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#Usa2020 arriva nello Spazio. Il voto americano secondo l’astronauta Roberto Vittori

Siamo ormai prossimi al fatidico 3 novembre che deciderà il prossimo presidente degli Stati Uniti. Come sempre le elezioni americane attirano curiosità e interesse, se non addirittura preoccupazione, del mondo intero. Uno degli interrogativi riguarda l’impatto dell’esito del voto sullo spazio, e in particolare su Artemis, l’ambizioso programma verso la Luna che vede la determinazione dell’Italia e dell’Esa a partecipare.

Per capire ciò che ci aspetta dobbiamo guardare al passato, partendo dal programma Constellation, lanciato nel 2005. Alla guida della Nasa c’era allora Sean O’Keefe, mentre alla presidenza c’era il repubblicano George W. Bush. Il programma aveva il triplice obiettivo di consolidare la Iss, tornare sulla Luna (ironicamente nel 2020) e arrivare su Marte. Si prevedeva tra le altre cose lo sviluppo di lanciatori importanti (la famiglia Ares) e rimase il programma principale di Nasa per molti anni, salvo poi venir chiuso nel 2011.

Nel frattempo era infatti cambiata l’amministrazione, con l’arrivo alla Casa Bianca di Barack Obama e l’approdo alla Nasa di Charlie Bolden. La leadership democratica ripartì con nuovi e alternativi ambiziosi programmi, tra i quali Asteroid redirect mission (Arm), al limite della fantascienza. Prevedeva la cattura di un asteroide e il suo trasporto in orbita lunare, così che potesse essere raggiunto da astronauti per identificare ed estrarre le relative risorse. Nonostante le revisioni, Arm fu portato avanti con massimo impegno dalla Nasa e spinto dall’alto interesse internazionale, Italia in prima fila. Fu studiato a fondo e preparato con grande sforzo, con lancio previsto nel 2021. Venne accantonata nel 2017.

Intanto si era consumata un’altra alternanza, quella tra Barack Obama e Donald Trump. Arriviamo così alla storia recente, quando il vice presidente Mike Pence, il 26 marzo 2019, ha annunciato che entro il 2024 ci saranno “the first woman and the next man” sulla superficie lunare (ovviamente con la bandiera americana sulla spalla). Di qui la corsa contro il tempo. Nasceva il programma Artemis, per realizzare una presenza continuativa e sostenibile sulla superficie lunare, in prospettiva poi di arrivare su Marte. Tuttavia già in questi giorni le discussioni al Congresso per assegnare i fondi sembrano subire una battuta di arresto o, almeno, evidenti rallentamenti.

E così, con il 3 novembre alle porte, si riaccende l’interrogativo sull’impatto che una nuova alternanza potrebbe avere sul programma spaziale americano. Tre presidenti ad alternare repubblicani-democraticirepubblicani e, nelle anche comprensibili differenti priorità, continua un (meno comprensibile) ripetersi di programmi che vengono fatti partire, impegnano tempo e risorse, per poi venire inesorabilmente cancellati o abbandonati. Nonostante ciò gli Usa restano il punto di riferimento dell’esplorazione spaziale.

Chi fa la differenza a vantaggio della tecnologia Usa sono i privati. Il solito Elon Musk è ormai prossimo a mettere in traiettoria suborbitale Starship, la navetta del futuro, il razzo reusable che si trasforma in navicella; decolla, atterra rifornisce e riparte. Ha superato i test iniziali di pressurizzazione e di integrazione con il sistema propulsivo, ha compiuto il suo primo “saltello” e si accinge a breve ad avventurarsi su traiettorie suborbitali. In maniera analoga procede Starlink, con cui SpaceX vuole portare Internet in tutto il mondo tramite decine di migliaia di satelliti in orbita bassa. I lanci si susseguono uno dietro l’altro, facendo emergere il doppio aspetto dello spazio Usa: da una parte, il ripetersi del condizionamento della politica sui programmi; dall’altra, la vitalità dei privati, capaci di andare avanti in ogni caso e costruire il futuro. Curioso osservare che SpaceX nasce proprio nell’era Bush, continua a crescere nell’era Obama e sta arrivando a maturità nell’era Trump. Ciò risponde anche alla domanda su come l’Italia possa meglio impostare i futuri rapporti bilaterali con gli Stati Uniti. Inseguire Nasa certamente non è facile, tanto meno logico. Meglio trovare un modo per consolidare i rapporti direttamente con gli attori di primo piano, a partire da SpaceX.

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