La Commissione europea sta per firmare l’accordo sugli investimenti con la Cina. Ma il Parlamento promette battaglia. Bütikofer (Verdi): “Ottime ragioni per essere scettici” sul via libera in Aula. Ritorsioni di Pechino in caso di bocciatura? “L’Europa ha gli strumenti per difendersi”. Taino (Corriere): “È la fine della ‘commissione geopolitica’ promessa da von der Leyen”
“L’accordo ora proposto dalla Commissione europea non è un accordo finché il Parlamento europeo non dirà che è un accordo”. È durissimo il comunicato con cui Reinhard Bütikofer, portavoce dei Verdi europei per la politica estera e presidente della delegazione per le relazioni con la Cina, ha commentato gli ultimi sviluppi delle trattative per l’accordo sugli investimenti tra Unione europea e Cina, sulle quali la Commissione europea non ha offerto dettagli a nessuno, neppure alla commissione per il Commercio internazionale del Parlamento europeo. A Formiche.net l’eurodeputato tedesco spiega che, pur “non potendo” ovviamente “parlare per l’intero Parlamento europeo, ci sono ottime ragioni per essere scettici” sul passaggio di questo accordo. Accelerare, dopo sette anni di trattative e 35 round negoziali, è stato “un errore”, aggiunge.
LE CRITICITÀ
Francesca Ghiretti, ricercatrice dell’Istituto affari internazionali, ha analizzato pochi giorni fa su Formiche.net le criticità dell’accordo: da una parte ci sono i contenuti (ci sono concessioni da parte cinese ma “rimane da chiedersi se questa versione” dell’accordo “porterebbe vantaggi effettivi in più rispetto alla già pianificata apertura e se questi vantaggi sarebbero poi limitati da questo nuovo meccanismo”); dall’altra il messaggio inviato da Bruxelles (“Il problema è che l’Unione europea continua a segnalare incoerenza, agli Stati membri, ai partner e al mondo”).
LE PREOCCUPAZIONI USA
Danilo Taino, editorialista del Corriere della Sera e autore di “Scacco all’Europa” (Solferino), spiega a Formiche.net che l’accelerazione nei negoziati voluta dalla cancelliera tedesca Angela Merkel è “un calcio negli stinchi a Joe Biden”. “Il presidente eletto degli Stati Uniti ha detto chiaramente che con la Cina vuole sviluppare un’alleanza con Paesi partner degli Stati Uniti in Europa e nell’Indo-Pacifico”. Vuole, cioè, “superare il modello bilaterale e riportare la questione cinese su dinamiche multilaterali”. Ma questo accordo imminente “rompe i ranghi”: “Merkel non sembra voler prendere atto che stiamo vivendo in un momento in cui, anche se non è bello sentirselo dire, la competizione tra grandi potenze prevale sulla globalizzazione aperta”. Ecco perché, aggiunge Taino, l’approccio bilaterale europeo — con la Cina ma non solo — oltre a non funzionare dimostra che la famosa Commissione geopolitica annunciata dalla presidente Ursula von der Leyen “non ci sarà più”: “nessuno ci crede, se la prima volta che ti capita l’occasione di realizzazione lasci da parte ogni considerazione geopolitica per seguire esclusivamente logiche commerciali”.
L’INTESA VICINA
Ma nonostante i timori di politici e analisti europei e non solo, al via libera dell’esecutivo comunitario manca davvero pochissimo: come ha rivelato il South China Morning Post, il presidente cinese Xi Jinping dovrebbe discutere gli ultimi dettagli durante un videoconferenza che potrebbe tenersi domani. Attesi la presidente della Commissione europea von der Leyen, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e la cancelliera tedesca Merkel, in qualità di presidente di turno del Consiglio dell’Unione europea. Secondo fonti europee citate dal giornale di di Hong Kong, potrebbe partecipare anche il presidente francese Emmanuel Macron.
IL FRONTE AL PARLAMENTO EUROPEO
Ma, come ha spiegato Bütikofer, la strada per il via libera del Parlamento europeo è in salita, dove un fronte eterogeneo (come dimostra l’editoriale firmato dal leghista Marco Dreosto su Formiche.net) si prepara a dar battaglia sull’intesa. In particolare, c’è grande preoccupazione — tra i deputati a Bruxelles ma anche nella prossima amministrazione statunitense — sull’uso del lavoro forzato da parte dei produttori cinesi e il rispetto delle convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) Sempre Bütikofer (via Twitter e parlando con Formiche.net) ha attaccato la Commissione europea: “La Cina promette ‘sforzi continui e sostenuti per perseguire la ratifica’ delle convenzioni Ilo 29 e 105. Questo è solo un modo educato per dire: ‘NO! Andate a farvi f*****e’ È ridicolo provare a venderlo come un successo”.
IL PRESSING TEDESCO
Secondo l’eurodeputato tedesco e diversi altri parlamentari, la presidente tedesca ha forzato la mano. Ieri la riunione Coreper dei 27 ambasciatori si sarebbe conclusa con il via libera unanime, ha fatto trapelare Berlino. Questa versione si scontra con diverse ricostruzioni — la Polonia chiedeva di aspettare gli Stati Uniti, l’Italia di condividere le bozze, Francia e Paesi Bassi volevano, invece, maggiori rassicurazioni dei diritti umani e degli uiguri — ma ribadisce la forza della spinta tedesca, tramite la cancelleria e la presidente della Commissione (ex ministro della cancelliera Merkel), verso un’intesa che potrebbe essere trovata entro la settimana.
IL PRECEDENTE AUSTRALIANO…
Qualche giorno fa (prima dello sprint tedesco sull’accordo) su Repubblica Lucrezia Poggetti, ricercatrice del think tank tedesco Merics sui rapporti tra Unione europea e Cina, osservava come le tensioni recenti tra Cina e Australia (su 5G, origine del coronavirus e non solo) — con Pechino che sta utilizzano lo strumento delle ritorsioni commerciali contro Canberra — possano essere d’avvertimento all’Europa (che pur ha più punti di forza commerciali su cui può far leva rispetto all’Australia). L’esperta sottolineava che “un’ulteriore espansione dei rapporti commerciali con la Cina” rischia di “rivelarsi un’arma a doppio taglio” se non ci si presenta con “una valutazione complessiva di rischi e benefici dell’interdipendenza, strategie di diversificazione dei mercati e piani di contingenza”.
…E I RISCHI PER L’UE
L’Unione europea rischia di esporsi a ritorsioni da parte di Pechino nel caso in cui il Parlamento europeo bocciasse l’accordo raggiunto dalla Commissione? Secondo Bütikofer no. “Per la Cina una ‘rappresaglia’ equivarrebbe a uno sforzo per imporre la volontà cinese e imporsi sui nostri diritti democratici”, spiega a Formiche.net. “Sono abbastanza fiducioso che in tal caso l’Unione europea disporrebbe degli strumenti e della forza di volontà per esercitare una contropressione sufficiente. Non ne dubito”.