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Chi non digerisce l’accordo Israele-Marocco (siglato con l’ombrello Usa)

Il Marocco è il quarto Paese arabo e musulmano ad accettare di normalizzare i legami con Israele, sulla scia degli accordi di Abraham. La mossa servirà a contrastare anche l’iper invasività turca?

Che cosa cambia non solo per Marocco e Israele (ma anche in chiave anti turca e iraniana) dopo l’accordo Tel Aviv-Rabat? La mossa che favorisce la normalizzazione israelo-marocchina, mediata dagli Stati Uniti, quali effetti avrà sulla geopolitica che si snoda tra il quadrante mediterraneo e quello mediorientale?

VOLO

Il primo volo diretto da Tel Aviv a Rabat è partito ieri dall’aeroporto Ben-Gurion, con a bordo una delegazione guidata dal consigliere della Casa Bianca Jared Kushner e dal consigliere per la sicurezza nazionale israeliana Meir Ben-Shabbat. Kushner ha incontrato nel maggio 2019 il re marocchino Mohammed VI presso la residenza reale di Rabat.

Il Marocco è il quarto Paese arabo e musulmano ad accettare di normalizzare i legami con Israele, sulla scia degli accordi di Abraham. Ufficialmente le relazioni tra Marocco e Israele sono nate nel 1994 ma poi Rabat le ha congelate sei anni dopo in seguito allo scoppio della seconda Intifada palestinese. Ieri le delegazioni hanno siglato accordi sull’esenzione dal visto per diplomatici e sulla cooperazione in materia di risorse idriche, finanza e aviazione civile.

SVOLTA

Gli accordi di Abraham stanno ridisegnando la cartina di alleanze e influenze. Ieri Rabat ha annunciato la sua intenzione di “facilitare i voli diretti per il trasporto di ebrei di origine marocchina e turisti israeliani da e verso il Marocco”. In una dichiarazione ufficiale ha messo l’accento su alcuni passaggi significativi che danno l’idea di come si stia aprendo una fase del tutto nuova: ha citato lo “sviluppo di relazioni innovative in campo economico e tecnologico” con l’impegno a “lavorare per riaprire uffici di collegamento nei due paesi, come è avvenuto in passato per molti anni fino al 2002”.

In parallelo ecco che gli Usa hanno riconosciuto, per la prima volta, la sovranità del Marocco sui territori contesi del Sahara con il Fronte Polisario, che è sostenuto dall’Algeria e che cerca di stabilire uno stato indipendente. In più va tenuto in considerazione il fatto che dopo la decisione della Mauritania di rescindere i rapporti con Israele nel 2010, oggi è il Marocco l’unico paese del Maghreb a mantenere un link con Israele. Il Marocco è anche il paese musulmano che ha prodotto il maggior numero di immigrati ebrei in Israele, 250.000.

ELBAZ

Un ruolo nell’accordo lo ha avuto l’investitore marocchino, Yariv Elbaz, molto noto in Francia e Israele, che avrebbe agito da intermediario tra Washington e Rabat, assieme ad altri due nomi di peso come Reuven Azar, consigliere speciale di Benjamin Netanyahu e Yosef Pinto, un rabbino ortodosso israeliano-marocchino a capo dell’organizzazione Mosdot Shuva Israel.

Elbaz, un passato in BNP, appare sulla scena della finanza nel 2010 quando conclude in Africa importanti accordi nel campo delle infrastrutture. Da quel momento inizia ad avere una forte visibilità anche in eventi di livello mondiale, come il Global Entrepreneurship Summit (GES) a Marrakech e il Forum Africa di New York a Libreville: eventi riconducibili al noto imprenditore marocchino Richard Attias.

REAZIONI

Quali le reazioni dopo la ripresa delle relazioni Rabat-Tel Aviv? In primo luogo si segnala la diffusa rabbia popolare araba, che con Hamas vede messa in pericolo la sua azione anti occidentale. Il gruppo palestinese ha condannato la normalizzazione delle relazioni tra Marocco e Israele, definendola “una grande delusione per il popolo palestinese e per la sua causa”, come scritto su Twitter dal portavoce di Hamas Sami Abu Zuhri.

È di tutta evidenza come il riconoscimento della sovranità marocchina sul Sahara occidentale da parte degli Stati Uniti arriva in un momento critico per la regione e avrà anche riflessi precisi sia sulla Fratellanza Musulmana sia sull’iperinvasività turca nella macro area.

Sul punto si registrano alcuni movimenti nel governo di Ankara, desideroso di uscire dall’isolamento “occidentale” in cui è finito per via del dossier energetico, provando a ripristinare le relazioni diplomatiche con Israele. La Turchia potrebbe voler inviare un nuovo ambasciatore a Tel Aviv, ma si tratta di un’operazione di per sé molto complicata per le note ragioni dettate dalla postura di Erdogan verso l’Iran e verso il duo Cipro-Grecia, con cui Israele ha eccellenti rapporti.

Sarà a questo punto utile leggere in filigrana le prime reazioni all’accordo da parte della nuova amministrazione statunitense, anche se ieri un portavoce della squadra di transizione di Joe Biden ha rifiutato di commentare la notizia.

twitter@FDepalo

 

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