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Perché Erdogan vuole le sue truppe di pace in Nagorno-Karabakh

Ankara non vuole perdere spazi con Mosca, Mosca non vuole perdere terreno su Ankara. La situazione nel Nagorno-Karabakh disegna perfettamente il procedere delle relazioni tra Erdogan e Putin

Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha presentato al parlamento una richiesta formale per autorizzare l’invio di una missione militare di peacekeeping in Azerbaigian, con il compito di monitorare insieme alla Russia la tregua siglata con l’Armenia sul Nagorno-Karabakh. Una mossa attesa: Ankara non vuole perdere un millimetro su un dossier che Mosca ha chiuso secondo una linea che vede Baku (alleato turco) vincitore e Erevan (alleato russo) perdente.

Turchia e Russia hanno gestito la pratica in modo praticamente bilaterale. Schierati ufficialmente sui due lati del conflitto, per tutte e sei le settimane degli scontri recenti è sempre sembrato l’asse tra Erdogan e Vladimir Putin quello che avrebbe deciso le sorti. E così è stato: dopo una tregua negoziata dalla Francia e un’altra dagli Stati Uniti, entrambe fallimentari, il presidente russo ha messo il suo peso politico nel dossier e portato gli armeni a una resa.

“Sono il massimo rappresentante che ha la responsabilità di quanto accaduto. Non ci può essere alcuna discrepanza su questo punto. Capisco che dovrei affrontare il processo del nostro popolo. Tuttavia, in questo caso il giudice, il popolo, dovrebbe essere a conoscenza di tutte le circostanze, abbiamo bisogno del dialogo con i militari, l’opposizione e il governo”, ha detto il primo ministro armeno, Niko Pashinyan, in una conferenza stampa online.

Secondo lui, i negoziati armeno-azerbaigiano hanno superato il punto di non ritorno nel maggio 2018, “quando si discusse della formula territori in cambio di nulla”. Una ricostruzione importante per rendere chiaro quanto successo, quanto sia stata importante la spinta turca sulla situazione e quanto Mosca si fosse già portata avanti nella crisi già da tempo.

“Abbiamo cercato di cambiare questa logica. Ho cercato di aumentare la nostra resistenza – ha aggiunto Pashinyan – ma non ci siamo riusciti”, sottolineando la necessità di affrontare lo status futuro della regione del Nagorno-Karabakh e le questioni umanitarie.

La mossa per cui Putin ha spinto per la conclusione dei combattimenti è stata dettata dalla necessità di non perdere contatto con gli azeri (che sono un partner economico-commerciale importante per la Russia), dall’evitare di lasciare il Caucaso a Erdogan (che ha aiutato l’Azerbaigian militarmente), da una continuità valoriale (con le autocrazie di Baku e Ankara), come ha spiegato su queste colonne Nona Mikhelidze dello Iai.

Nella mozione presentata al parlamento di Ankara, il dispiegamento è spiegato essere “a beneficio e benessere della popolazione della regione”. La votazione in Parlamento è prevista per domani: Erdogan vuol cercare di bilanciare l’invio del contingente già partito dalla Russia. La coopetition turco-russa è anche questo: un inseguimento continuo per non perdere terreno e influenza l’uno rispetto all’altro. Durante lo scontro Putin ha voluto recuperare territorio su Erdogan, ora nella pacificazione succede viceversa.

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