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Perché il genero di Erdogan ha lasciato il ministero dell’Economia?

Il ministro dell’Economia, il genero di Erdogan, si dimette. Sullo sfondo una crisi economico-finanziaria profonda, che il presidente fatica ad abbinare all’avventurismo, ma forse c’è anche la necessità di riassettare i rapporti con Washington in vista del nuovo presidente Biden

Il presidente turco, Recep Tayyp Erdogan, ha ultimamente sfruttato la crisi pandemica per spingere il proprio paese ancora di più sul panorama internazionale. Azioni di diplomazia sanitaria (l’assistenza, a marzo, con aiuti a diversi paesi nell’orbita Nato) abbinate a dinamiche aggressive, come quelle in Libia o nel Mediterraneo orientale, o più recentemente al fianco dell’Azerbaigian nel Nagorno-Karabakh. Questa proiezione avventurista ha però un limite che man mano che passano i giorni diventa sempre più evidente: la crisi economica, di dimensioni profonde, che mal si sposa con le volontà di Erdogan – o forse quelle volontà internazionali del presidente turco servono anche per distrarre il dibattito interno da quanto sta succedendo alle casse della Turchia.

La notizia del momento esce dal cerchio magico del potere di Ankara: si tratta delle dimissioni del genero di Erdogan, Berat Albayrak, da ministro delle Finanze. Quarantaduenne, sposato con la più grande delle figlie del presidente, appartenente a una delle famiglie dell’aristocrazia imprenditoriale turca, Albayrak ha lasciato il dicastero in mezzo a una crisi monetaria enorme, ma adducendo ragioni di salute. Le sue dimissioni arrivano il giorno dopo la sostituzione del presidente della Banca centrale turca, capro espiatorio di un crollo della Lira pari al 30 per cento (cumulato su base annua).

Nella lettera di dimissioni postata su Instagram, il ministro-genero ringrazia tutti i suoi colleghi e la Comunità musulmana che lo ha sostenuto, ma stranamente non ringrazia Erdogan. Non è l’unico passaggio controverso: più avanti parla di un momento difficile dove si fatica a distinguere gli amici dai nemici e il giusto dallo sbagliato. Dal 2015 Albayrak faceva parte del governo come ministro dell’Energia, poi nel 2018 l’incarico a economia e finanze, coinciso con il momento in cui Erdogan ha stretto la sua presa sul potere – la sua gestione ministeriale è stata spesso criticata, considerata come un vettore attraverso cui il presidente ha mosso la sua ingerenza anche sulla Banca centrale.

Non va dimenticato inoltre che le dimissioni potrebbero essere una forma di rimodulazione immediata davanti ai risultati elettorali statunitensi. Albayrak aveva infatti il compito informale di gestire i rapporti con la Casa Bianca perché era amico personale di Jared Kushner e di sua moglie Ivanka Trump, figlia e genero del presidente uscente americano assurti a ruoli formali all’interno dell’amministrazioni per meriti di parentela. Erdogan guarda avanti, consapevole che con Joe Biden nello Studio Ovale “potrebbe ritrovare una forma di relazioni più classica e meno famigliare (o diretta) dunque si sta organizzando”, spiega una fonte diplomatica con discrezione (vuole evitare sbilanciamenti). Tendenzialmente in effetti il democratico viene letto come meno incline nell’accettare l’avventurismo autoritario turco.

“Penso che principalmente il motivo delle sue dimissioni sia il collasso dell’economia”, ha detto al New York Times Soner Cagaptay, direttore del programma di ricerca turco presso il Washington Institute for Near East Policy: “Ma forse un altro motivo è che il suo incarico è scaduto”, alludendo al rapporto con Washington. Albayrak e Kushner, in continuità anagrafica e vicini nel modo di vedere il mondo (condividono tra l’alto gli studi a New York: Pace University il turco, NYU l’altro), hanno mantenuto attivo in questi quattro anni un canale di comunicazione smart .I due generi-in-chief si sentivano via Whatsapp, trattando al di fuori del protocollo anche questioni delicate riguardanti i due paesi, secondo quanto raccontato dai media americani. Curioso che Kushner abbia avuto questo genere di rapporto anche con i rampolli ereditari di Arabia Saudita ed Emirati Arabi, due regni del Golfo che hanno intrapreso con la Turchia una scontro totale sull’interpretazione del sunnismo. (Nota: anche nel caso del Golfo certamente qualcosa cambierà con Biden).

(Foto: Turkish Presidency photo gallery)



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