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Il lavoro in Parlamento per rilanciare la Difesa nazionale. Parla Rizzo (M5S)

Intervista di Formiche.net a Gianluca Rizzo, presidente della Commissione Difesa della Camera che ieri ha terminato il ciclo di audizioni dei vertici delle Forze armate. Lotta alla pandemia, investimenti e programmazione, ecco il punto sulle sfide che riguardano la Difesa nella giornata delle Forze armate

“Aggiornare gli strumenti normativi” affinché assicurino l’efficienza delle Forze armate in un contesto sempre più denso di minacce e offrano pianificazione finanziaria stabile all’industria nazionale in un momento di grande incertezza economica. È la proposta di Gianluca Rizzo, presidente della Commissione Difesa della Camera in quota M5S, che Formiche.net ha raggiunto, nella Giornata delle Forze armate, per fare il punto sulle audizioni che si sono susseguite negli ultimi giorni a tutti i vertici militari.

Presidente, la Commissione da lei presieduta ha completato ieri le audizioni dei capi delle Forze armate sulle esigenze operative indotte dall’emergenza epidemiologica. Quale è il messaggio principale emerso?

La pandemia da Covid-19 ha reso più forte il legame tra i cittadini e le nostre Forze armate. Non parlo solo della sanità militare, che si merita un posto di onore al pari di quella civile, per l’abnegazione messa in campo davanti al dramma dell’emergenza. Parlo dell’impegno prodigato dall’insieme del sistema militare per garantire le zone rosse, far rispettare i vari Dpcm, trasferire con i mezzi militari i malati, sanificare scuole o gli edifici delle Rsa che erano diventate tragici focolai di trasmissione del virus. Ho il ricordo negli occhi delle colonne di camion che lasciavano Bergamo notte tempo, piene di bare di nostri concittadini che non ce l’hanno fatta. Tutta l’Italia si è commossa e a dare l’ultimo saluto sono stati i nostri militari.

Da dove nasce l’idea del ciclo di audizioni?

Siamo entrati nella seconda metà della XVIII legislatura. Ho voluto fortemente che i vertici militari si confrontassero con i parlamentari della Commissione Difesa su ciò che avevano fatto i nostri uomini e donne in divisa e su ciò che ancora è necessario fare. Non solo lotta alla pandemia, ovviamente, ma anche capire il punto di situazione della legge 244, lo stato di operatività delle varie armi, le questioni legate al reclutamento senza nasconderne le criticità. Ciò che è emerso da ogni singola Forza armata e, in ultimo, dal loro più alto rappresentante, ovvero il capo di Stato maggiore della Difesa, il general Enzo Vecciarelli, è che la minaccia sanitaria a cui abbiamo fatto fronte dimostra la straordinaria versatilità delle nostre Forze armate, capaci di agire in contesti e minacce inediti. Lotta alla pandemia abbiamo detto ma senza mai abbassare la guardia dagli altri pericoli alla pace e alla convivenza civile.

Fa riferimento agli all’attacco terroristico su Vienna?

Non servivano gli attentati di Parigi, Nizza e di Vienna per farci ricordare che il mostro del terrorismo è ancora in agguato e minaccia le nostre città nei momenti più critici per la democrazia. Abbiamo voluto avviare anche per questo una profonda riflessione per garantire alla Difesa la capacità di mantenere efficienti e performanti tutte le attività necessarie al raggiungimento dei compiti assegnati al fine di garantire la sicurezza del Paese.

Con la pandemia ci attende un mondo più insicuro?

Il Covid-19 ha fugato ogni dubbio sulle fragilità dell’uomo e dell’impalcatura in cui la società moderna, basata su un sistema globale fondava le proprie certezze. Un recente rapporto di Oxfam ci ricorda che in questi mesi, nel mondo, si sono persi 400 milioni di posti di lavoro mentre al contempo la ricchezza finanziaria di 25 miliardari si è accresciuta di 255 miliardi di dollari in poco più di due mesi. Quello che voglio dire è che la crisi provocata dalla pandemia ha aumentato e non attenuato gli squilibri sociali su scala planetaria e non solo. È chiaro che questa iniquità crei il terreno adatto per il proliferarsi di tensioni e di instabilità.

E sul Mediterraneo?

Il Mediterraneo è una delle aree più a rischio perché ha diversi focolai di conflitto già aperti e che, se non risolti, possono degenerare. Il terrorismo jihadista, come abbiamo visto, rialza la testa. Daesh ha subìto dei rovesci, ma ancora mantiene cellule dormienti ovunque e mantiene forti simpatie in parte del mondo islamico. Tutto ciò si traduce in un stress-test per le capacità di tenuta delle istituzioni di ogni Paese sottoposto a tali minacce. In nessuno dei teatri internazionali quali il Mediterraneo, il Sahel, il Corno d’Africa e il Medio Oriente si è visto un abbassamento del grado di allerta rispetto all’emergenza sanitaria che pur ha colpito anche quelle zone del mondo.

Diversi gli inviti a garantire certezza programmatica e finanziaria alla Difesa (anche dal Consiglio supremo di Difesa). Come può rispondervi la politica?

Se passa la consapevolezza che investire nella Difesa significa investire nella sicurezza (anche sanitaria come abbiamo visto) di tutti noi, credo che questo cambio di passo possa essere finalmente compiuto con il consenso e non contro l’opinione pubblica. La crescita delle tensioni e dei mutamenti nel contesto geografico e politico in cui opera il nostro Paese sono tali che richiedono sforzi ed impegni adeguati. Le Forze armate, come recita la nostra Costituzione, si conformano allo spirito democratico della Repubblica, sono cioè uno dei fattori fondamentali a presidio delle nostre libertà. Governo e Parlamento hanno l’obbligo di mettere nell’agenda politica la necessità di fare sintesi attorno ai temi legati alla programmazione finanziaria.

Questo non sempre avviene però.

A volte abbiamo assistito ad assegnazioni di risorse senza un chiaro processo strategico alle spalle, tentati forse dalla necessità di dare rapide risposte a problemi urgenti. È evidente la necessità di aggiornare gli strumenti normativi non più in grado di assicurare la piena efficienza e l’immediata prontezza richiesta alle nostre Forze armate in un contesto sempre più stratificato di minacce più o meno convenzionali. Occorre soprattutto garantire maggiore tranquillità per il comparto industriale. Occorre garantire pianificazione finanziaria stabile e duratura nel tempo, ma al tempo stesso ciò deve avvenire evitando sprechi di risorse, duplicazioni di sistemi d’arma, stringendo alleanze con gli altri partner internazionali riconducibili all’Ue e alla Nato.

Nel frattempo il ministero della Difesa ha inviato alle Camere il Dpp 2020-2022. Prevede aumento di budget e degli investimenti per la funzione difesa. L’obiettivo è sostenuto dalle varie forze politiche?

Le relazioni presentate dai capi di Stato maggiore durante le audizioni di quest’ultimo periodo in Commissione Difesa hanno tutte sottolineato la necessità e urgenza di sviluppo e acquisizione di sistemi d’arma in grado di risanare gap capacitivi in corso (vedi Esercito) o di programmare per tempo il futuro delle forze armate (vedi caccia di sesta generazione). Ciò si riscontra perfettamente anche nel Dpp che consegna al Parlamento una fotografia in linea con le aspettative dichiarate.

Ci spieghi meglio.

Con le risorse messe a disposizione dalle leggi di bilancio allo strumento militare, si riesce a garantire l’efficienza dei sistemi d’arma in uso alle Forze armate, seppur con grandi sforzi e si delinea un percorso di rinnovamento non sempre in linea con le aspettative dichiarate dai responsabili di forza armata, carabinieri compresi. Ci sono segnali di ripresa già dal bilancio 2020, quello che di fatto è in via di chiusura, il fondo per gli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato ha messo a disposizione tramite Difesa e Mise per il prossimo triennio circa 4,9 miliardi in netta crescita rispetto alle previsioni del 2019. C’è ancora attesa per conoscere quali saranno gli sviluppi nel comparto previsti dal Recovery Fund e se verranno rinnovate le disponibilità, recentemente ridotte del Fondo europeo della difesa.

Nelle audizioni è apparsa trasversale l’esigenza di rivedere gli obiettivi della legge 244/2012. Come si procederà?

La compressione della dotazione organica voluta dal ministro Di Paola e approvata dal Parlamento nel 2012 era giustificata da un’idea di futuro che appariva più definito e sicuro, dove si teorizzava come la qualità e il grado di preparazione dei militari avrebbe permesso di compensare la quantità di donne e uomini assegnati nei reparti per lo svolgimento dei compiti assegnati alle Forze armate dal Paese. Sono passati meno di cento mesi e quel concetto sembra appartenere a un’altra era geologica. Oggi la necessità per un Paese che ha l’età media tra le più alte al mondo come l’Italia è duplice: avere una forza giovane in grado di eseguire compiti sempre più performanti con grandi capacità di recupero psico-fisico e garantire la presenza italiana in tutti gli scenari strategici necessari a garantire e tutelare gli interessi nazionali in Italia e nel mondo e al massimo dei risultati attesi. Per fare questo occorrerà rivedere e ripensare all’idea di ridimensionamento delle forze armate o a una loro riorganizzazione in funzione degli stessi numeri.

In che modo?

Il Parlamento, la Commissione Difesa hanno più volte lanciato chiari messaggi in tal senso, non da ultimo l’ordine del giorno a mia prima firma al decreto legge 162/2019 con cui si impegna il governo a valutare una revisione dell’attuale schema previsto dalla legge 244/2012. Ora però serve stabilire insieme al governo un percorso dove affrontare una discussione franca e in grado di rispondere all’allarme lanciato anche dal presidente Mattarella nell’ultimo Consiglio supremo di Difesa. Ci sono proposte di legge depositate che potrebbero già avviare tale processo. Presto, in commissione decideremo come avviarne l’iter e sono certo che anche con la presidente della Commissione Difesa del Senato, Roberta Pinotti, troveremo convergenza di vedute. Restano altresì salve le ipotesi che il governo intervenga anche con un suo disegno di legge o, nel rispetto della Costituzione, con un decreto legge volto a superare o modificare gli attuali limiti della Legge Di Paola che dovrebbe portare il numero massimo di organico a 150mila unità entro il 2024.

I capi di Forza armata hanno anche focalizzato l’attenzione sulle nuove sfide tecnologiche (cyber in primis). L’Italia è pronta ad affrontarle?

Il mondo attuale e quello futuro saranno sempre più guidati da processi governati dai computer e dall’intelligenza artificiale. Ogni attività dell’uomo sarà soggetta a essere supervisionata da algoritmi in grado di facilitare e velocizzare i processi di scelta. Questa capacità ha però il grosso rischio intrinseco (proprio perché realizzato dall’uomo) di essere manipolabile e creare serie minacce alla sicurezza del Paese. È già in corso un processo di sviluppo di queste capacità da parte delle nostre Forze Armate per affrontare le minacce anche nel dominio cibernetico. Detto in parole semplici, la Difesa ha sempre gestito questo settore in modo autonomo rispetto al resto della pubblica amministrazione e, a mio avviso, non c’è una Forza armata che possa rivendicare un ruolo prioritario rispetto ad altre. È invece necessario che lo sforzo venga applicato in chiave interforze e che la sfida sia portata avanti con il comune obiettivo di armonizzare processi e strategie. Attendiamo quindi gli ulteriori sviluppi del neo costituito Comando pperativo delle reti (Cor).

Si lavora nel frattempo sul Recovery Plan. Ci sarà spazio secondo lei per la Difesa?

Sappiamo bene che il Recovery Plan è un progetto volto a salvaguardare le future generazioni che si troveranno a pagare gli effetti disastrosi sull’economia derivanti dalla pandemia da Covid-19. Se e quando saremo chiamati a vigilare, sulle scelte del governo in merito ai progetti che vorranno essere messi in campo con i fondi europei, lo faremo con questo auspicio. Quindi progetti in grado di garantire vantaggi strategici per il Paese a “tutto tondo”. Non progetti che permettano di accrescere solo ed esclusivamente i profitti delle aziende del settore. Anche il comparto industriale dovrà porsi questa domanda nel momento in cui sottoporrà i propri sistemi alla Difesa. Bene quindi tutti quei progetti che permettano di proteggere le Forze armate, di garantire vantaggi tattici, di predire minacce ibride. Sappiamo che tra i vincoli dei progetti per il Recovery Fund c’è la pronta “cantierabilità”, quindi siamo curiosi di conoscere se e a quali princìpi risponderanno le richieste formulate dal ministro Guerini e dai vertici delle Forze armate.

Un pensiero per il 4 novembre, Giornata delle Forze armate?

È un pensiero alle tante ragazze e ai tanti ragazzi che nel loro quotidiano affidano la loro vita all’organizzazione militare e che con il loro impegno e la loro professionalità garantiscono a tutto il popolo italiano di godere dei diritti e dei doveri ottenuti con molti sacrifici dopo la liberazione dal nazi-fascismo. Quel giorno di 102 anni fa, venne firmato l’armistizio di Villa Giusti e così il generale Diaz si rivolse al popolo italiano: “La guerra contro l’Austria-Ungheria che l’Esercito italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta”. Sono certo che in un giorno non molto lontano si possa dire lo stesso nella lotta al Covid-19 e che quel risultato sia merito anche delle nostre Forze armate.

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