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Biden o Trump? Deep State. Giannuli spiega la vera partita per l’Italia

Che vinca Trump o Biden questo mercoledì, l’Italia ha un terzo candidato da tifare: il Deep State americano. Il politologo Aldo Giannuli spiega perché, senza il placet degli apparati, non si può essere amici degli Usa. Conte può dormire sonni tranquilli. Anche se qualche passo falso è stato fatto…

Comunque vada sarà un successo. Se la crisi del Covid-19 toglie il sonno al premier Giuseppe Conte, le elezioni presidenziali americane del 3 novembre lo fanno gongolare. Mercoledì notte, che vinca Donald Trump o Joe Biden, l’“avvocato del popolo” dormirà sonni tranquilli. Sul Corriere della Sera Francesco Verderami ci scherza su. In fondo “Giuseppi” deve al Tycoon della Casa Bianca il tweet che ha benedetto oltreoceano la nascita del suo (secondo) governo. Se poi la spuntasse Biden (o, in altri termini, se finalmente i sondaggi avessero ragione), poco male: un anno fa Conte è stato ribattezzato da Nicola Zingaretti in persona “un riferimento dei progressisti”, e non si dolerà certo di un’amministrazione democratica.

Nel suo fondo, la firma del Corriere attribuisce al ministro della Difesa Lorenzo Guerini una battuta eloquente: “Io sto con il Deep State”. “Non penso che Guerini pensi una cosa del genere”, confida a Formiche.net Aldo Giannuli, politologo, attento studioso del mondo dell’intelligence, “ma anche se avesse pronunciato quella frase, ci sarebbe un fondo di verità”.

Perché mai l’Italia dovrebbe tifare il Deep State americano? Perché, risponde Giannuli, “i presidenti cambiano, gli apparati restano. Qui in Italia non riusciamo a capirlo: in un Paese serio come gli Stati Uniti la politica estera è terreno di condivisione”. Una distorsione ottica tutta italiana, continua il professore, risiede nella sempreverde tentazione di dipingere il presidente Usa come un “dictator” che tutto può e tutto fa. Per citare Giulio Andreotti, la situazione “è un po’ più complessa”.

“Vede, il presidente ha molti meno poteri di quelli che gli attribuiamo. Può avere una delle due Camere contro. Ci sono tante materie riservate, e persone che possono bypassarlo”. Un esempio? “Prendiamo Trump. Più volte ha cercato di rimuovere le sanzioni contro la Russia. Gli hanno dato una bacchettata sulle mani. Può fare tutti gli occhi dolci che vuole a Vladimir Putin, ma se gli apparati hanno deciso che la Russia è un rivale, gli spazi di manovra sono ridotti a zero. Servizi, Dipartimento di Stato, Tesoro, Fed. Ogni presidente deve fare i conti con questi signori”.

A poco serve allora sperticarsi in applausi all’uno o all’altro candidato. Non solo per scaramanzia, che comunque è buona cosa, quattro anni dopo quell’augurio di Matteo Renzi alla “prossima presidente degli Stati Uniti”, Hillary Clinton. Soprattutto perché è del “Deep State”, nemico giurato nell’immaginario di sovranisti e movimenti anti-establishment, non di Trump o Biden, che bisogna guadagnarsi la simpatia.

Certo, non si tratta di un movimento unidirezionale. Dopotutto, spiega Giannuli, gli “apparati” a stelle e strisce un’idea se la sono fatta dell’Italia, e non da ieri. “La dura verità da accettare è che il Deep State Usa non ci è nemico. Ci è indifferente. L’Italia è molto meno considerata di trent’anni fa. La mappa geopolitica del mondo è cambiata, oggi le alleanze contano meno. Ai tempi dell’Urss c’era una dominante politico-ideologica, oggi prevale quella economica-finanziaria, che non prevede amici o nemici, ma rivali e concorrenti”.

L’unica carta che il Belpaese poteva sfoggiare di fronte all’alleato, la sua influenza nel Mediterraneo, oggi appare sbiadita, continua Giannuli. “Perché al centro della geopolitica mondiale non c’è più la dominante atlantico-mediterranea, ma quella indo-pacifica, e lì l’Italia conta ben poco”. Qualche passo falso, poi, non ha aiutato. “Negli States non hanno dimenticato i flirt della Lega con Putin, o i civettamenti dei Cinque Stelle con la Cina. Non dimenticheranno che l’Italia si è fatta mettere sotto da Erdogan in Libia, dove non ha inviato un soldato, né un incrociatore per contenere la prepotenza del Sultano. Nessuno, ripeto, ce l’ha con noi. Ci ignorano. E forse non è neanche un male”.

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