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Unione europea della salute. La Commissione ci prova ma…

Di Mattia Ceracchi
Unione

Il ragionamento di Ursula von der Leyen muove dall’esperienza della crisi pandemica in corso, che ha attestato in maniera evidente l’inefficacia delle risposte unilaterali degli Stati membri di fronte all’emergenza, e le necessità di coordinamento e messa in comune degli sforzi a livello continentale. E giunge alla classica e inevitabile conclusione: problemi comuni – una pandemia interessa tutti per definizione – richiedono soluzioni europee

Fare tesoro degli insegnamenti tratti dalla crisi pandemica e darvi seguito sul piano legislativo. Ma senza proporre un ampliamento delle competenze Ue in materia sanitaria e facendo i conti con risorse comuni decisamente inadeguate rispetto alle sfide da affrontare. È la strada stretta che la Commissione europea ha scelto di intraprendere presentando la scorsa settimana i primi elementi costituitivi (una comunicazione politico-strategica e tre proposte legislative) della cosiddetta Unione della salute.

Il ragionamento dell’esecutivo europeo muove dall’esperienza della crisi pandemica in corso, che ha attestato in maniera evidente l’inefficacia delle risposte unilaterali degli Stati membri di fronte all’emergenza, e le necessità di coordinamento e messa in comune degli sforzi a livello continentale. E giunge alla classica e inevitabile conclusione: problemi comuni – una pandemia interessa tutti per definizione – richiedono soluzioni europee. Solo un’Unione della salute più forte, con relativi vantaggi sociali ed economici, è la conclusione della Commissione, può essere all’altezza di questo compito. La mossa non è arrivata ovviamente a sorpresa: annunciata lo scorso settembre dalla presidente Ursula von der Leyen nel suo primo discorso sullo stato dell’Unione, già costituiva il primo punto della dichiarazione franco-tedesca del 18 maggio scorso. Un’iniziativa, quest’ultima, ricordata soprattutto per aver posto le premesse all’istituzione del Recovery Fund con il via libera della Germania alla creazione di debito comune su vasta scala.

LE PROPOSTE DELLA COMMISSIONE

Il pacchetto di iniziative mira a irrobustire il quadro normativo per la preparazione e la risposta alle crisi sanitarie e a rendere possibili ed efficaci forme di coordinamento nelle situazioni di emergenza. Le proposte suggeriscono la riforma della legislazione relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero (e una rinforzata dichiarazione di emergenza sanitaria di livello europeo), accanto al rafforzamento del ruolo delle agenzie europee interessate: il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e l’Agenzia europea per i medicinali (EMA).

L’ECDC, istituito in seguito all’epidemia di Sars dei primi anni duemila, dovrebbe essere potenziato affinché possa supportare in modo più incisivo l’azione dei Paesi e finire così per assomigliare di più al Centers for Disease Control and Prevention statunitense, mentre il rafforzamento del mandato dell’EMA pare avere soprattutto l’obiettivo di rendere strutturali le misure eccezionali messe in campo durante la pandemia di Covid-19. Ad esempio con l’istituzione di una piattaforma informatica che consenta di coordinare più velocemente gli studi sulla sicurezza e sull’efficacia dei vaccini.

Tra le proposte, la Commissione delinea anche la creazione di una nuova autorità per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie, sul modello della statunitense BARDA. La nuova autorità dovrebbe contribuire a porre rimedio a mancanze strutturali emerse con forza nel corso della crisi pandemica, in primis la carenza di scorte di materiale medico e la vulnerabilità delle catene di approvvigionamento. Tema sollevato a più riprese nei mesi scorsi in vista della definizione di una possibile (e futura) autonomia strategica industriale dell’Unione.

GLI OSTACOLI

La Commissione si è affrettata a precisare che queste prime proposte sono in linea con le disposizioni degli attuali trattati, nello specifico dell’articolo 168 del TFUE, che disciplina le competenze dell’Unione in materia di salute pubblica. Agli Stati membri sarà richiesto il massimo impegno senza però che vengano intaccate le prerogative nazionali in materia sanitaria. La discussione della revisione delle competenze, prospettata da von der Leyen, è rimandata all’ambiziosa Conferenza sul futuro dell’Europa, ma rischia di rimanere sulla carta. Sia perché resta ad oggi improbabile che il consesso possa dibattere ed adottare conclusioni vincolanti in materia di riforma costituzionale (Consiglio e Parlamento faticano persino a trovare l’accordo su chi debba guidare la Conferenza), sia per la storica opposizione degli Stati membri a cessioni di sovranità nel settore della sanità.

L’altro punto dolente rimane quello dei finanziamenti. La maggior parte delle azioni previste, indica l’esecutivo, dovrà essere finanziata dal nuovo programma EU4Health, previsto dal prossimo Quadro finanziario europeo 2021-27. La proposta originale della Commissione, che aveva suggerito di dotare il programma di 9,4 miliardi, era stata demolita dall’accordo dei leader di luglio, che avevano ridotto il budget a 1,7 miliardi, prima che gli eurodeputati riuscissero a strappare nel negoziato una dotazione finanziaria finale di 5,1 miliardi (in ogni caso, appena lo 0,3% dell’intero Piano di ripresa). Vicenda che segnala, se non altro, una scarsa volontà da parte dei Paesi di trasferire a livello europeo le proprie competenze (e le proprie risorse) in materia sanitaria.

LE POLITICHE FUTURE E I PROSSIMI MESI

A tutti questi temi (e non solo) è dedicato l’ultimo rapporto europeo condotto dall’Istituto per la Competitività (I-Com), dal titolo “Designing the future European Health Union? Scaling-up Ambitions, Powering Resilience“, presentato il 18 novembre nel corso di un evento online che ha riunito oltre 80 partecipanti tra eurodeputati, rappresentanti della Commissione, dell’OMS, stakeholder ed esperti di settore. Lo studio traccia, da un lato, un bilancio delle politiche sanitarie dell’Ue (e delle misure messe in campo per il contrasto alla crisi pandemica) a un anno dall’insediamento dell’esecutivo von der Leyen. Dall’altro, invece, e si focalizza su due priorità fondamentali dell’agenda futura: la strategia farmaceutica e il Piano contro il cancro, che la Commissione si appresta a delineare entro la fine dell’anno.

Il calendario del prossimo anno si preannuncia dunque fitto: oltre alle due iniziative appena citate, il governo europeo si prepara a lanciare (a fine 2021) lo spazio europeo dei dati sanitari, mentre le proposte normative presentate la scorsa settimana dovranno ovviamente essere discusse ed approvate in Parlamento e in Consiglio. L’Unione europea della salute è la chiusura a cui si affida la strategia della Commissione: sarà tanto più solida quanto più forte sarà l’impegno degli Stati membri a crearla.

La nuova Ue di von der Leyen punta (anche) sull’Unione sanitaria. Ecco come. Articolo di Alessandra Micelli


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