La conclusione principale che si deve trarre dalla campagna elettorale, dai risultati contestati e dai probabili confronti tra schiere avverse è la fine di quella America liberal sia democratica sia repubblicana, che ha caratterizzato gli anni successivi alla Seconda guerra mondiale
Altri canti di Marte e di sua schiera. È la prima riga di un magnifico sonetto di Giovanni Battista Marino messo mirabilmente in musica da Claudio Monteverdi nel nono libro dei suoi madrigali. Canti è un congiuntivo esortativo, un invito a non interessarsi ai conflitti ma a guardare più in là.
Ho studiato e vissuto negli Stati Uniti per diciotto anni, abitando al centro della capitale, Washington, pur cambiando due volte domicilio. L’esito ancora incerto delle elezioni presidenziali e i possibili conflitti tra schiere fortemente contrapposte viene letto dai commentatori e dai corrispondenti dagli Usa come una delle principali conseguenze del voto, nonché come una dimostrazione della esigenza che gli Stati Uniti cambino sistema elettorale ed aggiornino – come ha scritto Sabino Cassese – la loro Costituzione.
Durante la mia vita negli Stati Uniti ho avuto stretti contatti sia con repubblicani sia con democratici frequentandone club e pure redazioni di giornali. Alcuni sono amici stretti con cui ho rapporti frequenti per mail e per telefono circa quaranta anni dopo essere rientrato in Italia. Sono abbonato tanto al quotidiano The New York International, che mi viene recapitato ogni mattina prima delle sette, tanto al settimanale The National Review. Mi offrono due prospettive differenti della politica, dell’economia e della vita negli Usa.
A mio avviso, la conclusione principale che si deve trarre dalla campagna elettorale, dai risultati contestati e dai probabili confronti tra schiere avverse è la fine di quella America liberal sia democratica sia repubblicana che ha caratterizzato gli anni successivi alla Seconda guerra mondiale. C’erano segni di sgretolamento già da circa tre lustri.
Era un’America in cui quali che fossero le contrapposizioni ideologiche, c’era un ceto dirigente espresso da un gruppo sociale colto ed agiato, che proveniva da università simili (la Ivy League) ed aveva soprattutto valori fondanti comuni. Ciò anche al tempo delle violente dimostrazioni dopo l’assassinio di Martin Luther King e negli anni delle forti divisioni a proposito della guerra in Vietnam.
Era un’America liberal nata negli anni del New Deal e soprattutto in quelli della Seconda guerra mondiale. Ha caratterizzato un periodo abbastanza lungo nella storia di un melting pot che ha circa due secoli e mezzo, ma che tranne il periodo liberal è stato sempre caratterizzato da rapporti violenti tra vari gruppi sociali, tra categorie giunte da varie parti d’Europa e del mondo, anche tra varie confessioni religiose.
L’America di Trump e Biden – che cantano di Marte – è quella di sempre, interrotta da un cinquantennio (o giù di lì) liberal.