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Intelligence, Conte giochi di squadra. Parla Pagani (Pd)

Il deputato in Commissione Difesa del Pd commenta la gestione dell’emergenza e spiega le ragioni di una maggiore collegialità, a partire dall’intelligence. L’istituto cyber del Dis non può tornare nella manovra con un maxiemendamento, serve una legge ad hoc. E Conte dovrebbe pensare a un’autorità delegata

Il gioco di squadra non è più un optional. L’emergenza Covid-19, spiega Alberto Pagani, deputato del Pd in Commissione Difesa, prima linea dell’area riformista al Nazareno, impone una gestione collegiale dei dossier più sensibili, maggioranza e opposizione. Se ne convinca Palazzo Chigi, dice. A partire dall’intelligence, il settore sensibile per antonomasia. L’Istituto italiano di cybersicurezza (Iic) sparito dalla manovra è cosa buona e giusta, ma non può rientrare con un maxiemendamento. Ed è arrivato il momento di discutere di un’autorità delegata.

Pagani, l’emergenza durerà ancora a lungo. Come va governata?

Va governata come ha indicato il presidente della Repubblica, mettendo da parte la propaganda politica, i battibecchi da salotto televisivo e le polemiche faziose per cercare le soluzioni più condivise sui problemi del Paese, perché il momento è difficile e richiede responsabilità, determinazione, probità.

Servirebbe anche più collegialità?

Direi di sì, cito ancora il presidente Mattarella: restare uniti è l’unico modo per uscirne. È chiaro senza la collegialità non può esserci l’unità. Quando la fase acuta della pandemia finirà ci saranno macerie dell’economia da riparare e bisognerà cominciare la ricostruzione. Fingere di non capirlo e privilegiare le visioni individualistiche non mi pare molto intelligente.

Il Parlamento sta restando un po’ indietro?

I compiti del Parlamento e del governo sono diversi, ma per essere svolti bene richiedono reciproco rispetto. Il governo ha gli strumenti per agire con la prontezza e la celerità necessarie e deve utilizzarli, soprattuto davanti ad un’emergenza, ma le leggi le fa il Parlamento.

Qual è la linea rossa da non varcare?

La necessità data dall’urgenza non può mai diventare licenza per forzare la Costituzione e la legge, né per cercare scorciatoie che la snaturano nella sostanza, conservandone solo la forma. Più è dura la sfida da fronteggiare e più bisogna essere rigorosi nel rispetto delle regole e dei ruoli.

Le opposizioni andrebbero coinvolte di più nei passaggi più sensibili?

Le opposizioni vanno ascoltate sempre, con rispetto e con attenzione, e coinvolte nelle decisioni e nelle responsabilità, quando e se lo vogliono. È chiaro che ciò è possibile solo se non strumentalizzano le difficoltà insite in questa complessa situazione del Paese per trarne un vantaggio elettorale. Questo è il significato della parola responsabilità che viene dal Colle. In questo momento mi pare che Berlusconi lo abbia più chiaro di Salvini e della Meloni.

Alla fiducia Ue il Paese sta dando risposte concrete e in tempi utili?

L’ottusità burocratica è un cancro difficile da estirpare, ma credo che il governo stia facendo il possibile. La complessità di questa situazione è oggettivamente inedita,  bisogna esser tenaci per rimuovere gli ostacoli che impediscono di aiutare le famiglie e le imprese, perché le scuse sono un lusso che oggi non ci possiamo permettere.

Dall’economia alla sanità, è un momento di prova per il comparto dell’intelligence. Almeno qui, quando si parla di sicurezza nazionale, si dovrebbe cercare un approccio comprensivo?

È doveroso. La sicurezza nazionale, la cui responsabilità politica è in capo alla Presidenza del Consiglio, è il cuore dell’interesse nazionale e non può essere di parte, è un patrimonio indivisibile, di tutti, per definizione.

Quello del Copasir è un modello?

Il Copasir è guidato da un esponente dell’opposizione per legge, perché è un organismo di controllo di un comparto molto delicato, ed è giusto che sia così. C’è un potere che controlla un altro potere, perché siano equilibrati. Così funziona la democrazia, lo scrivevano secoli fa Montesquieu e Toqueville.

Il rinnovo di Vecchione al Dis è una buona notizia?

Personalmente stimo il prefetto Gennaro Vecchione e quindi la considero una buona notizia. Peccato che sia avvenuto in un modo così sbrigativo da farlo sembrare debole, senza che ce ne fosse alcuna necessità. Io credo che nessuno lo avrebbe messo realmente in discussione in ogni caso.

Il metodo è rivedibile?

La forma è migliorabile, il metodo è quello previsto dalla legge 124/07, che è la normativa vigente, e che affida la nomina al presidente del Consiglio, sentito il Cisr. Se si vuole cambiare metodo bisogna cambiare la legge. Su questo punto però io non vedo questa necessità.

Si può evitare la logica della lottizzazione nelle nomine?

A mio avviso in tutti i campi la lottizzazione partitica delle nomine non permette di selezionare i migliori, perché il metodo spinge a scegliere i più fedeli invece dei più capaci e leali. Non andrebbe mai utilizzata, ma nel comparto dell’intelligence ed ai vertici delle Forze Armate e di Polizia non è solo inopportuna, è proprio inaccettabile, perché si tratta di organismi vitali per la sicurezza della Repubblica, non della Rai.

Ha fatto discutere il caso dell’istituto cyber tolto dalla manovra. Di nuovo, c’è un problema di metodo?

Per le ragioni che ho appena detto credo che l’idea di introdurre con un articolo della legge di bilancio un nuovo organismo, in un comparto regolato da una legge speciale, fosse sbagliata, e credo che sia anche una forzatura sul piano giudico. L’idea che leggo sulla stampa, di reintrodurlo all’ultimo minuto nel maxiemendamento del governo e di apporre la fiducia, sarebbe persino peggio.

Perché?

Si passerebbe dall’errore alla provocazione. Già il primo passo falso è stato opportunamente corretto dal presidente del Consiglio, perché portava ad uno scivolone maldestro. Sarebbe meglio non ripeterlo, perché scivolando allegramente sulla superficialità prima o poi si cade e ci si fa male.

L’Euro competence center non ha una controparte italiana. Come si colma il gap?

Bisogna essere più chiari sugli obiettivi, e poi decidere quali sono gli strumenti adatti a perseguirli. Un conto è la Cybersecurity legata alle funzioni di intelligence, altra cosa è il sostegno alla crescita di un settore tecnologico e la gestione dei fondi europei destinati alla digitalizzazione. Non credo che si possa accorpare le due funzioni nello stesso organismo, e non vedo chiara questa distinzione nell’articolato che ho letto.

Lo dice perché la proposta di istituire l’Iic lo legava al Dis?

Il Dis è un organo amministrativo di coordinamento, questo prevede la legge 124/07. L’attività di intelligence è svolta esclusivamente dalle due agenzie Aise ed Aisi, infatti solo ad esse sono attribuite dalla legge le garanzie funzionali, prerogativa legata all’operatività, che il Dis non ha. La proposta ritirata modificava implicitamente i soggetti previsti da quella legge. L’art. 8, infatti, stabilisce che nessun altro soggetto può svolgere le attività a tutela della sicurezza dello Stato che non rientri tra quelli indicati dalla stessa legge 124.

Quindi?

Non si può prescindere da una visione complessiva del comparto. In altri Paesi ci sono agenzie specifiche che tengono insieme Sigint e Cybersecurity, come nel caso della Nsa americana, e questo ha una logica operativa, perché le due attività sono fortemente connesse tra di loro. Ma negli Stati Uniti ci sono ben 17 agenzie diverse di intelligence, dotate di risorse inimmaginabili per il nostro Paese. Scimmiottare quel modello per noi sarebbe ridicolo perché non ce lo possiamo permettere, costa troppo.

Insomma, secondo lei la cybersecurity dovrebbe essere affidata ad Aise ed Aisi?

Certo, per l’operatività legata all’attività di intelligence, mi pare un’ovvietà. Come nelle arti marziali in questo campo non è possibile distinguere e demarcare la difesa dall’attacco, e a volte la risposta ad un attacco è un altro attacco, che può avere necessità anche della copertura delle garanzie funzionali previste dalla legge. Ma mi riferisco solo ad attività operative legate all’intelligence, altra cosa è lo sviluppo delle iniziative che coinvolgano le principali imprese nazionali impegnate nel settore, il tessuto accademico e la ricerca scientifica. Questo non è un compito dell’intelligence.

E allora di chi?

Del governo, e di chi se no?! Chiariti i punti di partenza, degli strumenti di cui si dota il governo si può discutere, non ci sono tabù. Nessuno vuole frenare nulla, ma bisogna andare avanti nella chiarezza. Il Recovery Found stanzia ben due miliardi e duecento milioni di euro per la digitalizzazione, le componenti cyber e cripto legate alla sicurezza sono trasversali ad ogni iniziativa. Stiamo parlando di una cosa seria, e di tanti soldi, non di bruscolini. Per questo bisogna discuterne seriamente.

Come?

Gestire più di due miliardi di euro attraverso un’amministrazione che non rientra tra i ministeri è una cosa delicata, specie se la segretezza del materiale da acquisire consente procedure che derogano dal codice degli appalti e non sono sottoposte al controllo parlamentare. Può farlo un’amministrazione che non ha tra i suoi compiti quello di elargire finanziamenti a terzi?

La soluzione? Coinvolgere i ministeri?

Se non si vuole essere accusati di creare questo nuovo soggetto, che essendo una fondazione segue le regole del Codice Civile, per sottrarsi alle responsabilità ed ai controlli propri della pubblica amministrazione, bisogna che invece di sovrapporsi a funzioni di altre amministrazioni le si includa e le si rappresenti. Di questo soggetto di certo il comparto dell’intelligence deve essere parte, ma ritengo che non possa trattarsi di una sua emanazione, dove il controllore ed il controllato sono sostanzialmente gli stessi.

Non è la prima volta che il premier interviene sulla materia con un provvedimento atipico. Sarebbe il caso di immaginare una revisione della normativa sul comparto?

Ha ragione, non è la prima volta. Infatti è la seconda, e la prima non è stata propriamente un successo accompagnato dagli applausi, mi pare. Per questo suggerisco di evitare queste iniziative estemporanee e semmai di aprire una riflessione complessiva ed organica sulla normativa del comparto. Dopo 13 anni è ragionevole fare un tagliando alla legge, anche se la mia opinione è che le principali storture da correggere non siano nella legge ma nella pratica.

Serve un’autorità delegata?

La legge prevede  che il presidente del Consiglio nomini un Sottosegretario alla Presidenza, che si occupi esclusivamente ed a tempo pieno dell’intelligence. Il fatto che questa Autorità delegata non sia stata nominata non dipende da un difetto della legge, a meno che non si ritenga che bisogna imporre normativamente l’obbligo di farlo, cosa che per altro è anche possibile fare. Piuttosto le innovazioni necessarie, a mio parere, dovrebbero concentrarsi sui limiti della distinzione interno/esterno dei compiti delle due agenzie.

Ad esempio?

Un terrorista che viene dalla Tunisia per compiere un attentato in Italia non dovrebbe essere un problema diviso in due dal confine nazionale, così come il raccordo in materia di intelligence economica potrebbe essere ripensato e rafforzato, trattandosi di una sfida fondamentale per il presente ed il futuro del Paese.

Anche qui, come costruire un percorso condiviso maggioranza opposizione?

Dialogando con tutti e decidendo dopo aver ascoltato, non prima. La prima occasione, per rimanere nel campo di cui stiamo parlando, il premier ce l’ha con la nomina dei vicedirettori delle agenzie di intelligence, che compete proprio a lui. Chiami i leaders di tutti i partiti, di maggioranza e di opposizione, per ragionare con loro dei criteri che intende adottare, dica le sue opinioni ed ascolti le loro, per farsi un’idea, poi convochi i capi delegazione dei partiti di Governo, discuta con loro di nomi e cognomi e alla fine decida quale ritiene che sia il punto di equilibrio più rispettoso delle opinioni che ha ascoltato, più condiviso, e migliore per il Paese e per il comparto. Questa è la politica, che per sua natura si fonda sul valore dell’accordo e del compromesso, ed è anche il modo migliore per fare scelte più condivise possibile, evitando intrappolarsi in un miserabile mercato ed uscirne con un’indegna lottizzazione. Non è poi così difficile, non le pare?

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