Secondo il nuovo presidente americano la Russia è “davvero un avversario”. Biden potrebbe adottare una posizione molto più dura nei confronti di Mosca rispetto a Trump. Per il democratico, Putin è un rivale delle democrazie occidentali
Con Joe Biden dichiarato il nuovo presidente eletto degli Stati Uniti è scesa l’oscurità sui media statali russi, scrive Julia Davis sul Daily Beast. Davis è una delle più importanti esperte al mondo sulla propaganda e sulla narrazione che il Cremlino intende spingere come asset strategico fondamentale. La registrazione delle reazioni è interessante, perché i media sono parte integrante della strategia russa, giocata spesso attraverso l’info-war.
Da tempo i giornalisti statali russi dipingono Biden come “lo scenario peggiore per la Russia”. L’idea è che il democratico tenga con Vladimir Putin un posizione molto dura, rigida e critica, che Donald Trump non ha mai tenuto con il presidente russo. In questi quattro anni, la Casa Bianca era stata piuttosto morbida, distinguendo questa linea da quella del resto dell’amministrazione Trump, con gli apparati che hanno portato spesso lo Studio Ovale a prendere posizioni severe con la Russia.
“Niente sarà più lo stesso. A cosa stiamo assistendo? A cosa sta arrivando il mondo? Non solo quel paese (gli Usa, ndr), ma il mondo?” s’è chiesto tristemente Evgeny Popov, l’host pro-Cremlino del programma dei media statali russi “60 Minuti”. I membri del panel in studio hanno delineato cupamente la serie di conseguenze, che potrebbe riguardare un confronto che si muove su molti piani e dossier. Ma perché Biden viene descritto dalle televisioni russe come un nemico? Ci sono posture da costruire, ci sono approcci potenziali, c’è un trascorso.
Biden ha sempre tenuto una linea tosta con la Russia. Per esempio, nel 2017 scrisse un articolo su Foreign Affairs (tempio dell’analisi sugli affari internazionali a cui il democratico ha affidato nei mesi scorsi la sua visione in politica estera) in cui spiegava che mantenere il punto (duramente) con Mosca serviva a “difendere la democrazia contro i suoi nemici” — nel pezzo ricordava le interferenze russe alla presidenziali di un anno prima, vicenda notissima tracciata dalle intelligence Usa, e parlava anche altre situazioni simili in altri Paesi (“tra i quali l’Italia – scriveva – in vista delle prossime elezioni parlamentari” dove secondo lui la Russia avrebbe supportato “la Lega Nord e il populismo del M5S”).
“Credo che la Russia sia un avversario, davvero”, ha detto durante la presidential town hall con la CNN a settembre. Una dichiarazione che fa pensare che la sua linea con Mosca non seguirà quella di due illustri e recenti predecessori, George W. Bush e Barack Obama: sia il repubblicano che il democratico provarono, all’inizio dei loro mandati, un nuovo approccio di avvicinamento verso la Russia. Un tentativo di riallacciare, di reset del passato, che nel caso di Obama, Biden, da vicepresidente, aveva avallato, salvo poi essersi risolto tragicamente con l’annessione crimeana e l’avvio di una spaccatura profonda tra Cremlino e Usa e Ue.
Durante la campagna elettorale, il tema Russia è stato più volte tirato in ballo dal democratico: l’accusa contro Trump era di essere troppo tenero con Putin, e parlarne serviva a disegnare un differenziale. Biden si dipingeva all’elettorato come severo nei confronti degli autocrati, mentre descriveva il suo rivale come affascinato da quel genere di leadership. Uno dei casi più recenti su cui il presidente eletto ha giocato questa narrazione è stato quello di Alexei Navalny – contesto: sull’avvelenamento del principale oppositore di Putin, Trump ha sempre tenuto una linea blanda, quasi a voler evitare di entrare nel discorso.
Per Biden, la linea soft di Trump era dimostrazione di fascinazione nei confronti di Putin, mentre lui ha sempre accusato apertamente il governo russo per l’accaduto: “Ancora una volta, il Cremlino ha usato l’arma preferita (un agente nervino della classe del Novicho) nel tentativo di mettere a tacere un avversario politico”, ha dichiarato. Di più: “È il segno di un regime russo così paranoico da non essere disposto a tollerare critiche o dissensi”. Sono posizioni che fanno presupporre che con Biden “non ci sarà un reset“, sebbene, fa notare Voice Of America, tra le dichiarazione precedenti, quelle di campagna elettorale e l’azione politica di un presidente ci possono essere differenze. Soprattutto possono succedere eventi che invertono il corso delle cose.
“Possono”, per ora restiamo ai fatti. Biden ha raccontato nel 2011 al New Yorker di aver detto a Putin, una volta durante una riunione, una frase molto forte e significativa: “Ti sto guadando fisso negli occhi, e non credo che tu abbia un’anima” – Biden racconta che Putin gli rispose: “Allora ci capiamo”. I rapporti personali pesano nelle relazioni internazionali tra leader, ma fino a un certo punto. Il fattore determinante tra Russia e Stati Uniti resteranno i comportamenti aggressivi della prima e le misure adottate già in passato dai secondi.
Il quadro sanzionatorio contro Mosca riguarda la Crimea e la crisi nel Donbas, e le interferenze alle presidenziali, ed è una posizione di continuità tra Usa e Unione Europea che il democratico per quanto noto non intende lasciare. Anche perché ci sono svariati altri dossier delicati in ballo, che passano dal controllo sul nucleare (uno dei punti in cui potrebbe cercare un dialogo) a dossier puntuali (ma dalla grossa importanza in scenari regionali) come la Libia, dove gli americani hanno da diversi mesi aumentato la retorica contro Mosca dopo il posizionamento russo nella regione orientale.
Biden, durante gli anni dell’amministrazione Trump, ha parlato più volte della necessità di usare in modo massiccio le sanzioni per punire la Russia e come vettore di un fronte democratico internazionale che possa fare da argine a vecchi e nuovi autoritarismi. Il democratico ha più volte fatto inoltre riferimento alla Nato e al suo ruolo nel tenere fermo quel fronte – dal punto di vista di deterrenza militare, ma non solo, considerando l’alleanza, spesso criticata da Trump, come una base valoriale comune con gli alleati.
In passato si è espresso a favore dell’ingresso dell’Ucraina e della Georgia tra i paesi membri: una posizione che indispettisce pesantemente Mosca, che considera le repubbliche ex sovietiche come una sfera di influenza intoccabile. Come ricorda l’Ispi in una recente analisi su Biden e la Russia, nel 2009, durante la Conferenza sulla sicurezza di Monaco, l’allora Vp di Obama disse che nel suo modo di vedere le cose non c’è da riconoscere nessuna sfera di influenza per nessun paese. In un intervento sulla Bloomberg, Andrey Kortunov, direttore del think tank russo Riac, ha detto che l’elezioni di Biden compatterà l’Occidente su una posizione anti-russa. Il nuovo presidente statunitense avrà una visione da “Cold Warrior”.
A metà pomeriggio di oggi (domenica 8 novembre, quando questa analisi viene scritta), il Cremlino non ha ancora diffuso uno statement pubblico per congratularsi della vittoria elettorale di Biden – prassi istituzionale espletata, al di là della vicinanza ideale, da quasi tutti i governi del mondo. Nota: Navalny si è invece congratulato con Biden (e con la sua vice Kamala Harris) sottolineando che non in tutti i paesi è possibile un’elezione “libera e corretta” – l’allusione è alla Russia, dove le opposizioni sono castamente vessate, e forse pure alle denunce di brogli da parte di Trump.