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Covid, libertà e sicurezza. Che cosa s’è detto alla Fondazione Craxi

La Fondazione Craxi ha organizzato un seminario per analizzare il confine tra libertà e sicurezza ai tempi del Covid. Filosofi, storici e giuristi, ecco che cosa s’è detto

Tra i primi nomi eccellenti di chi problematizzò la linea di confine tra libertà e sicurezza in tempi di pandemia ci fu quello del costituzionalista Sabino Cassese. E, in qualche modo, il tema torna a essere di attualità in questi mesi di recrudescenza dei contagi da Covid-19, anche alla luce degli ultimi Dpcm e della divisione per livello di contagi delle Regioni. Ieri il webinar organizzato dalla Fondazione Craxi, condotto dal filosofo e firma di Formiche Corrado Ocone, è in un certo senso servito ad andare oltre. Cioè ad analizzare i temi di liberà e sicurezza declinandoli dalla prospettiva filosofica, storica e giuridica. Per sviscerare le argomentazioni sulla base delle diverse gradazioni analitiche, un vero e proprio parterre de rois: la docente Laura Bazzicalupo, che insegna filosofia all’università di Salerno, i giuristi Ginevra Cerrina Feroni e Giovanni Guzzetta, il docente di filosofia teoretica Giovanni Leghissa e il politologo e professore della Luiss Giovanni Orsina.

Ed è Bazzicalupo ad aprire il convegno in streaming, analizzando l’emergenza epidemiologica sotto il profilo della biopolitica. “Il Covid”, spiega, “ci ha messo di fronte alla vita che noi davamo per scontata: questo crea problemi perché, generalmente, siamo abituati a considerare l’uomo da una prospettiva individualistica. Può essere utile guardare la genealogia del concetto di biopolitica: il fatto che il potere prende in carico la vita per disciplinarla, modifica il potere stesso non solo la vita”. Proprio per questo, analizza la docente, in tempi di pandemia “si riscoprono pratiche e dispositivi che legano le scienze alla politica. La legittimazione del governo stesso, in un certo senso dipende dalla scienza. I diritti rimangono validi, ma la loro efficacia rimane sospesa a fronte di una crescente necessità di far prevalere l’esigenza di più vita e di miglior vita. Insomma “la scienza, in un periodo storico come questo diventa la verità legittimante della politica. Le autorità che ci governano dispongono le verità senza lasciare margine alla scelta alla nostra incompetenza, specie davanti al rischio estremo della vita”.

Sostanzialmente la richiesta di sicurezza, sopra ogni cosa. Motivo per cui, argomenta Cerrina Feroni azzardando un parallelismo con un articolo scritto nel 2008 a fronte dell’emergenza terrorismo (dopo l’attentato alle Torri Gemelle e all’escalation di episodi sanguinari portati avanti dai tagliagole islamici), “sta tornando in auge una parola che fino a oggi è stata considerata un tabù: sicurezza nazionale”. “Questa parola”, spiega la giurista, “è stata definita reazionaria, in altri tempi, dalle stesse persone che oggi invocano la sicurezza come bene supremo. Anche ammettendo una contrazione della libertà democratiche”. Dimostrazione del fatto che ci sia stata “un’inversione di prospettiva”, ma soprattutto che “in Italia non si riesce mai a ragionare dei temi securitari in modo laico, specie tra giuristi”. Su questo Cerrina Feroni richiama anche allo “svilimento che ha avuto in questi mesi il Parlamento: organo di controllo politico ridotto nei ranghi, depotenziato e spesso ininfluente rispetto le decisioni delle varie task force”. 

Le fa eco anche Guzzetta, che sostiene fermamente il fatto che “la pandemia stia mettendo in discussione i modelli costituzionali”. Peraltro, rimarca il docente, “non sono convinto che i sistemi autoritari siano meglio attrezzati ad affrontare questo periodo e questa emergenza. La pandemia ha una caratteristica particolare: pone dei problemi per i quali anticipatamente non si conoscono le soluzioni”. Soluzioni che, spesso, il governo ha individuato nei famigerati dpcm, a cui Guzzetta non si dice pregiudizialmente contrario, ma sui quali nutre dubbi “di metodo”. “Io non denuncio il fatto che si siano prese decisioni dal governo per la gestione di emergenza, denuncio il fatto che le decisioni sono state lesive del modello liberal democratico. E questo non era necessario. Così come non fa ben pensare il fatto che nessuno riesca ad accedere ai verbali dei comitati tecnico-scientifici sui quali il decisore politico incardina le strategie”.

L’analisi di Leghissa parte da un punto di inconfutabile evidenza: “Della centralità degli Stati sovrani ce ne accorgiamo solo nei momenti di emergenza e di difficoltà. A quanto pare”, ribadisce, “devono succedere cose catastrofiche per accorgersi che esistono gli stati, seppure pandemie da virus come queste erano ampiamente previste”. Dunque “se abbiamo qualcosa da imparare dall’emergenza è proprio che viviamo in uno stato il cui ordinamento prevede che il decisore ultimo è lo stato sovrano nazionale.: stato inteso come organizzazione complessa”. Quindi l’auspicio di Leghissa è che “si inizino a concepire le decisioni politiche in termini geopolitici, fermi restando i posizionamenti rispetto le relazioni internazionali”.

L’inquadramento storico-politologico della pandemia e delle ripercussioni su libertà e sicurezza è affidato a Orsina. “Mi pare”, analizza il docente della Luiss, “che siamo entrati nel mezzo della pandemia in un momento storico nel quale le democrazie avanzate e gli assetti internazionali erano fortemente scossi. L’establishment faticava a ricostruire un paradigma disciplinare e questo ha determinato una crisi di governabilità”. Una situazione che in Italia “è stata particolarmente visibile, seppure l’emergenza sanitaria in un certo senso a sta restituendo strumenti di governabilità”, sostiene Orsina. Esemplificativo il caso delle elezioni negli Stati Uniti. “Ci sono buone ragioni per pensare che senza pandemia Trump non avrebbe perso”, sostiene il politologo. “La pandemia riporta l’accento a cadere sulle strutture di governo tradizionali e consolidate nell’ultimo trentennio. Ed è questo che è successo negli Stati Uniti”. Il Covid è una “bestia anti oggettivante”, dice il professore, “un virus che lascia spazio a interpretazioni soggettive sull’impatto che ha sulle persone. Peraltro fortemente asimmetrico, anche nella diffusione”. E, su questo “la comunità scientifica certo non ha aiutato l’opinione pubblica. Abbiamo assistito in questi mesi”, ricorda Orsina, “a episodi nei quali i virologi hanno litigato via social e nei dibattiti televisivi dicendo tutto e il contrario di tutto e questo sicuramente ha contribuito all’ulteriore frammentazione di un Paese già fragile”. Anche la proiezione sull’Italia post Covid che consegna Orsina è tutt’altro che lusinghiera. “Questo rimbalzo securitario a fronte di un appassire dei diritti porterà poi, a pandemia esaurita, una situazione di caos e incertezza. Il pericolo per la libertà quindi sarà a valle del covid, perché la governabilità italiana diminuirà ulteriormente”.

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