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Caro Conte, c’è vita oltre i Dpcm. La nota del prof. Cottarelli

L’economista, ex direttore esecutivo del Fmi a Formiche.net: nuove restrizioni sono necessarie, ma è tempo di uscire dalla logica dell’emergenza e pensare nel lungo periodo. I Dpcm dimostrano che una settimana fa il governo non si aspettava un peggioramento della situazione. Ora puntiamo forte su Recovery Fund e crescita, altrimenti il debito ci sfuggirà di mano. Mattarella-Bis? Il presidente sta lavorando molto bene, bisogna sentire se è d’accordo…

Un Dpcm a settimana non fa una strategia a prova di pandemia. Certo, il governo ce la sta mettendo tutta per tentare di abbassare la curva dei contagi e ridurre la pressione sul Sistema sanitario nazionale. Ma al netto degli apprezzabili tentativi, forse occorre guardare un po’ più in là, pensando al dopo-pandemia, possibilmente con una buona dose di unità nazionale. Ne è convinto Carlo Cottarelli, economista, ex commissario alla spesa e oggi a capo dell’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica, dopo l’esperienza al vertice del Fondo monetario internazionale. E anche aderente a Base Italia, il network che l’ex sindacalista Marco Bentivogli ha appena lanciato (qui l’intervista di poche settimane fa al presidente Luciano Floridi).

Cottarelli, il governo avanza nella lotta al coronavirus a colpi di Dpcm. Una strategia che paga?

Varare delle misure restrittive è assolutamente necessario, su questo non ci sono dubbi. E queste misure sono una responsabilità del governo. Quanto all’uso del Dpcm, quello è lo strumento di cui disponiamo, su questo non è che possiamo fare nulla. Però forse sul discorso di farne uno a settimana possiamo ragionarci.

E allora ragioniamoci…

Fare un provvedimento a settimana equivale e dire che una settimana fa il governo non pensava che si sarebbe arrivati a questo punto. Però, a guardare il trend, era ovvio che ci si sarebbe arrivati, dunque come è possibile che una settimana fa non sapessimo dove stavamo andando? Inoltre fa capire come le misure prese una settimana fa non erano efficaci, senza dimenticare che in Italia come in altri Paesi si è sottovalutato l’arrivo della seconda ondata. Detto questo, adesso siamo qui e dobbiamo prendere altre precauzioni, a mezzo restrizioni. su questo decide il governo. La decisione è politica d’altronde.

Lei più volte ha sottolineato l’assenza di una strategia di fondo da parte del governo nella lotta alla pandemia. Ma quale dovrebbe essere questa strategia?

Il caso del Recovery Fund è emblematico, l’Italia è stata tra gli ultimi Paesi a presentare il proprio piano di riforme propedeutico all’ottenimento delle risorse del Recovery Fund. Ci sono alcuni Paesi che se la possono prendere comoda, come la Francia, a cui interessano fondamentalmente i prestiti a fondo perduto. Ma noi non dobbiamo confrontarci con questi Paesi, bensì con Paesi che come noi, hanno tassi sui titoli elevati e che chiedono denaro ai mercati pagando premi elevati. Ebbene, questi Paesi, come il Portogallo, hanno già presentato piani a cinque anni.

Chiaro. Qualche suggerimento per una road map che vada oltre l’emergenza?

Una strategia di lungo termine che riformi tutto il sistema della Pubblica istruzione, per esempio. E che investa realmente sulla ricerca e che riformi seriamente la giustizia, cancellandone la paralizzante lentezza. La verità è che gli obiettivi devono essere chiari: più crescita e reale uguaglianza di opportunità per tutti.

Sempre a proposito di strategia, Confindustria ha spesso attaccato l’esecutivo reo di dispensare sussidi a pioggia, senza pensare alla crescita. Lei che dice?

Che in questo momento i sussidi servono, sono inevitabili, perché bisogna arrivare al famoso lungo periodo. Il problema è che non vedo, per esempio, quella spinta agli investimenti pubblici che mi sarei immaginato, non percepisco una grande urgenza in questo senso. Per giunta c’è una Pubblica amministrazione che rimane un freno allo sviluppo.

Cottarelli, in questi giorni i mercati sembrano essere benevoli con l’Italia, con lo spread inchiodato sui 130 punti base. Eppure il prossimo anno ci ritroveremo a fare i conti con un debito ancora più pesante.

L’unico modo per domare il debito pubblico è la crescita. E la crescita dell’Italia dovrà attestarsi sul 2% annuo. Se raggiungeremo questi livelli il nostro debito sarà pienamente sostenibile. Ricordiamoci sempre però che il nostro debito aumenta ma non nei confronti dei mercati, ma verso la Banca centrale europea e in parte verso le altre istituzioni Ue. Per questo è un debito meno pericoloso da quello contratto con i mercati.

In questi giorni abbiamo assistito a un rimpallo tra governo e Regioni circa le decisioni da prendere e le misure da adottare nei vari decreti. Troppa confusione che stona con l’urgenza del momento, non crede?

Bisognerebbe evitare di giocare allo scaricabarile, in questo modo l’unico risultato è che gli uni criticano l’operato degli altri e viceversa. Così non si va da nessuna parte. Servirebbe davvero maggiore responsabilità da parte di tutti.

Se le dico Mattarella-bis, che mi dice?

Bisogna chiederlo a Mattarella. Mi pare che finora stia facendo molto bene e se lui fosse d’accordo…

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