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Scontro Turchia-Germania sulla Libia. Quale futuro per Ankara?

Berlino polemizza contro Ankara, che avrebbe negato l’ispezione di una nave diretta in Libia. Sullo sfondo il grande tema dei rapporti turco-tedeschi, dove si muovono interessi economici e geopolitici che riguardano l’Europa. Il commento di Francesco Galietti (Policy Sonar)

La fregata tedesca “Amburgo” che opera sotto l’egida dell’Operazione Irini – quella con cui l’Unione europea vuole implementare l’embargo militare Onu sulla Libia – ha provato ad avvicinarsi alla nave turca “Roseline-A” per un’ispezione in acque internazionali a largo di Bengasi, nella Cirenaica, ma la sua richiesta non è stata accettata. I fatti sono avvenuti domenica 22 novembre. Il governo turco ha protestato con il comando della missione europea (la guida è italiana) sostenendo che il procedere con l’abbordaggio è trattato di una violazione.

I militari tedeschi, arrivati pesantemente armati, non avevano diritto all’ispezione, dicono turchi; invece secondo quanto raccontato pubblicamente dal ministro della Difesa tedesca la Turchia ha semplicemente cercato di fare in modo di impedire ai militari della Deutsche Marine di salire a bordo. Perché nascondeva qualcosa? Nell’imbarcazione non c’era niente di illegale, ma il contesto è particolare. Vediamo.

La notizia innanzitutto è molto interessante perché apre a uno dei grandi temi dei nostri giorni: il rapporto tra Germania e Turchia, che significa parlare di quello tra Ankara e Bruxelles ed è parte delle relazioni tra Stati Uniti e Unione europea su cui in queste scorse ore il presidente eletto Joe Biden ha detto la sua (“Un’Ue forte è interesse degli Usa”, ha detto nelle telefonata con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, alla quale ha ribadito “l’impegno ad approfondire e rivitalizzare la relazione Usa-Ue”).

L’impegno libico di Ankara è una delle grandi operazioni internazionali avventuriste di Recep Tayyp Erdogan: i militari turchi, coadiuvati dalle unità miliziane siriane che le forze armate di Erdogan muovono sotto vincolo di fedeltà nei teatri caldi in cui intendono incunearsi con lavoro ibrido (ma sarebbe meglio dire “sporco”), hanno salvato il governo internazionalmente riconosciuto dall’assalto alla capitale lanciato dai ribelli della Cirenaica, capitanati dal signore della guerra Khalifa Haftar.

La mossa in Libia è frutto di una volontà, la proiezione internazionale (anche al di là delle proprie possibilità), con cui il presidente turco sfrutta momenti di crisi per trasformare sfere di intervento in sfere di influenza. In particolare, qui si tratta di lanciarsi nel Mediterraneo, dove la Turchia intende costruire due basi avanzate sul territorio libico. Quelle armi, adesso che le bocce del conflitto sono ferme e procedono (a fatica) negoziati per un dialogo interno, servono per una ragione: strutturare la propria presenza. Che non è dunque legata all’intervento a sostegno del Gna nel momento di emergenza, ma piuttosto una strategia destinata a stabilizzarsi. Qui sta il sottinteso della Difesa tedesca: non ci hanno fatto salire perché a bordo c’erano armi.

La vicenda della Hamburg è indicativa di come i rapporti tra Germania e Turchia stiano cambiando. La denuncia pubblica del ministro della Difesa – restata sull’ambito più tecnico – è stata seguita da una dichiarazione del ministro degli Esteri, che ha più apertamente avanzato il sospetto che Ankara stia continuando a inviare armi in Libia. Tutto avviene mentre dagli Stati Uniti l’attuale amministrazione ha invitato Bruxelles a prendere una posizione più dura con Erdogan – e si prospettano anche fasi più severe con l’arrivo della presidenza Biden. E mentre è in corso una partita durissima a cavallo del Mediterraneo tra Turchia e Francia, un confronto che prende fuoco dalle ambizioni turche nel Mediterraneo orientale, dove sono coinvolte Grecia e Cipro. E anche mentre Erdogan chiede dialogo all’Europa, definendola la meta del futuro per Ankara.

“Uno snodo fondamentale nella relazione tra Germania e Turchia è rappresentato dalle elezioni tedesche del prossimo anno”, spiega a Formiche.net Francesco Galietti, fondatore dell’osservatorio di rischio politico Policy Sonar: “Angela Merkel ha sempre tenuto moltissimo al rapporto con Erdogan, pur con tutte le sue peculiarità. Per certi versi sembra di essere tornati indietro di un secolo, alla simbiosi tra il Kaiser Guglielmo II e il sultano Mehmed V. Non è dato però sapere se questo rapporto sia una peculiarità della Merkel, o della Germania in quanto tale”.

“Nel primo caso, se Merkel uscirà di scena, potrebbero esserci sconvolgimenti – aggiunge Galietti – mentre nel secondo, no. Ovviamente pesa moltissimo il ruolo della enorme comunità turca in Germania, e degli interessi economici e geopolitici (nei Balcani, ma anche nel Mediterraneo allargato)”.

 



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