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Così l’Europa prova a rispondere al terrorismo

I ministri dell’Interno dell’Unione europea, riuniti in videoconferenza per il consiglio europeo Affari interni, puntano moltissimo ai controlli sul web per la lotta al terrorismo, ma non solo. Ecco tutti i dettagli

Più collaborazione tra le polizie e maggiore scambio di dati, controllo delle frontiere esterne perché bisogna sapere “chi entra nello spazio Schengen e chi viaggia al suo interno”, più mezzi all’Europol il cui centro antiterrorismo (che dal 1° dicembre sarà guidato da Claudio Galzerano, oggi dirigente dell’antiterrorismo italiano) è di “fondamentale importanza”. Sono alcuni dei punti della dichiarazione dei ministri dell’Interno dell’Unione europea, riuniti in videoconferenza, che nella lotta al terrorismo puntano moltissimo ai controlli sul web, tanto che le piattaforme online dovranno eliminare entro un’ora dalla segnalazione i contenuti terroristici. Entro l’anno dovrebbe concludersi il negoziato sulla regolamentazione di questo tipo di contenuti e l’invito del Consiglio alla Commissione europea è di presentare un Digital Services Act “per rafforzare la responsabilità delle società di Internet nella lotta ai contenuti illegali con l’introduzione di nuove sanzioni e altre misure appropriate”.

L’ALLARME DOPO NIZZA E VIENNA

Gli attentati di Nizza e di Vienna hanno accelerato le iniziative europee per migliorare il contrasto all’estremismo jihadista e per questo si punta a una maggiore interoperabilità tra le banche dati. La nota congiunta è molto attenta, com’è ovvio, a non creare incidenti diplomatici e nel paragrafo sulla libertà religiosa si invoca il rispetto reciproco e si sottolinea che la lotta al terrorismo non è diretta contro nessuna religione. È fondamentale, inoltre, rafforzare le relazioni con i Paesi terzi e si sollecita la Commissione e il Servizio di azione esterna a rendere più fluide le espulsioni.

Nel passaggio sulla radicalizzazione sembra esserci un riferimento all’attentatore di Vienna: nel ricordare i rischi della radicalizzazione in carcere, il documento dei ministri dell’Interno richiama misure più efficienti riguardo al rilascio di soggetti detenuti per terrorismo mentre Kujtimi Fejzulai era tornato libero dopo soli sette mesi a fronte di una condanna a 22 mesi con polemiche all’interno del governo austriaco. Anche l’omicidio dell’insegnante francese nei pressi di Parigi è citato per sottolineare l’importanza della propaganda terroristica online con l’obiettivo della rimozione dal web entro un’ora di certi contenuti.

NO AI FOREIGN FIGHTER

I maggiori controlli alle frontiere e un migliore scambio di informazioni devono servire anche a prevenire il ritorno dei foreign fighter, a prescindere dal fatto se siano o meno cittadini europei. Detto che questa è la conferma del totale disinteresse della gran parte dei Paesi europei sul farsi carico dei connazionali combattenti oggi prigionieri dei curdi, nel documento congiunto si nota che “un considerevole numero di terroristi” autori di attentati era ben noto alle autorità: un ulteriore motivo per collaborare di più sotto tutti gli aspetti, anche perché negli anni scorsi Francia e Belgio non hanno brillato in proposito. Il ministro dell’Interno tedesco, Horst Seehofer, ha spiegato che gli sforzi (nei limiti dello Stato di diritto) devono servire a “tracciare le attività delle persone che rappresentano una minaccia alla nostra società”. Dal canto suo il commissario europeo agli Affari interni, Ylva Johansson, ha annunciato che a maggio presenterà la riforma di Schengen confermando che, invece, il 9 dicembre illustrerà la nuova agenda della Commissione per la lotta al terrorismo.

Nella riunione il ministro Luciana Lamorgese ha insistito sulla “dimensione interna, investigativa, di condivisione delle informazioni rilevanti e di contrasto alle cause della radicalizzazione”, fondamentale come l’attenzione alla sicurezza esterna dell’Europa. L’Italia ha ribadito l’appoggio alla proposta di regolamento sulla prevenzione della diffusione dei contenuti terroristici online, ma anche l’importanza del tracciamento dei flussi finanziari a favore degli estremisti.

MANO TESA DI DI MAIO ALLA TURCHIA

I punti su un migliore funzionamento delle banche dati, di maggiore scambio di informazioni e di interlocuzione con gli Stati più a rischio sono le misure che costituirebbero il Patriot Act o European Act al quale ha accennato nei giorni scorso Luigi Di Maio. Il ministro degli Esteri ne ha parlato in un’intervista a le Monde nella quale ha teso la mano alla Turchia che, pur con “diverse azioni unilaterali che abbiamo condannato”, resta un “partner strategico e un alleato in ambito Nato” oltre che un “interlocutore ineludibile” su temi come Libia, migrazioni e politiche energetiche.

Sul fronte dell’immigrazione il ministro non ha potuto che ribadire la contrarietà dell’Italia all’attuale proposta della Commissione europea, definita “incompleta” perché resta il nodo degli oneri di accoglienza per gli Stati di primo approdo e quello dei rimpatri che dovrebbero essere “non solo coordinati, ma anche finanziati dall’Ue. Anche la gestione dei richiedenti asilo andrebbe ripartita equamente disincentivando così i movimenti secondari.

Su questo punto il ministro Lamorgese ha ribadito in una nota “uno sbilanciamento tra la responsabilità prevista per gli Stati di primo ingresso e la solidarietà da parte di tutti gli Stati membri”. Sostegno alla presidenza tedesca, ma le proposte per un nuovo Patto europeo per l’asilo e l’immigrazione “devono poter marciare in parallelo, mantenendo una visione d’insieme della riforma”. Siamo sempre lì: l’Italia (con Spagna e Grecia) corre il rischio di restare isolata.


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