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Atene chiama Washington. Così la Grecia si rafforza nel Mediterraneo (con gli F-35)

grecia

Dopo i Rafale francesi anche uno squadrone di caccia di quinta generazione Usa? La Grecia cambia pelle in ottica mediterranea. Il dossier energetico e il contemporaneo passaggio di tre gasdotti la spingono all’esoso investimento militare

Fino a due giorni fa era solo un’indiscrezione. Ieri però c’è stata una lettera ufficiale che sarebbe partita da Atene per Washington. La Grecia vuole uno squadrone di F-35, il caccia di quinta generazione che potrà consentirle un cambio di passo negli equilibri mediterranei. Gli aerei si sommeranno ai 18 Rafale già ordinati dalla Francia: la densità strategica del dossier energetico e il contemporaneo passaggio nella macro area ellenica di tre gasdotti (Tap, Tanap e Eastmed) hanno spinto il governo di Atene a considerare l’esoso investimento militare.

QUI EGEO

Al netto delle numerose perplessità di ordine economico e logistico, sembra che sia ormai segnata la strada che corre sul nuovo asse Washington-Atene. Da qui al 2034, gli F-35 americani dovrebbero essere a disposizione dell’Aeronautica e della Marina ellenica, così come più volte scritto da queste colonne. Le geopolitica che sta mutando esigenze ed equilibri nel Mediterraneo orientale ha giocato un ruolo decisivo: l’iper invasività turca nel dossier energetico ha spinto Atene a riconsiderare propri investimenti nel settore Difesa, dopo aver saldato vecchie e nuove alleanze con Usa, Francia, Israele, Cipro ed Egitto.

Alla luce di questo quadro appare chiaro che il combinato disposto dei Rafale e degli F-35 farebbe fare alla Grecia un significativo salto in avanti rispetto ai concorrenti nella macro regione in questione. L’Egeo ha cambiato pelle negli ultimi tre anni: l’acuirsi delle tensioni con la Turchia e il contemporaneo passaggio di tre gasdotti così rilevanti come Tap, Tanap e Eastmed fanno della Grecia il nuovo gas-hub del Mediterraneo, con precise implicazioni di carattere geopolitico ed economico.

QUI USA

Il filo rosso che lega Usa e Grecia si è cementato nell’accordo per l’utilizzo di 4 basi elleniche da parte di mezzi e uomini americani. Le due visite che il Segretario di Stato Mike Pompeo ha compiuto quest’anno in Grecia lo dimostrano ampiamente: sullo sfondo c’è il raddoppio della base som di Souda bay, a Creta, dove sono stati testati pochi giorni fa i sistemi missilistici anti aerei. La vulgata vuole che proprio Creta, in prospettiva, possa rappresentare per gli Stati Uniti una nuova Incirlik, qualora si dovesse materializzare il disimpegno Usa dalla base turca per questioni dettate dai rapporti deteriorati con il governo di Ankara.

Proprio le tensioni con la Turchia, nate per l’acquisto turco del sistema missilistico russo S-400, sarebbero alla base dell’acquisto ellenico: in Grecia infatti potrebbero andare i caccia non più indirizzati alla Turchia. Anche per questa ragione il recente programma di ammodernamento degli 84 F-16 Viper greci (con nuovi radar) è stato realizzato con l’obiettivo di essere propedeutico alla fornitura degli F-35 ad Atene.

MISSILI

L’ammodernamento militare greco non finisce qui. Lo Stato Maggiore dell’Esercito ha espresso interesse per i missili anticarro israeliani Spike NLOS: si tratta di un’arma multiuso e non solo anticarro, che può spostare gli equilibri a causa della sua lunga gittata. Una delle caratteristiche che lo rendono appetibile è la sua estrema versatilità in quanto può essere installato su qualsiasi tipo di piattaforma (terrestre, aerea e navale). Ciò significa che può essere montato anche sugli elicotteri Apache e utilizzato sia nella regione di Evros al confine greco-turco sia nelle isole dell’Egeo orientale, che necessitano di sistemi d’arma flessibili. Il missile è prodotto dall’azienda israeliana “Rafael”.

TENSIONI

Nel frattempo la flotta greca è in allerta in tutto l’Egeo, monitorando le mosse della nave da turca Oruc Reis a est di Rodi anche con sottomarini “invisibili”. In questa settimana si svolgerà un’altra esercitazione intorno a Creta, sia con fregate che con i caccia Mirage e gli aerei anti som. Inoltre almeno tre unità della flotta, due fregate e un dragamine, stanno prendendo parte alle missioni alleate come l’operazione Irini nel Mar Libico e la Unifil delle Nazioni Unite al largo del Libano mentre nel Mar Nero la Marina ha inviato un dragamine impegnata nell’operazione Nato SNMCMG2.

Le tensioni con Ankara però non cessano: a 24 ore dalle provocatoria visita di Erdogan nella parte di Cipro occupata, un quotidiano turco titola: “La Tracia occidentale può diventare come il Nagorno-Karabakh”, facendo aleggiare l’ipotesi che la vittoria degli azeri sugli armeni nel Nagorno-Karabakh possa replicare quello schema anche altrove, come appunto nella regione ellenica della Tracia. Anche di questo si discuterà giovedì prossimo nel vertice Ue.

A proposito di Bruxelles, la plenaria del Parlamento europeo ha recepito un emendamento presentato dall’eurodeputato socialista greco Nikos Androulakis per sospendere i finanziamenti Ue alle autorità turche. Nello specifico verranno consentiti fondi europei solo per le ONG turche che promuovono i diritti umani e non alle autorità turche ufficiali direttamente connessi al governo.

Nel quinquennio 2014-2018 la Turchia ha ricevuto un totale di circa 3,6 miliardi di euro, una somma che è diminuita nel 2019 e nel 2020 quando Ankara ha ricevuto solo 160 milioni di euro.

twitter@FDepalo



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