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Ecco perché le filiere faranno ripartire l’Italia. Il workshop Ambrosetti

Chi c’era e cosa si è detto al workshop Le filiere integrate per il rilancio del Paese, promosso e organizzato da European House Ambrosetti e al quale hanno preso parte imprenditori, manager e numerosi esponenti dell’attuale governo

L’Italia del dopo-pandemia dovrà ripartire dalla sua essenza industriale più pura, le filiere produttive. Non sarà facile, eppure la manifattura, con tutto quello che c’è a valle e a monte, rappresenta quel jolly con cui uscire dal tunnel. Questo il filo rosso lungo il quale si è sviluppato il workshop Le filiere integrate per il rilancio del Paese, promosso e organizzato da European House Ambrosetti e al quale hanno preso parte imprenditori, manager e numerosi esponenti dell’attuale governo. I lavori, coordinati da Ferruccio de Bortoli, hanno preso il via dalle considerazioni di Marco Hannappel, presidente e ad di Philip Morris Italia.

FILIERE D’ITALIA

Il numero uno di Philip Morris Italia ha sottolineato l’enorme valore che oggi rivestono le filiere produttive e integrate in Italia. “Philip Morris oggi è cittadina d’Italia, siamo in questo Paese dagli anni 60. E garantiamo a questo Paese una filiera integrata, che parte dall’agricoltura e arriva al prodotto finito. Basti pensare che noi oggi produciamo in Italia il 100% del nostro tabacco, all’interno di una filiera che parte dal seme piantato a terra”. Hannappel ha rimarcato “l’importanza dell’innovazione: oggi innovare significa investire e viceversa. Senza investimenti non c’è innovazione e nei prossimi anni assisteremo in Europa alla concentrazione di investimenti in certi contesti e all’accorciamento delle filiere. E i contesti che attrarranno gli investimenti saranno quelli più innovativi”.

UN NUOVO INVESTIMENTO

Il workshop Ambrosetti è stata però l’occasione per la multinazionale di annunciare una grande novità. Ed è stato proprio Hannappel a farlo. Si tratta di un investimento da 100 milioni in cinque anni e 400 posti di lavoro che sarà fatto a Taranto, ovvero il nuovo Digital Information Service Center, un avanzato centro di assistenza rivolto ai consumatori italiani dei prodotti senza combustione. Il numero uno di Philip Morris Italia ha spiegato come dopo una iniziale fase di test svolta durante la prima ondata della crisi sanitaria legata alla pandemia, il nuovo polo sarà immediatamente operativo.

“L’Italia è stata ed è centrale nel percorso di trasformazione su scala globale intrapreso da Philip Morris International, al fine di sostituire le sigarette con prodotti innovativi senza combustione”, ha commentato Hannappel. “Dopo la costruzione a Bologna del primo impianto industriale al mondo per questi prodotti innovativi, dopo gli importanti accordi pluriennali per l’acquisto del tabacco italiano e lo sviluppo sostenibile della filiera tabacchicola, continuiamo a investire per una piena integrazione della nostra filiera in Italia”. La mossa di Philip Morris va vista naturalmente in chiave filiere: “La nascita di Philip Morris Digital Innovation&Service Center completa la filiera integrata che abbiamo in Italia. Dopo la nostra presenza nel campo dell’agricoltura e dell’industria, abbiamo pensato di fare un investimento inferiore, che completasse la nostra filiera, ma che aggiungesse valore aggiunto nel Mezzogiorno”, ha precisato il manager.

UN BEL SEGNALE

Un plauso all’iniziativa di Philip Morris è arrivato anche da esponenti del governo, intervenuti all’incontro dell’Ambrosetti. Tra questi, il viceministro dell’Economia, Laura Castelli. “Sulla filiera virtuosa dell’agroalimentare e su come può crescere e migliorare non posso non raccontare il lavoro sulla filiera agricola italiana portato avanti da Philip Morris, anche su digitalizzazione e start up che va incontro ai bisogni di un agricoltura che si evolve nel tempo”.

Sulla scia della Castelli, anche il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, per il quale “se questo laboratorio funziona, si può esportare al Mezzogiorno ed anche al sistema Paese che vuole guardare al Green Deal. L’investimento di Philip Morris intercetta la nostra voglia di cambiamento ma mira anche ad intercettare un target di giovani molto qualificati, che è quello che noi abbiamo perso in questi anni”.

Circa le nuove prospettive di Taranto, il sindaco ha dichiarato che “vorremmo che qui sorgesse un hub del Marin Tech, che è il distretto produttivo collegato a questa voglia di trasformazione. Taranto – ha aggiunto – è in grado di esportare un capitale umano che esprime volontà di trasformazione”.

Anche il sottosegretario allo Sviluppo, Giampaolo Manzella, ha accolto con favore l’investimento pugliese, ricordando come “bisogna attrarre investimenti come quelli di Philip Morris a Taranto e quello in Emilia Romagna che ha trovato un tessuto produttivo ricettivo che ha permesso di fare un investimento che è un modello per il territorio”. Ancora, per il ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, “un plauso va all’iniziativa di Philip Morris Italia non solo per il valore in sè ma anche per la scelta di localizzarla a Taranto, frutto anche di un lavoro che il governo ha accompagnato”.

LA QUESTIONE DIGITALE

Ma le filiere, si sa, sono tante. Per esempio, c’è anche quella digitale, su cui si è focalizzato, un altro viceministro e sempre di Via XX Settembre, Antonio Misiani. “Il digial divide molto forte nel Paese e la limitata alfabetizzazione di tante famiglie rappresentano un tema sociale. C’è il rischio che si creino nuove disuguaglianze legate al mancato accesso alla banda ultralarga di un significativo pezzo di società. In tal senso “le risorse europee ci possono aiutare: Industria 4.0 è stata una politica di successo, che ha accelerato la transizione del manifatturiero verso il digitale, ed è un punto chiave per il futuro”.  Per Misiani, “l’ambizione del Paese deve essere quella di intraprendere un sentiero e un modello di sviluppo diverso, non possiamo accontentarci di tornare all’Italia pre-Covid che cresceva poco”.

TRA STATO E REGIONI

Non è finita. Anche il ministro per gli Affari Regionali è intervenuto. Focus, il rapporto tra Stato e Regioni, che in questi ultimi tempi si è surriscaldato. Ma anche, tanto per tornare in argomento, le filiere. “I fondi che arriveranno grazie al Recovery fund possiamo recuperare il tempo perduto soprattutto su salute, scuola e digitalizzazione. Una quota delle risorse destinate al nostro Paese è concentrata su questi tre pilastri. Su salute e scuola non ci sarà mai più un governo che comprimerà diritti universali di questa portata, come purtroppo è successo in passato nel silenzio collettivo”.

Per quanto riguarda il rapporto tra Stato e Regioni, il nostro Paese “ha retto nel momento più difficile dell’emergenza coronavirus grazie alla leale collaborazione che è stata praticata fra governo centrale ed enti locali. Quella leale collaborazione presuppone un’assunzione di responsabilità quando si fanno scelte più complesse e difficili. Per questo è necessario aumentare la responsabilità dei territori completando fino il fondo in decentramento ed il progetto di autonomia necessario per rafforzare il Paese”.



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