La presenza di Irini nel Mediterraneo è fondamentale per la stabilizzazione libica e per proiettare la forza politica e militare dell’Unione europea all’interno del contesto geopolitico e sui teatri critici dell’area. La versione della vice ministra Emanuela Del Re
“Il governo italiano ha colto con positività ed ha sostenuto con convinzione l’iniziativa della conferenza di Berlino sulla Libia, tenutasi lo scorso 19 gennaio e sottoscritto gli impegni che ne sono derivati, affinché venisse implementato l’embargo sulle armi dirette in Libia”: la vice ministra degli Esteri italiana, Emanuela Del Re, scrive in una dichiarazione su Facebook il suo punto di vista sulla crisi libica e sul ruolo dell’Ue.
“Anche a seguito di quella conferenza — continua — l’Unione Europea ha adottato un approccio olistico alla crisi libica, ritrovando slancio e credibilità su un’area strategica per la stabilità e la sicurezza nel Mediterraneo. Le dinamiche in Libia, inclusa la presenza di milizie armate e le migrazioni clandestine, impattano direttamente sulla sicurezza della frontiera Sud dell’Unione Europea e dell’Italia”.
Per Del Re, poter disporre di uno strumento “credibile, imparziale e bilanciato” come l’Operation Eunavfor MED Irini “significa rafforzare la nostra deterrenza nel Mediterraneo Centrale e fornire sicurezza ai numerosi e strategici traffici commerciali che vi transitano”. La missione, che ha il suo quartier generale a Roma ed è comandata dall’Ammiraglio Fabio Agostini, ha tenuto giovedì e venerdì una due giorni di analisi focalizzata sulla situazione geopolitica del Mediterraneo.
In questi mesi di attività, l’operazione ha svolto più di 1.400 investigazioni a mercantili nell’area di operazione (hailing), oltre 58 visite consensuali e 5 abbordaggi a navi sospettate di contravvenire all’embargo dell’ONU, applicando con imparzialità le Risoluzioni 2292 (2016) e 2526 (2020) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. A ciò va aggiunto il monitoraggio di porti e aeroporti e dei flussi aerei assicurato con gli assetti aerei e mediante l’uso di assetti satellitari. I numeri sono chiari: l’Operazione permette un monitoraggio continuo e trasversale dei possibili traffici illeciti che altrimenti continuerebbero senza impedimento alcuno.
Tra queste attività anche quella che recentemente ha aperto un confronto tra Turchia e Germania per l’ispezione della fregata “Hamburg”, sotto egida IRINI, a un cargo turco. Della vicenda aveva anche parlato il portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera UE, Josep Borrel, che specificava come l’ispezione fosse nel pieno diritto della Missione Europea (mentre la Turchia, che paese che ha firmato i protocolli sull’embargo intendeva negarla), aggiungendo: “Siamo attualmente in un momento cruciale per il futuro della Libia e l’attuazione del processo di Berlino. Il mandato dell’operazione Irini è oggi più importante che mai per garantire la validità dell’accordo di cessate il fuoco del 23 ottobre e il ritorno alla pace e alla stabilità in Libia”.
“L’interruzione dei flussi di armamenti nel Paese, da qualunque parte provengano, è condizione essenziale per la concreta attuazione dell’accordo sul cessate il fuoco sottoscritto a Ginevra dalle Parti libiche. In tale contesto, l’Operazione Irini, l’unica missione internazionale che controlla il rispetto dell’embargo delle armi in Libia, ha una rilevanza fondamentale per garantire la pace e la stabilità in Libia”, aggiunge Del Re nella sua nota. Oggi dalla Libia sono uscite diverse informazioni a proposito dell’arrivo di alcuni aerei-cargo dalla Turchia verso Tripoli
Ankara è entrata nel conflitto a novembre dello scorso anno per proteggere il governo onusiano di Tripoli dall’assalto del miliziano ribelle Khalifa Haftar che aveva raccolto in Cirenaica diversi uomini e mezzi militari anche grazie all’assistenza di Emirati Arabi, Egitto e Russia. Partita il 4 aprile del 2019, l’avanzata tripolina di Haftar è stata definitivamente respinta con l’inizio dell’anno 2020, con la Turchia che ha sfruttato l’occasione vincente per stabilizzare la sua presenza nel paese – è molto probabile che la Turchia userà due basi, una aerea a ovest di Tripoli e una navale a Misurata, per restare in pianta stabile e trasformare la sfera di intervento in influenza.
Durante “Shared Awareness and De-confliction for the Mediterranean Sea”, la conferenza organizzata dalla missione Irini, il generale Claudio Graziano, presidente del Comitato militare dell’UE, ha ricordato che “l’autonomia strategica non significa autonomia da qualcuno, ma autonomia di fare qualcosa da soli o in miglior cooperazione con i nostri partner”, in primo luogo la Nato. Un concetto che dà la dimensione di un potenziale integrazione di IRINI con il mondo dell’Alleanza (si vedrà se la nuova presidenza statunitense intenderà accettarle questo allargamento).
Per quanto riguarda l’operazione Irini, secondo Graziano il “focus principale, il controllo dell’embargo di armi” diventa il modo più esplicito con cui l’Unione può davvero “rafforzare la percezione della difesa europea e della sua capacità di prendersi la responsabilità come fornitore di sicurezza”.
In quest’ottica, il ruolo di Irini oltrepassa la dimensione del conflitto libico, e diventa un test non semplicemente militare, ma politico, con cui l’Europa come unione deve dimostrare la propria capacità di proiettare forza (politica, oltre che militare) su un ambito geopolitico proprio, il Mediterraneo, pervaso dalla presenza di vari attori esterni – come Turchia, Russia, Emirati – che muovono i propri interessi a cavallo di situazioni delicatissime. In questo, la Libia è solo il più esplicito dei teatri, che riguardano anche l’intrigo geopolitico dell’EastMed, la debole democrazia tunisina, le volontà egiziane, la stabilità di Algeria e Marocco (su quest’ultimo, e sulla recente riapertura delle scontro tra Rabat e il Fronte Polisario, Karima Moual su Repubblica spiega che l’Algeria, attore dietro all’instabilità nel Sahara occidentale, potrebbe favorire un clima di distensione in quel contesto della regione).
(Foto: Twitter, @EUNAVFOR_MED, l’ispezione del cargo turco da parte dei tedeschi della Hamburg)