Miguel Angel Fiorito, padre spirituale del pontefice, firma un articolo, datato 1980, in uscita su La Civiltà Cattolica, nel quale è possibile oggi, a distanza di così tanto tempo da quando fu scritto, trarre il messaggio di papa Francesco nel suo pontificato, anche e soprattutto, ma non solo, in tempo di pandemia
Quando Francesco ha detto che questo per la Chiesa è il tempo del discernimento la pandemia ancora non era sopraggiunta. Forse possiamo ritenere che dal suo punto di vista sia ancor più così, visto che siamo al cospetto di un avvenimento nel quale possiamo smarrirci.
L’indicazione del dialogo in un tempo come questo è decisiva, visto che sfida scorciatoie apocalittiche, che insistono su questo nostro smarrimento prospettando scontri irrimediabili, figli delle tenebre in marcia contro i figli della luce in una sfida che in alcune espressioni acquista i toni di una sfida finale.
La pubblicazione di un articolo di padre Miguel Angel Fiorito che apparirà sabato su La Civiltà Cattolica ha, da questo punto di vista, un valore rilevante, anche per via dell’autore. Infatti venerdì 13 dicembre 2019 Francesco si è recato presso la Curia Generalizia della Compagnia di Gesù per la presentazione dell’opera in cinque volumi del suo padre spirituale, Miguel Angel Fiorito. E questo suo articolo ci aiuta a farci un’idea del motivo per cui è importante capire cosa voglia dire discernimento. Ma esattamente cosa vorrà dire?
Senza molte pretese si può dire che lo spirito buono e lo spirito cattivo agiscono su ognuno di noi, l’importante allora sarà discernere, no? Sono verità di base per i cristiani, come indicano gli scritti di Sant’Agostino in polemica con il manicheismo o di San Paolo, al riguardo del quale Miguel Angel Fiorito scrive: “In termini paolini, all’uomo attivo importa conoscere, in se stesso e negli altri con cui ha relazioni, ‘l’azione dello Spirito del Signore’ (2 Cor 3,18), sia nella preghiera sia – e soprattutto – nell’azione”. Arriviamo così al punto decisivo di questo scritto del 1980, capire perché Dio va trovato in tutto, secondo Sant’Ignazio di Loyola. Ma come farlo? Con “una concezione attiva di Dio”, afferma con un’espressione importantissima l’articolo. Il testo è rivolto ai gesuiti, l’autore parla a loro, e qui per uomo attivo si intende chi ha scelto l’apostolato. Ma si può comprendere il discorso anche allargandolo: “A un uomo attivo importa – soprattutto nell’azione – non tanto l’’essere’ di Dio o la sua ‘essenza’, ma soprattutto la sua ‘azione’ in noi e nel nostro prossimo. Con altri termini – che Sant’Ignazio usa molte volte negli Esercizi spirituali e nelle Costituzioni – si può dire che l’uomo attivo deve ‘cercare e trovare la volontà di Dio’ sia nella preghiera sia – e soprattutto – nell’azione”. Il metodo proposto per riuscirci è questo: la vita, la nostra vita, è fatta da accadimenti, anche ordinari.
Questi accadimenti provocano delle reazioni, come contentezza o tristezza, libertà o ansietà. Così giudichiamo, proviamo desiderio o ripugnanza. Queste reazioni vanno capite, e questo è il punto del proprio esame di coscienza, che notoriamente è fondamentale per ogni gesuita. “In secondo luogo, dovremmo domandarci quale spirito parli in ciascuna delle nostre reazioni (gioia o tristezza, ansia o libertà, desiderio o ripugnanza ecc.). Non può accadere che lo spirito buono – o quello cattivo – provochi allo stesso tempo reazioni di segno contrario: o la gioia è di Dio e non la tristezza, o viceversa (e così via). Le regole per discernere di sant’Ignazio possono aiutarci non soltanto a ‘sentire’, ma anche a ‘conoscere’ il senso che hanno le diverse reazioni interiori. Lo spirito di Dio, ci dice sant’Ignazio, penetra in coloro che procedono di bene in meglio […] in modo dolce, delicato e soave, come una goccia d’acqua che entra in una spugna; al contrario, l’angelo cattivo si insinua in modo pungente, con strepito e agitazione, come quando la goccia d’acqua cade sulla pietra”.
Questo ci parla molto di quanto accade oggi, di alcune reazioni estreme, alla polarizzazione esasperata, da ultima spiaggia. Porsi davanti agli avvenimenti e alle proprie reazioni ci consente dunque di discernere, cercando Dio in tutte le cose. Se questo esempio della spugna e del sasso ci parlano molto chiaramente anche di ciò di cui siamo testimoni è più difficile per chi non appartenga alla visione religiosa della vita cogliere a pieno il senso della regola di Sant’Ignazio citata subito dopo: “È proprio dello spirito buono dare coraggio ed energie, consolazioni e lacrime, ispirazioni e serenità, diminuendo e rimovendo ogni difficoltà, per andare avanti nella via del bene”, mentre, al contrario, “è proprio dello spirito cattivo rimordere, rattristare, porre difficoltà e turbare con false ragioni, per impedire di andare avanti”. È difficile pensare di aver capito appieno dall’esterno, ma questo punto è comunque fondamentale per capire l’approccio, perfettamente (cioè in modo accessibile a tutti) presentato così: “Renderci conto dei due spiriti che ci muovono negli avvenimenti della nostra vita, e a conoscere qual è lo spirito buono e quale non lo è”.
Tutto questo viene vissuto propriamente nell’incontro tra preghiera e azione, ma è legittima la sensazione che anche chi non preghi possa trovare nel discernimento un aiuto importante per capire non solo se stesso, ma anche i bivi, le scelte nelle quali si ritrova. Qui possiamo desumere una lezione, che riguarda tutti, del papa gesuita; il tempo del discernimento è un’urgenza ancor di più nel tempo della pandemia che cambia tutto e ci lascia confusi, in balia delle onde e sovente dei rimbalzi dell’acqua gelata gettata sui sassi. Ma c’è anche un’altra lezione di Francesco, il papa che dicendo che la realtà è più importante dell’idea ha dato il benservito agli idealismi. Le idee sbattono fortissimamente sui sassi nel tempo della pandemia: il rischio è che tornino sotto forme che non ci aiutano per non fare i conti con la realtà.
Questa è la mia impressione odierna, il fatto indiscutibile è che questo articolo indica il senso profondo del valore del discernimento in tempi così divaricanti, polarizzati: “A un uomo attivo importa – soprattutto nell’azione – non tanto l’’essere’ di Dio o la sua ‘essenza’, ma soprattutto la sua ‘azione’ in noi e nel nostro prossimo”. Questo indicato con maestrale semplicità da Miguel Angel Fiorito a me sembra il punto cruciale dell’articolo e, forse, del pontificato.