguarda il termine presenti contenuto in Costituzione e riferito alle attività del Parlamento. Come si garantisce la presenza con l’attività a distanza?

Il termine ‘presenti’ contenuto in Costituzione è da intendersi e da declinare anche sulla base delle esigenze di questo particolare momento storico. In questo senso ritengo che ogni persona di buonsenso dovrebbe arrivare alla conclusione che è meglio un voto a distanza che un’assenza. Questa posizione ostruzionista è un boomerang, anche per la minoranza: lo abbiamo visto con la presentazione dell’ultimo Dpcm.

A cosa si riferisce?

Il presidente Conte si è limitato ad un’informativa, proprio perché l’iter, che avrebbe previsto la presentazione di risoluzioni, non è stato possibile realizzarlo. D’altro canto l’attività di governo va avanti al di là dell’attività parlamentare e non prevede l’essere ‘in presenza’. Per cui anche la minoranza avrebbe tutto l’interesse a mantenere l’attività parlamentare ancorché a distanza.

Quindi la sua petizione ribalta la prospettiva, assumendo un ruolo di tutela della partecipazione?

Certo: a garanzia della partecipazione. In aula, così come – a maggior ragione in commissione.

A onor del vero, non c’è poi da stupirsi più di tanto del fatto che la minoranza non accetti di buon grado l’iniziativa del parlamentare del Pd. Forse, ad essere quantomeno insolita, è la posizione della frangia ostruzionista di Italia Viva, parte integrante dello scacchiere della maggioranza. Come se la spiega?

Forse anche da parte di Italia Viva si crede che con l’attività a distanza venga lesa in una qualche misura la partecipazione. Ma, come detto, è un errore. Poi, beninteso non mi aspetto che si accolga acriticamente la mia proposta se c’è qualcuno che propone una strada alternativa, ben venga. Va però estirpata quella componente di conservatorismo negativo che si concretizza nella posizione pregiudizialmente avversa alla mia proposta

Dunque, cosa fare per portare a casa questo risultato?

Mi aspetto che da parte dei presidenti delle Camere – Fico e Casellati – ci sia una spinta propulsiva verso l’attività parlamentare a distanza. Loro per primi si devono rendere conto che, in assenza di questo metodo di lavoro, e con la concreta possibilità che vengano a mancare significativi numeri di parlamentari nell’ambito delle votazioni, si rischia un vero e proprio squilibrio di potere. Ai problemi tecnici non credo: la stragrande maggioranza della pubblica amministrazione lavora da remoto, così come gli atenei. È un falso mito. Da sfatare.

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