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Sostenibilità vuol dire progresso (e Pil). Parola di Federmanager

Senza scelte etiche e rispettose non c’è futuro e soprattutto impresa. Per i manager italiani è ora di un salto di qualità. L’incontro dedicato ai valori della sostenibilità con Stefano Cuzzilla, Francesco Rutelli, Gennaro Vecchione, Marzio Galeotti

In una parola, sostenibilità. L’unico investimento in grado di risollevare il Pil e spingere l’impresa oltre la crisi attuale. I manager italiani ne sono più che convinti, al punto di scommetterci sopra come dimostra l’evento “Il valore della sostenibilità. Profitto, concorrenza e reputazione d’impresa”, organizzato e promosso da Federmanager, in collaborazione con 4.Manager e Esgr.

I lavori sono stati aperti da Stefano Cuzzilla, presidente Federmanager, insieme ai saluti di Gennaro Vecchione, direttore generale del Dis-Dipartimento delle informazioni per la sicurezza). La relazione introduttiva è stata invece illustrata da Francesco Rutelli, presidente Anica, Anica Academy e Soft Power Club al cui intervento è seguito il video di presentazione della ricerca dell’Osservatorio 4.Manager “La sfida della sostenibilità competitiva”. Ancora, le considerazioni di Marzio Galeotti, professore di Economia politica presso il dipartimento di Scienze e Politiche ambientali dell’Università degli studi di Milano e quelle di Carlo Mazzi, presidente di Prada. Infine, la testimonianza di Roberta Casali, presidente di Cda Tages Capital Sgr, relativa alla governance sostenibile, attraverso la figura del manager per la sostenibilità certificato da Be Manager, il programma di Federmanager per la certificazione delle competenze manageriali.

MANAGER SOSTENIBILI

La sostenibilità non è un costo, ma un investimento che genera profitto è il concetto dalla quale hanno mosso i lavori. Ed è sempre più essenziale per le aziende, in termini di crescita e posizionamento sul mercato, essere sostenibili. Questa è l’opinione del campione di 1.121 tra dirigenti, quadri iscritti a Federmanager e ai quali la Federazione ha chiesto un parere. Per 2 manager su 3 infatti una crescente evoluzione delle aziende verso criteri e certificazioni di sostenibilità può contribuire a una maggiore competitività delle stesse, con un consequenziale aumento dei profitti e una maggiore attrattività nei confronti della clientela e per l’accesso ai finanziamenti. Uno sviluppo sostenibile, insomma, ha impatti positivi evidenti sulla reputazione delle imprese. Dall’indagine di Federmanager emerge inoltre un consolidamento della cultura aziendale orientata alla sostenibilità: secondo il 66% degli intervistati, la sostenibilità non va percepita come un costo, è invece considerata un investimento strategico per rispondere ai competitor internazionali.

L’ORA DELLO SVILUPPO

“La sostenibilità ambientale è un concreto driver di sviluppo. È ormai avvertita come una necessità dal mondo del management, non è una velleità, non è un orpello”, ha spiegato Cuzzilla. “Dobbiamo distinguere tra green washing e le azioni tangibili che creano una reputazione socialmente rilevante e capace di generare business. Se non comprendiamo che questa sfida ha una dimensione economica, non potremo mai veramente vincerla”. Cuzzilla ha anche allargato il discorso all’Europa. “Non è un caso che l’Europa abbia scelto di vincolare il 30% degli oltre 1.800 miliardi di euro messi in campo dal bilancio pluriennale e da Next Generation Eu proprio a questo genere di investimenti. Oggi 2 manager su 3 sanno che interi settori produttivi europei hanno la chance di diventare leader globali grazie alla trasformazione green. E sono anche consapevoli del rischio, per chi non si trasforma, di essere espulsi dal mercato. Le regole saranno più rigorose, l’Europa vigilerà, abbiamo parametri che influenzeranno sempre di più i flussi finanziari, certificazioni che premieranno le filiere più responsabili mettendo al bando fenomeni illegali e corruttivi”.

LA PALLA AL GOVERNO

Il numero uno dei manager ha dunque sollecitato il governo a farsi carico delle aspettative dei manager, senza dunque deluderle. “La cosa che dobbiamo augurarci è che anche il nostro governo nazionale consideri la sostenibilità un progetto-Paese. Non basta che la lotta ai cambiamenti climatici sia sentita come obiettivo. Chiediamo che le risorse siano destinate a supportare la transizione verde dell’industria, a favore di chi adotterà il nuovo modello d’impresa, l’unico capace di far alzare i nostri indici di produttività. Misure come il superbonus per l’edilizia, strumenti fiscali che rendano finanziariamente conveniente investire in efficienza energetica ed economia circolare o, ancora, procedure semplificate per chi sviluppa tecnologie verdi, devono entrare a pieno titolo nell’agenda di governo”.

UNA PROPOSTA A CONTE

Non è tutto. Non poteva mancare una proposta concreta, ovviamente in chiave sostenibilità. “Proponiamo”, ha chiarito Cuzzilla, “di prevedere un contributo a fondo perduto in forma di voucher per l’inserimento in azienda di manager per la sostenibilità certificati. Mi riferisco a quelle competenze tecniche e trasversali che oggi mancano nelle imprese, persino in quelle più reattive che, nonostante la crisi, stanno investendo invece che tagliare sui costi del personale. Le agevolazioni sui macchinari o sull’innovazione dei cicli produttivi devono essere accompagnate a un investimento sul capitale umano, altrimenti non basteranno a generare l’effetto sperato”.

UNA CONDIZIONE ESSENZIALE

Secondo Francesco Rutelli, non c’è futuro senza sostenibilità. “Uno dei maggiori cambiamenti strategici in corso riguarda la sostenibilità dei processi produttivi. Non è più solo un fatto di sensibilità ecologica, culturale, o politica: per le imprese italiane diviene la condizione indispensabile per rispettare le nuove regole su cui l’Unione Europea ha deciso di puntare per la ripresa economica, per ottenere finanziamenti pubblici, per raccogliere risorse sui mercati, per tenere alta la reputazione nella competizione presso un pubblico internazionale sempre più esigente”.

TRA SICUREZZA E SOSTENIBILITÀ

Gennaro Vecchione ha fatto un accostamento interessante: la sostenibilità e la tutela dell’ambiente deve andare di pari passo con la difesa del patrimonio tecnologico e industriale. “Le nuove tendenze dell’agenda globale hanno inserito le tematiche della sostenibilità nelle sfide planetarie. E queste sfide comportano decise ricadute sia geopolitiche ed economiche. Per questo è importante presidiare su scala nazionale la tutela dell’ambiente e lo sviluppo economico, al pari passo con la sicurezza del nostro patrimonio industriale e tecnologico”.

Di qui un parallelismo tra tutela dell’ambiente e la sicurezza nazionale. “Oggi occorre governare i processi con principi etici e i soggetti imprenditoriali devono coniugare sostenibilità ambientale con la protezione del patrimonio industriale e tecnologico. La protezione degli asset strategici non può non aversi senza il contributo dei privati e dunque dei manager, che la Federazione ben rappresenta. Sicurezza nazionale e tutela ambientale sono i fondamenti dello sviluppo di un Paese. Lo stesso ambiente cibernetico, ad esempio, può aprire a orizzonti insperati di progresso. E non va dimenticato che precauzione e prevenzione possono anticipare danni, anche ambientali. In questo senso, l’intelligenze può e deve essere una bussola etica”.

UN APPROCCIO SCIENTIFICO

Infine, un approccio scientifico alla questione. Galeotti ha evidenziato l’evoluzione del concetto di sostenibilità: da termine che discende dallo studio dei sistemi ecologici a concetto ampio che considera questioni ambientali, economiche e sociali. “Oggi il valore della sostenibilità cresce perché nel mondo la domanda di sostenibilità e alta, ma l’offerta è ancora inadeguata. La sostenibilità è per le imprese la strategia che può garantire sviluppo e creare valore a lungo termine”. Chiari anche i parametri di riferimento che le aziende devono seguire. “L’acronimo Esg (Environmental, Social, Governance) indica i 3 criteri che sono utilizzati come standard da investitori socialmente consapevoli. Aziende con solide pratiche Esg hanno mostrato un minor costo del capitale, una minore volatilità e un minor numero di casi di corruzione, concussione e frode in determinati periodi di tempo.”

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