È un quesito su cui ci si interroga in queste settimane cruciali per arginare la pandemia da coronavirus. Il prof. Alfonso Celotto spiega su Formiche.net che la risposta è nella Costituzione
In settimane di grande incertezza, forti speranze e qualche timore accompagnano i vaccini contro il Covid. Da quanto leggiamo, nel 2021 inizierà una gigantesca campagna vaccinale, con tutta una serie di problemi, a cominciare dalla individuazione delle categorie da vaccinare prima (anziani, sanitari, categorie a rischio).
Ma si pone anche un altro dubbio: per cercare di rendere efficace il vaccino e raggiungere l’immunità di gregge, si può rendere obbligatoria la vaccinazione? Anche qui la Costituzione ci aiuta in modo chiaro.
L’art. 32, 2° comma dispone: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. È quindi evidente che una legge può obbligare a trattamenti sanitari e quindi anche a vaccinazioni di massa.
Il tutto discende dal fatto che la salute non è soltanto un diritto fondamentale dell’individuo, ma è anche interesse della collettività e, dunque, implica il “dovere dell’individuo di non ledere né mettere in pericolo con il proprio comportamento la salute altrui, secondo il principio per cui il proprio diritto trova limite nel reciproco riconoscimento e nell’eguale protezione del diritto degli altri” (sono parole della Corte costituzionale, sent. n. 218 del 1994).
Ma con limiti ben precisi.
In primo luogo, i trattamenti imposti per legge non possono comportare conseguenze negative per la salute di chi vi è assoggettato, salvo il limite delle conseguenze tollerabili in ragione della loro “temporaneità e scarsa entità” (sent. n. 309 del 1990 sempre della Corte costituzionale) e salvo eventuale indennizzo. In secondo luogo, la limitazione cui viene sottoposta la libertà di autodeterminazione sulla propria salute varierà per intensità e proporzione rispetto al soddisfacimento delle esigenze della salute altrui, secondo un rapporto di proporzionalità che si risolve in un giudizio di bilanciamento tra valori, anche rispetto a forme di obiezione di coscienza.
In questi ambiti, la nostra legislazione già contiene tutta una serie di vaccinazioni obbligatorie, in forma “generale” o in forma “speciale”. Le prime rivolte a tutta la popolazione residente nel territorio italiano (normalmente nell’infanzia: es. antidifterica; antipoliomielitica, antimorbillo-parotite-rosolia, antiepatite virale B e così via); le vaccinazioni “speciali”, invece, soltanto per alcune categorie in ragione dell’attività svolta o per particolari circostanze (ad es. antitetanica, antitifica, antitubercolare e così via).
Nella nostra storia, abbiamo avuto anche vaccinazioni obbligatorie eccezionali, per epidemie improvvise, come accadde per il colera nell’estate del 1973, quando venne vaccinato un milione di persone in pochi giorni, anche con il supporto dei medici militari della Sesta Flotta Usa stanziata a Napoli.
Ora, rispetto al Covid è sicuramente plausibile una campagna di vaccinazione obbligatoria, ma nel rispetto delle garanzie costituzionali: previsione con legge, in maniera da coinvolgere il Parlamento in una scelta così importante, e rispetto della persona umana, per bilanciare correttamente tutti i valori in campo.